Parigi, 30 gen – La notte del 13 novembre 2015 Parigi si tinse di rosso sangue: una serie di attentati coordinati portò alla morte di 130 persone (senza contare i numerosi feriti). Gli attacchi terroristici furono realizzati da una cellula di kamikaze collegata all’Isis, che infatti rivendicherà l’azione. A essere colpiti furono alcune caffetterie del centro parigino, lo stadio di Saint-Denis (dove si stava giocando Francia-Germania) e il teatro Bataclan, dov’era in corso un concerto degli Eagles of Death Metal. Tra i boia di quella notta maledetta c’era anche lui, Salah Abdeslam. Che, nella giornata di ieri, è stato condannato all’ergastolo.
Una ghigliottina lenta
Cittadino francese di origini marocchine, poi naturalizzato belga, su Salah Abdeslam pesavano cinque capi d’imputazione, tra cui omicidio e terrorismo. La Corte speciale di Parigi lo ha ritenuto colpevole di tutte e cinque le fattispecie, comminandogli la cosiddetta «perpétuité incompressible», che prevede 30 anni di carcere senza alcuna possibilità di ottenere sconti né permessi. In sostanza, neanche la buona condotta potrà alleggerire quella che la sua legale ha definito una «ghigliottina lenta». Questo tipo di ergastolo, istituito nel 1991, era stato applicato solo altre quattro volte, che riguardavano delitti particolarmente crudeli perpetrati a danno di minori. Sempre dichiaratosi innocente, con tanto di scuse alle vittime degli attentati, l’imputato ha sostenuto di aver rinunciato all’ultimo minuto a farsi esplodere: i giudici non gli hanno creduto.
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Salah Abdeslam simbolo della «nuova Europa»
Con la sentenza di ieri a carico di Salah Abdeslam e altri 19 imputati minori, si chiude quindi il triste capitolo di quel maledetto 13 novembre 2015. Perlomeno a livello giudiziario, perché dal punto di vista di politico la questione è ancora apertissima. La condanna, infatti, è arrivata proprio mentre in Italia si stava discutendo di ius scholae, quasi a ricordarci a che cosa può portare un’integrazione fallita: cresciuto nella banlieue brussellese di Molenbeek, il «nuovo europeo» Salah aveva tutti i presupposti per integrarsi e condurre un’esistenza onesta. Ha invece scelto la criminalità, l’hashish, la Playstation e, infine, l’odio antieuropeo e il terrorismo islamista. Perché, al contrario di ciò che dicono i soliti apprendisti stregoni, anche l’odio ha cittadinanza.
Elena Sempione
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E di condannare-porre quantomeno all’ indice certa storia francese “cogliona”, come mandante esterna colposa, manco se ne parla!
Molenbeek non è una banlieue . La parola banlieue letteralmente si traduce come “periferia” in italiano, ma Molenbeek (soprattutto le zone ad altissima percentuale di arabi) è a due passi dal centro.
E per saperne di più sulla (im)possibile integrazione, invito a guardare il documentario dei costi colleghi francesi “Livre Noir” proprio su Molenbeek.
Io ci ho vissuto quasi 7 anni ed è tutto vero