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Chi siamo? Passaggio al Bosco porta in Italia il denso contributo dell’Institute Iliade

by Marco Battistini
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Roma, 30 sett – Come ci ricorda la lezione locchiana, la decisione sul passato è anche, sempre, decisione sul futuro. Sono scelte che, semplicemente, coincidono. Ecco perché – da italiani, quindi da europei – solamente se sapremo modellare l’avvenire, riusciremo a preservare la nostra storia. Un patrimonio culturale inestimabile che assume ancora più valore nell’epoca della “cancellazione memoriale”: ponendosi una fondamentale domanda – Chi siamo? – Passaggio al Bosco ha portato in Italia il denso contributo dell’Institut Iliade.

Europa, motore della storia

Nell’anticipare l’intervento di Adriano Scianca nella seconda conferenza di Direzione Rivoluzione 2023, Pierluigi Locchi – membro del suddetto istituto transalpino nonché figlio del filosofo Giorgio – ha rammentato al pubblico presente che l’unica alternativa possibile al morire come Occidente è quella di rinascere in quanto europei. Una via tracciata a suo tempo da Dominique Venner: il tema centrale del simposio con lo stesso direttore del Primato Nazionale e Carlomanno Adinolfi è stato il mito e il destino del Vecchio Continente.

È passato oltre un decennio dalla morte fondativa del samurai d’Occidente. Il seppuku di Notre-Dame come un seme che, seppur ottenebrato dalla coltre di terreno – vedi l’oscurantismo con cui certe idee oggigiorno devono fare i conti – affronta l’inverno radicandosi nelle profondità del sottosuolo. Da questa oscurità ne trae nutrimento, pronto a slanciarsi verso il sole, irrobustendo il tronco per mostrare ogni suo frutto con l’irrompere della primavera.

Vivere da europei

Una terra, quella europea, che – almeno fino a ottant’anni fa – ha sempre tracciato il corso degli avvenimenti. Dagli eroi omerici al grande sogno che fu Roma, il Medioevo con i suoi cavalieri, passando per il Rinascimento fino alle tragiche tempeste d’acciaio delle due guerre mondiali. Cuore pulsante e cervello pensante, ovviamente, la penisola italica. Ma il libro, curato dal presidente dell’Iliade Philippe Conrad, non è un nostalgico inno a ciò che è stato. Ci parla del mito certo, ma in un’ottica di destino.

In “Storia e tradizione degli europei” Venner teorizzava il viatico dell’uomo continentale: “la natura come solco, l’eccellenza come fine, la bellezza come orizzonte”. È così che i nostri predecessori consacravano gli spazi, primeggiavano nelle scienze, si innalzavano attraverso la musica. Sbarazzandosi quindi della mediocrità, legittimando la forza attraverso un’armoniosa ricerca estetica. Un’etica dell’eccellenza abbinata all’utilizzo razionale e rispettoso degli elementi. Sentire – per riprendere un passaggio del libro – il bisogno irrefrenabile d’interpretare e ordinare l’universo. Essere, a seconda delle occasioni e degli interlocutori, aristocratici o corsari.

Chi siamo, quindi?

Per il politologo tedesco Carl Schmitt “all’unità di un imperialismo globale – capitalistico o bolscevico – si contrappone una pluralità di grandi spazi concreti e ricchi di senso“: nelle sue differenze, il futuro dell’Europa. Per non vedere su questa stessa terra fecondata dagli dèi l’affermarsi del totalmente altro da noi. Chi siamo, quindi? Se il titolo è una domanda, il denso volume sarà pieno di risposte.

Marco Battistini

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