Roma, 24 gen – Il #metoo da noi non prende piede. “Il fatto non sussiste”: con questa formula la Procura di Roma aveva chiesto l’archiviazione dell’indagine a carico del regista Fausto Brizzi. Il gip ha accolto la richiesta nei giorni scorsi. “Si chiude così definitivamente la vicenda relativa allo scandalo delle molestie apertasi con i servizi de Le Iene“, annuncia Antonio Marino, legale del regista. A Piazzale Clodio erano arrivate tre querele, riferite a presunti episodi avvenuti tra il 2014 e il 2017, ma solo una era utilizzabile perché le altre due erano state presentate ai pm fuori tempo massimo, cioè dopo sei mesi dai fatti denunciati.

Il caso esplose attraverso la trasmissione Le Iene, poco tempo dopo la vicenda di Harvey Weinstein e in pieno #metoo: tre attrici denunciarono di esser state molestate da Brizzi e il regista venne letteralmente fatto a pezzi dall’opinione pubblica.
Il gip Alessandro Arturi nel decreto di archiviazione dell’inchiesta sottolinea che “le ineliminabili vaghezza e genericità dell’apparato accusatorio quanto a profili fattuali imprescindibili” “precludono finanche la prospettazione in astratto” del reato.

Il giudice ritiene in sunto che Brizzi abbia compiuto un atto socialmente stigmatizzabile ma ben al di sotto la soglia del penalmente rilevante e “non intende relativizzare la gravità di certe condotte in ragione di una peculiare categoria di appartenenza della vittima – si legge nel decreto di archiviazione – bensì soppesare il disvalore di determinati atti, inquadrandoli nell’ambito dello specifico contesto di intimità nel quale sono stati compiuti, indipendentemente dalle modalità e dai passaggi attraverso i quali si è venuta a costituire quella particolare situazione nella quale il palpeggiamento o il gesto ancor più invasivo è oggettivamente privo delle connotazioni di insidiosità ed imprevedibilità, ancorché repentino ed improvviso e non può essere stigmatizzato al pari delle azioni materiali sottese alle pronunce della giurisprudenza di legittimità citate dalla difesa delle opponenti”.

Non potevano mancare le dichiarazioni di Davide Parenti, la “mente” de Le Iene: “La legge è fatta così, ce lo aspettavamo. D’altra parte, se un giudice dice che sono scaduti i termini questo non significa che le 15 storie che abbiamo raccontato su Brizzi non siano vere, semplicemente nessun giudice le ha valutate“, e prosegue “ci diranno ‘Iene chiedete scusa’ ma noi non chiediamo scusa, le cose non stanno così“.

Si sgonfia così tutto il castello d’aria del #metoo “pizza e mandolino”, che come molti prodotti d’importazione Usa, finisce con l’essere una replica cialtronesca dell’originale che si risolve in una bolla di sapone.

Cristina Gauri

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Classe 1977, nata nella città dei Mille e cresciuta ai piedi della Val Brembana, dell’identità orobica ha preso il meglio e il peggio. Ex musicista elettronica, ha passato metà della sua vita a fare cazzate negli ambienti malsani delle sottoculture, vera scuola di vita da cui è uscita con la consapevolezza che guarire dall’egemonia culturale della sinistra, soprattutto in ambito giovanile, è un dovere morale, e non cessa mai di ricordarlo quando scrive. Ha fatto uscire due dischi cacofonici e prima di diventare giornalista pubblicista è stata social media manager in tempi assai «pionieri» per un noto quotidiano sabaudo. Scrive di tutto quello che la fa arrabbiare, compresi i tic e le idiozie della sua stessa area politica.

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