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StraordinAru: quando basta una pedalata per mettere nel cassetto il derby

by Lorenzo Cafarchio
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PIC556951382Roma, 15 set – Il derby di Milano in un cassetto. Ci sono voluti un canestro, una racchetta ed una bicicletta, in un piovoso fine settimana al volgere dell’estate, per far sì che la leggenda di nerazzurri contro rossoneri fosse cornice del palcoscenico sportivo tricolore. Ma il nome, su tutti, che ha messo al tappeto Mancini e Mihajlovic è Fabio Aru da San Gavino Monreale.
Il capolavoro del sardo si è consumato sabato pomeriggio sul Gpm della Morcuera, passo di montagna della Sierra de Guadarrama, quando mancavano 49 chilometri all’arrivo della penultima tappa della Vuelta 2015. Tom Dumoulin, suo sfidante al trono, alle corde prima, reattivo poi, in discesa si è trovato a 10″ di distacco dall’alfiere dell’Astana e al tappeto, quando Aru, sulla sua strada ha trovato l’aiuto di Sanchez e Zeits, suoi compagni di squadra.
Classe ’90 dopo il terzo ed il secondo posto al Giro d’Italia rispettivamente del 2014 e del 2015 centra la prima corsa a tappe della sua carriera. Il terzo italiano, più giovane, dopo Cunego 2004 e Saronni 1979 in terra italica, vincitore di un grande giro. Sul podio di Madrid, la dove il Real festeggia i suoi trionfi, ha portato con sé, oltre alla maglia roja simbolo del primato, due bandiere una italiana e l’altra quella dei quattro mori. Campanilismo e tradizione.
Aru ha messo nel cassetto anche Vincenzo Nibali, controversa la sua partecipazione in Spagna tra una squalifica limite e un capo, Alexandre Vinokourov, dimenticatosi in fretta delle forti tinte giallo e rosa regalata all’Astana da parte del siciliano, nelle scorse stagioni. Lo ha fatto con un carattere duro, spigoloso, cercando lo scontro con Giuseppe Martinelli, suo direttore sportivo, trovando lo stimolo e la spinta di chi usa l’odio come benzina per il proprio motore. Venire dalla periferia del pedale, la Sardegna, lo ha reso a 25 anni marmo, riuscendo a gestire un “pericoloso” alleato come Mikel Landa ed un percorso di crescita tanto veloce quanto redditizio.
Il 2016 parla già e parla di Tour de France e dell’Olimpiade. L’Olimpo. Gli addetti ai lavori e il pubblico sono sul ciglio del burrone che guardano al nuovo imperatore del ciclismo aspettando che proferisca verbo. Vittoria, alloro e copertine. Sconfitta, seconde pagine e voci come quelli, infami, su Nibali in questo 2015. I fantamiliardi e la meticolosità dei kazaki hanno scelto Fabio Aru per il domani, a lui spetta rendere ogni presente scatti, rabbia e braccia al cielo.
Lorenzo Cafarchio

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Adriano Calabrese 16 Settembre 2015 - 7:00

Aru è un ottimo ciclista con una maturità fuori dal comune per la sua età, ma già da dilettante si vedeva la stoffa quando vinceva i giri della Valle D’aosta, poi in un ciclismo che gli inglesi vorrebbero ridurre a watt e radioline, un corridore come il sardo, istinto e attacchi da lontano, rappresenta una perla rara.
Nibali è un fuoriclasse che ha avuto solo un anno difficile, ma è pur sempre il campione d’Italia uscente e al Tour si è battuto con grande onore, malgrado non fosse in buone condizioni fisiche e mentali, tornerà.
Vinokurov è un delinquente comune, nel suo paese è un re perchè i dirigenti e i finanziatori dell’Astana sono della stessa pasta, ma che dire di un ex corridore squalificato per doping e accusato di comprare le corse, detestato dai tifosi del pedale e considersto imbarazzante per l’ambiente.

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