Home » Referendum greco: cosa succede se vincono i “Si” o i “No”?

Referendum greco: cosa succede se vincono i “Si” o i “No”?

by Francesco Meneguzzo
1 commento
referendum_greco

Scheda del Referendum greco

Atene, 30 giu – Il quesito referendario del 5 luglio è uno solo: “Deve essere accettata la proposta sottoposta da Commissione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale all’Eurogruppo del 25 giugno 2015, composta da due parti che insieme costituiscono la loro proposta complessiva? Il primo documento è intitolato ‘Riforme per il completamento dell’attuale programma ed oltre’ ed il secondo ‘Analisi preliminare per la sostenibilità del debito’”. Sulla scheda compare in alto il “No”, sotto il “Sì”. Il Governo continua a sostenere il “No”, nonostante le pressioni internazionali, dell’opposizione e delle associazioni imprenditoriali che temono che il voto provochi l’uscita della Grecia dall’euro.

Cosa potrebbe accadere in funzione della risposta vincente?

Scartate ormai le ipotesi di “bluff”, e assunto che oggi effettivamente la Grecia sarà messa in mora dal Fondo monetario internazionale per il mancato pagamento della tranche di aiuti da 1,6 miliardi di euro, e avvertito che se previsioni talvolta fondate sono possibili in tempi di calma, queste sono tanto più incerte nell’imminenza del caos, occorre guardare prima alla Luna che al dito che la indica.

La “Luna” in questo caso è l’economia fondata sul debito. Questo è cresciuto in progressione esponenziale da molti anni a questa parte, né lo scossone del 2008-2009 pare aver insegnato niente, come si evince dalla successive gigantesche iniezioni di liquidità (Quantitative Easing, o “QE”) nel mercato finanziario (bancario) ad opera della Fed, della Bce (e anche della banca centrale cinese) alla ricerca dello stimolo di una domanda sempre più fiacca. Tradotte, tutte, inevitabilmente, in bolle speculative senza corrispettivi nell’economia reale.

nt 4

Andamento del debito complessivo mondiale fino al 2014

Al fine poi di sostenere le voragini debitorie, è stata perseguita la cosiddetta “Zirp” – Zero Interest Rate Policy (politica dei tassi d’interesse nulli), vera mannaia per l’economia reale nel quadro del “libero mercato” ma un temporaneo sollievo in termini di servizi sui debiti sovrani.

In questo scenario, l’evento da “cigno nero” rappresentato dal referendum greco, unico nel suo genere – mai prima d’ora un popolo aveva potuto esprimersi direttamente sul destino del debito nazionale – sta cogliendo del tutto impreparate, e gettando nel panico, le cancellerie di tutto il mondo, a partire da quella tedesca.

In caso di vittoria dei “No”, si prospettano due soluzioni altrettanto devastanti per tutte le economie mondiali basate sul debito, non solo europee ma anche americana e forse perfino cinese.

La prima soluzione: ristrutturazione del debito greco fino a livelli sostenibili, quindi molto drastica, dopo la quale come scolaretti con la risposta pronta, tutti gli altri Stati oppressi dai propri debiti e relativi interessi (Italia, Spagna, Portogallo, Francia, e così via) non esiterebbero un attimo a chiedere altrettanto, distruggendo di fatto i creditori.

nt 7

Indice composito dei valori azionari – oggi la bolla speculativa più grande di sempre

La seconda soluzione: default della Grecia, che significherebbe tra l’altro il blocco di tutti gli asset esteri del paese ellenico ma, di converso, mani libere per il governo di Atene nella ricerca di aiuti al di fuori dello schema euro-atlantico, per esempio in Russia (e forse in Cina). Rispetto a una tale ipotesi, l’uscita o meno dall’Euro già agonizzante non appare davvero il punto più importante, perché anche in questo caso altri paesi si sentirebbero finalmente liberi di muoversi al di fuori della gabbia in forma di Troika.

Probabilmente, sarà comunque evitato alla Grecia un vero e proprio default, acconsentendo invece alla ristrutturazione pesante del suo debito, con il sacrificio di qualche creditore importante (inclusa l’Italia stessa). E dopo, si navigherà a vista.

In caso di vittoria dei “Si”, niente allo stato delle nostre conoscenze indica che il piano di salvataggio proposto ad Atene non possa essere applicato alla lettera, con la conseguenza dell’inasprimento dell’austerità e dei sacrifici del popolo greco. Finché magari qualcosa si romperà, ma in questo caso dall’interno, anche attraverso il risultato di elezioni anticipate che – stando alle ultime dichiarazioni di Tsipras – sarebbero in quello scenario inevitabili. A meno che l’esempio dato dal governo ellenico non trovi teste e gambe in nuove ed emergenti leadership politiche europee, disposte a replicarlo con maggiore successo.

Francesco Meneguzzo

You may also like

1 commento

Ewiak Ryszard 30 Giugno 2015 - 6:44

La disintegrazione della zona euro è solo una questione di tempo. Dove ci stiamo dirigendo adesso? La Bibbia dice: “[Il re del nord] ritornerà nel suo paese con grandi ricchezze [1945], e il suo cuore sarà contro il patto santo [l’ostilità nei confronti dei cristiani], e agirà [attività in ambito internazionale], e tornerà al suo paese [1991-1993. La disintegrazione dell’Unione Sovietica e del Patto di Varsavia. Le truppe russe restituito alla paese]. Al tempo fissato [il re del nord] tornerà.” (Daniele 11:28, 29a) Il ritorno della Russia significa qui crisi, che eclisserà la Grande Depressione, la disgregazione non solo dell’area euro, ma anche dell’Unione europea e della NATO. Molti paesi dell’ex blocco orientale tornerà nella sfera d’influenza della Russia.

Questo sarà l’ultimo segno prima della guerra nucleare globale. (Daniele 11:29b, 30a; Matteo 24:7; Rivelazione 6:4)

Reply

Commenta

Redazione

Chi Siamo

Il Primato Nazionale plurisettimanale online indipendente;

Newsletter

Iscriviti alla newsletter



© Copyright 2023 Il Primato Nazionale – Tutti i diritti riservati