Roma, 18 set – La Milizia in Russia è stata totalmente dimenticata dalla storiografia italiana del dopoguerra. Nel clima di guerra fredda i dispersi in Russia divennero un elemento di scontro tra comunisti e democristiani. Ma si doveva parlare solo di Alpini, al limite di Bersaglieri e fanti (raramente della cavalleria, troppo vicino alla monarchia[1]). La Milizia, ancor peggio!, i battaglioni M vennero completamente rimossi come qualcosa di cui vergognarsi. Le Camicie Nere presenti in Russia sono stati gli unici soldati italiani ad esser paragonati come efficienza alle Waffen SS[2], pur disponendo di un armamento inferiore qualitativamente e quantitativamente. E con le Waffen SS dividevano un’altra circostanza: quella di venire uccisi sul posto in caso di cattura. Ma a differenza delle SS alle Camicie Nere non sono attribuiti crimini di guerra di nessun genere sul fronte orientale.
Per quanto volutamente rimossi dalla memoria collettiva furono i migliori soldati italiani sul fronte russo, e non vennero mai sconfitti dai sovietici sul campo. Nel 1961 Nikita Krushov dichiarò all’on. Giuseppe Codacci Pisanelli (democristiano) in un’intervista che ebbe ampia risonanza sulla stampa italiana: “Ho combattuto contro gli italiani nel settore del Donetz ed avevo di fronte proprio le Camicie Nere che ritenevo i più malvagi tra gli italiani. Avevano combattuto molto bene e pensavo fossero accaniti contro di noi. Dopo aver interrogato molti prigionieri ho dovuto constatare invece che non avevano odio contro di noi[3]. Vale dunque la pena di approfondire l’argomento più dettagliatamente[4].
LE OPERAZIONI DELLA 63a LEGIONE CCNN D’ASSALTO TAGLIAMENTO NEL 1941
La 63a Legione d’assalto venne formata nel febbraio del 1941 con i battaglioni CC.NN. d’assalto LXIII° di Udine (al comando del Primo Seniore Ermacora Zuliani) e LXXIX° – proveniente dalla legione Cispadana– di Reggio Emilia (Primo Seniore Patroncini) e con la 183a compagnia mitraglieri di Piacenza (cent. A. Zanotti). Il comando venne affidato al Luogotenente Generale Niccolò Nicchiarelli. Le truppe vennero poste sotto il comando della 63a Legione Tagliamento, che aveva in tempo di pace la propria sede ad Udine, e, come detto, ai friulani del battaglione Zuliani vennero aggiunti gli emiliani del LXXIX° battaglione ed i mitraglieri della 183a compagnia; tuttavia la potenza di fuoco era ancora inferiore a quanto necessario per un impiego al fronte. Pertanto, quando successivamente la 63a venne trasformata in Legione autocarrata, le vennero assegnati un’ulteriore compagnia mitraglieri, la 103a compagnia CC.NN. di Cuneo (comandata dal centurione M. Gentile), e di un battaglione del Regio Esercito (LXIII° battaglione A.A. Sassari[5]) allo scopo di aumentarne la potenza di fuoco.
Con l’inizio dell’Operazione Barbarossa e la decisione di Mussolini di inviare in URSS un contingente italiano la Legione Tagliamento venne prescelta per rappresentare la Milizia: era costituita da 1191 ufficiali e Camicie Nere, e da 284 ufficiali e soldati del Regio Esercito appartenenti al LXIII° battaglione armi d’accompagnamento (A.A.), mobilitato dal deposito del 151° Reggimento fanteria Sassari, al comando del tenente colonnello V. De Franco; al Regio Esercito appartenevano anche i 133 autieri addetti agli automezzi della Legione. La Tagliamento doveva dunque rappresentare le Camicie Nere ed il Partito Nazionale Fascista nella crociata contro il comunismo sovietico, affiancandosi alle grandi unità dell’esercito. Tra il 9 ed il 10 agosto la Tagliamento, trasportata da cinque treni, attraversò il confine del Brennero giungendo sino a Trusesti, in Romania, da dove, il 23 dello stesso mese, si trasferì per via ordinaria a Perwomajsk.
Qui giunta la 63a Legione fu posta, il 27 agosto, alle dipendenze operative della Divisione Fanteria autotrasportabile Torino (81° e 82° fanteria); il giorno successivo, al quadrivio di Ladishinka, diciotto chilometri a sud di Uman, la Legione, insieme con altri reparti[6], fu passata in rassegna da Mussolini, da Hitler, accompagnati dai rispettivi Stati Maggiori, e dal generale Giovanni Messe, comandante del Corpo di Spedizione Italiano in Russia[7].
Così descrisse la scena Dino Alfieri: “A causa delle condizioni veramente disastrose del terreno del terreno [la rivista] si svolse in modo che fu inevitabilmente un po’ disordinato. I conducenti degli autocarri facevano sforzi per tenere le distanze, per procedere sulla stessa linea, per attenuare gli slittamenti. I reparti si presentavano bene, i soldati erano sbarbati, le armi ben tenute. Quando passavano davanti a Mussolini, e voltavano, con uno scatto, il viso verso di lui, molti non sapevano trattenere un’espressione di compiacimento e di contentezza[8]. Il nove settembre 1941 le Camicie Nere della Tagliamento sostituirono il reggimento Lancieri di Novara nella difesa di un tratto della sponda occidentale del Dnjepr presso Dnjeprodsershink, venendo poste alle dipendenze della 3a Divisione Celere Amedeo duca d’Aosta.
Sulle sponde del Dnjepr i legionari ebbero il battesimo del fuoco, respingendo tre colpi di mano sovietici, e perdendo in questi primi combattimenti dodici caduti e diciotto feriti. Il 21 la Tagliamento lasciò la sponda destra del fiume, e affiancata alla Torino appoggiò le azioni dei fanti e delle SS dei reggimenti nove. Germania e 10 Westland della 5. SS Panzerdivision Wiking del Gruppenführer Felix Steiner, nella testa di ponte di Dnjepropetrowsk. La divisione Torino e la Legione Tagliamento (rafforzate dal II° battaglione anticarro) da una parte, e la Pasubio dall’altra, muovendo ciascuno verso l’altro, rispettivamente dalla testa di ponte di Dnjepropetrowsk e dalle posizioni conquistate dai fanti del 79° Roma della Pasubio sull’Orely avrebbero dovuto chiudere in una sacca, senza possibilità di scampo, tutte le unità sovietiche presenti nell’ansa del Dnjepr.
Le Camicie Nere furono scelte oltre che per la combattività anche per la mobilità superiore a quella della normale fanteria. I legionari riuscivano a marciare con maggiore speditezza, perché, pur essendo dotati di un numero di automezzi insufficiente a trasportare gli uomini, sui camion venivano caricati gli zaini e l’equipaggiamento, ad eccezione dell’armamento individuale, permettendo ai militi di marciare più leggeri e quindi più velocemente, ciò che provocava l’invidia della fanteria, costretta a marciare completamente affardellata: i fanti che arrivavano in Russia invariabilmente “ce l’avevano” con le CC.NN. Quest’ultime camminavano anche loro, procedendo baldanzosamente con il cavallo di san Francesco, ma andavano più spedite perché non avevano impedimenia; tutti i bagagli erano autocarrati. I poveri fanti, invece, niente: lo zaino stracolmo, il fucile, la maschera antigas, le bombe a mano, i caricatori e chi più ne ha più ne metta[9].
L’azione si svolse in tre tempi, nei giorni 28, 29 e 30 settembre. La divisione Torino e la 63a Legione mossero in avanti alle sette e mezza del mattino, dopo un breve e violento fuoco dell’artiglieria, superando con slancio e grande cooperazione tra fanti e legionari (come riconobbe lo stesso Messe[10]) sia i numerosi campi minati sia la tenace difesa dei fucilieri della 261a divisione sovietica. Alle sedici le truppe italiane avevano raggiunto gli obbiettivi fissati sulla linea Obuskowskije- Goranowskije, infliggendo al nemico numerose perdite e catturando materiali ed armi. Il giorno seguente, il 29, si svolse la seconda parte della manovra, l’avanzata su Petrikowka: Tagliamento e Torino sarebbero avanzate sino alla linea Kurilowka- Petrikowka su due colonne, quella di destra formata dalla Tagliamento insieme all’81° reggimento; nello stesso tempo la divisione Pasubio, (cui erano per l’occasione aggregate una compagnia motociclisti italiana, il 2° Squadrone del Gruppo Carri Leggeri San Giorgio[11] e il kampfgruppe tedesco Abraham[12]) avrebbe mosso verso sud dalla testa di ponte di Zaritschanka sull’Orely sino a raggiungere la linea Galushkowka- Petrikowka..
Alle 5.30 del mattino la colonna destra del gruppo Torino (Tagliamento e 81° fanteria); le Camicie Nere in avanguardia, affiancate dai fanti del III° battaglione dell’81° Torino, alle diciotto raggiunsero il villaggio di Petrikowka congiungendosi con la Pasubio e chiudendo la sacca. In queste azioni, sino al 30 settembre, a fronte di perdite molto lievi (due caduti e quattordici feriti) la Tagliamento aveva catturato 646 prigionieri sovietici, migliaia di capi di bestiame e numerose armi tra pesanti ed individuali. In particolare vennero catturati numerosi fucili mitragliatori pepesha, chiamati dagli italiani parabellum, che aumentarono la potenza di fuoco delle Camicie Nere, pressoché prive sino ad allora di fucili mitragliatori. Il comportamento delle Camicie Nere venne elogiato sia dal generale Ewald von Kleist, comandante della I.e Panzerarmee sia dal generale Messe, comandante dello C.S.I.R.[13].
La manovra di Petrikowka costituì uno dei maggiori successi raggiunti sino ad allora dagli italiani. Inoltre nei comandi italiani diede una notevole soddisfazione l’esser riusciti da soli dove i tedeschi avevano fallito, pur con mezzi di gran lunga maggiori. Camicie Nere e fanti avevano superato in quest’occasione i risultati ottenuti dai Panzergrenadieren delle Waffen SS. L’azione italiana venne elogiata anche in una lettera indirizzata da Adolf Hitler al Duce in data 28 ottobre 1941: “Il successivo urto del Gruppo corazzato Kleist per la formazione della testa di ponte di Dnjepropetrowsk ha dato anche alle Vostre divisioni, Duce, l’occasione di effettuare per la prima volta una propria e completamente vittoriosa operazione nel quadro di una grande battaglia di annientamento[14].
Si erano realizzate le premesse per puntare verso il bacino minerario ed industriale del Donetz, di grande importanza strategica. Senza consentire ai propri reparti soste e riposo, Kleist già l’8 ottobre riceveva e impartiva alle sue truppe l’ordine di proseguire l’avanzata nella duplice direttrice di Stalino e di Taganrog sul Mar d’Azov per poi proseguire su Rostov. Il Corpo di Spedizione Italiano doveva muovere alla conquista di Stalino insieme al XLIX Gebirgskorps: si trattava di compiere velocemente, partendo da uno schieramento in linea di 150 km ma con divisioni scaglionate a diversa profondità, ed equipaggiate in modo disorganico, un balzo in avanti di oltre duecento chilometri, per un fronte di cento.
L’avanzata su Stalino iniziò il tredici. La Tagliamento il sedici era a Dimitrewka, riuscendo a superare i ponti interrotti dai guastatori sovietici e combattendo sia contro le retroguardie nemiche, che sfruttavano ogni appiglio disponibile per rallentare l’avanzata dell’Asse, sia contro la rasputitza, il fango che tramutava la steppa ucraina in un immenso pantano. Nel tardo pomeriggio gli italiani espugnarono il nodo ferroviario e la stazione di Stalino, mentre i fanti della 97.e Infanteriedivision ed i Gebirgsjägern della 1.e Gebirgsdivision [15]occuparono il resto della città. Se Stalino era il centro nevralgico della regione del Donetz, anche Rykowo e Gorlowka abbondavano di installazioni metallurgiche e chimiche che sfruttavano i ricchi giacimenti carboniferi e metallurgici di cui la zona abbonda; ed inoltre, nella vicina Trudowaja sboccava l’oleodotto del Caspio. Impadronirsene costituiva dunque una priorità strategica.
Kleist dispose che lo C.S.I.R. occupasse la regione; stavolta però gli italiani avrebbero operato senza l’appoggio del XLIX Gebirgskorps che doveva dirigersi su Rostov. Il 28 ottobre, diciannovesimo anniversario della Marcia su Roma, i legionari della 63a Legione Tagliamento raggiunsero Slawianka; il 29 Sergejewka; il primo novembre erano a Grishino, e l’avanzata proseguì. Il 5 novembre la Tagliamento raggiunse Galijuzinowka e l’11 Jussowa. Lo stesso giorno la Legione lasciò le dipendenze della divisione Pasubio per passare a quelle della 3a Celere.
Pierluigi Romeo di Colloredo Mels
NOTE
[1] In un film degli anni Cinquanta, Carica Eroica, che trattava della carica del Savoia Cavalleria ad Isbushenskij la bandiera venne epurata dallo stemma sabaudo, e anziché Savoia i dragoni gridavano Hurrà! Come in un film di cowboys…
[2] J. Greene, A. Massignani, Rommel’s North Africa Campaign , New York 1994 (tr.it. Milano 1996) : a giudizio degli studiosi più accreditati il rendimento delle unità CC.NN. nel corso della seconda guerra mondiale risultò mediamente sempre inferiore a quello delle corrispondenti unità del Reich [ossia le Waffen SS] con l’unica eccezione delle formazioni inviate in Russia (p.40)
[3] L’intervista a N. Krushov è del 15 novembre 1961, e pubblicata su Discussioni 22, 1961.
[4] Chi scrive ha dedicato alle CCNN in Russia il volume Emme Rossa! Le Camicie Nere in Russia 1941- 1943, Genova 2009. volume poi ripreso- meglio copiato sino agli errori di battitura- da altri autori, ma che rimane il primo e più esaustivo lavoro sull’argomento.
[5] Su questo battaglione si veda: Comando Divisione Sassari, Il LXXIII° battaglione Sassari della Legione Tagliamento, s.a.i.
[6] Un reparto di Bersaglieri motociclisti, un battaglione ed un gruppo d’artiglieria della Torino ed un battaglione anticarro.
[7] Il viaggio del Duce sul fronte russo era stato ritardato a causa della morte in un incidente di volo del figlio Bruno.
[8] Cit. in Pini, Susmel 1973, IV, p.141. Sulla visita di Mussolini in Russia e l’incontro con Hitler, cfr. S. Corvaja, Mussolini nella tana del lupo, Milano 1982, pp.248 segg.
[9] AAVV, Il Cuneese era pieno di Alpini… sul sito del 125° Corso A.U.C., Scuola Militare Alpina di Aosta, www.smalp125.org/index.php?module=subjects&func=viewpage&pageid=121
[10] Messe 1963, p.123.
[11] Della Celere
[12] Formato da elementi della 76.e Infanteriedivision.
[13] Lucas, De Vecchi 1976, p.486.
[14] Hitler a Mussolini, 28 ottobre 1941.
[15] Sulla storia di questa divisione sul fronte orientale, cfr. J. Lucas, Hitler’s Mountain Troops, London 1992 (tr.it. Milano 1997, pp.84- 102, 127-133, 171- 186).
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