Tokyo, 15 ago – Per il sesto trimestre di fila il Pil del Giappone è in crescita, questa volta con un +4% su base annuale. La crescita si manifesta nei consumi che salgono dello 0,9%, anche le spese aumentano come quelle societarie, al +2,4%, ma soprattutto gli investimenti pubblici con un altissimo +5,1%, apparentemente impensabile per un paese che ha un debito pubblico stellare del 236,56%, per fare un paragone il nostro è del 132,8%. Un vero e proprio miracolo economico quello che sta vivendo il Giappone, che ricorda quasi gli albori del boom degli anni ’50 e ’60 quando il paese del Sol Levante poté vantare una economia tale da far impallidire gli stessi Stati Uniti d’America, allora aggravati dagli aiuti con il Piano Marshall.

giappone abenomicsTornando alla situazione odierna, insieme all’aumento dei consumi e degli investimenti anche i capitali hanno assistito ad una crescita del 2,4%, più del doppio di quello che era stato previsto dagli esperti, ovvero l’1,2%. Un aumento che non si vedeva da quasi 4 anni, ovvero dal primo trimestre del 2014. Il governo giapponese è ottimista dichiarando che l’aumento poteva essere ancor maggiore, di circa uno 0,3% in più nel periodo aprile-giugno, se ci fosse stato un migliore bilanciamento nel commercio, dove al netto di un calo delle esportazioni (0,5%) ha visto un aumento delle importazioni dell’1,4%. Considerando il fatto che il Giappone è un paese noto per le esportazioni, diventa chiaro il motivo per cui questo sbilanciamento non ha permesso una crescita ancora maggiore nel terzo trimestre.

La Bank of Japan spera che la ripresa dei consumi sia tale da consentire un tasso di inflazione sufficientemente alto, rendendo così stabile la crescita economica nipponica. L’istituto centrale di emissione è sicuramente una dei protagonisti di questa stagione: il debito pubblico è si alto, quasi il doppio ad esempio rispetto a quello italiano, ma è nelle mani di investitori, aziende e industrie giapponesi, il che permette di pagare un tasso di interesse molto modesto, che varia dall’1 al 2% permettendo così maggiori investimenti pubblici (del +5,1% come abbiamo visto) ed impedendo altresì le speculazioni di investitori stranieri. Un esempio virtuoso di sovranità monetaria: l’aumento dei consumi è andato in parallelo con quello dell’inflazione, non sempre negativa, anzi a certe condizioni ben più benefica della deflazione che stiamo vivendo. Ma la crescita congiunta è possibile solo se lo Stato è in grado di controllare la valuta in maniera autonoma e non per conto di terzi, monetizzando il debito pubblico e attingendo così alle risorse necessarie per quegli investimenti in Europa ad oggi non possibili a causa della doppia opposizione Bce – pareggio di bilancio.

Davide D’Anselmi

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