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Futurismo tipografico: la pagina ‘liberata’

by Simone Pellico
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Futurismo tipograficoMilano, 17 dic – Quando il Futurismo si è presentato tenaglie alla mano davanti alla porta dell’arte, non aveva intenzione di fare un lavoro chirurgico, non cercava di liberare qualche beagle dalla rete in cui era finito. La sperimentazione era fuori dalla gabbia, non dentro. Lo spirito era quello di aprire una voragine. Un bel buco in mezzo a un diga che aveva fatto scordare al fiume di Eraclito come si scorre, lasciandolo affacciato sul grigio davanzale come un vecchio lago senza sbocchi.

Marinetti consigliato dall’elica – più come un pirata dal pappagallo, che come un evangelista dall’angelo – decise che il verso doveva essere liberato. Che la sintassi non esisteva. Che i sostantivi dovevano riempire la pagina come macerie colorate dopo un’esplosione linguistica. Che i verbi corrono sempre e solo all’infinito, non conoscendo altri tempi, non inciampando in nessuna punteggiatura.

La tenaglie dei futuristi non si rivolgevano quindi solo al quadro e all’immagine, né solo alla parola parlata. Volevano scassinare anche la pagina scritta, il luogo fisico in cui si coagulavano in segni grafici i loro pensieri. Una poesia futurista poteva essere accolta solo da una pagina futurista. Da una tipografia futurista. La disposizione del testo era un elemento che possedeva una propria iconicità.
Il testo poteva far provare sensazioni materiali, colpire il lettore molto forte.

La griglia classica del libro non poteva che essere violata, distrutta, infranta in maniera violenta, in modo da liberare il libro dalla propria “pomposa accademicità”, nascosta dietro l’armonia della composizione tipografica. Il libro quindi non era diverso da un museo, da un’accademia; anche qui i futuristi volevano imporre il proprio linguaggio non conforme. Nel caso specifico si traduceva in una sintassi incomprensibile agli estimatori di quella tradizionale ma, del resto, Marinetti dixit: «Essere compresi non è necessario».

E ancora: «Io inizio una rivoluzione tipografica diretta contro la nauseante concezione del libro di versi dannunziana, la carta a mano seicentesca, fregiata di galee, minerve e apolli, di iniziali rosse e ghirigori, ortaggi mitologici, nastri da messale, epigrafi e numeri romani. Il libro deve essere l’espressione futurista del nostro pensiero futurista. Non solo. La mia rivoluzione è diretta contro la così detta armonia tipografica della pagina, che è contraria al flusso e riflusso, ai sobbalzi e agli scoppi dello stile che scorre sulla pagina stessa. Noi useremo perciò in una medesima pagina, tre o quattro colori diversi d’inchiostro e anche venti caratteri tipografici diversi, se occorra».

Il ‘paroliberismo’ stravolgeva quindi la pagina tramite la deformazione onomatopeica delle parole, la libera disposizione del testo, l’uso di diversi tipi di caratteri e di diverse grandezze, con lo scopo sia di movimentare la pagina, che di rendere vivo lo scritto. Come se un’orchestra entrasse dentro allo spartito musicale per suonarne le note sulla pagina. I caratteri più usati erano quelli ‘scritti’ o ‘manuali’, in quanto più congeniali “alla ortografia libera espressiva, alla dilatazione dinamica della scrittura e all’uso plastico delle lettere” (Fanelli – Godoli).

Futurismo tipografico_DeperoLa tipografia con Depero divenne addirittura “Architettura” nel Padiglione del libro alla Biennale di Monza del 1927. La costruzione doveva accordarsi con il tipo di oggetti esposti e Depero creò enormi caratteri tipografici tridimensionali, che all’interno custodivano i libri. Il Futurismo tipografico uscì così dalla pagina per materializzarsi in mezzo alle persone, come un sogno per gli estimatori, come un incubo per quei lettori che vedevano “turbato in tal guisa l’occhio e la mente” da parte dell’avanguardia artistica.

Al netto dei feroci proclami e della sana provocazione artistica, il Futurismo tipografico ha raccolto comunque dei risultati importanti. Innanzitutto ha irrotto sul dibattito della tipografia italiana di quegli anni come la spada sul nodo di Gordio, sciogliendo il dilemma fra tradizione e innovazione in favore dell’utilizzo delle “grandi scoperte scientifiche”, e quindi dell’uso deciso e libero da pregiudizi delle nuove tecnologie. L’affermazione del progresso scientifico connesse direttamente e per la prima volta l’Italia ai movimenti internazionali.

Attraverso poi l’evocazione della espressività delle lettere, «il Futurismo comprende per intero la potenzialità della disposizione del testo, recependo per primo gli insegnamenti dell’arte reclamistica ed evolvendoli in direzione di quella che sarà l’esperienza dell’avanguardia internazionale» (Rattin – Ricci). L’architettura della pagina cambiava o era comunque costretta a guardarsi allo specchio

Futurismo tipografico_Nel generale stato di decadenza in cui si trovava l’ambiente tipografico, il Futurismo suonò infine come una sveglia per gli addetti ai lavori, costringendoli ad aderire entusiasticamente o a criticare ferocemente. Al bando della banda futurista nessuno poteva restare indifferente. Il testimone portato da Marinetti e compagni verrà raccolto anche da insospettabili grafici e tipografi, che contribuiranno al disinnesco della tipografia classica.

Simone Pellico

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