Roma, 7 mar – Cresciuti in un momento di estrema incertezza, nel pieno della crisi economico-finanziaria del 2007, la più grave dal 1929 e causa di durissime misure di austerità, con il Covid la situazione per i giovani di questa generazione è se possibile ulteriormente peggiorata. In un’età in cui le certezze già di per sé sono poche, ciò ha spaventosamente amplificato i timori, i disagi e l’insicurezza di milioni di giovani. I quali vivono oggi un’assurda situazione che sembra creata ad arte per destrutturare i pilastri sui quali si fondava la nostra società. Dal lavoro alla famiglia, per frantumare tutte le loro sicurezze e proiettarli in un contesto di nuova flessibilità e sradicamento.
Con il Covid i giovani sono stati privati di tutto
Privati della scuola e dell’università, dello sport e del cinema, dei concerti e dei centri storici. Ai giovani è stata negata ogni forma di socialità e aggregazione che caratterizzano quest’età. Costretti a trascorrere le proprie giornate alienati davanti ad un monitor e a subire le discutibili decisioni di un manipolo di individui che pretendono di stabilire se uno spostamento è essenziale oppure no, di decidere come e quando incontrare i propri affetti, a che ora fare ritorno a casa. Con i media ed una parte dell’opinione pubblica sempre pronti ad additarli come untori. Facendo ricadere sulle loro spalle la responsabilità per i contagi ogniqualvolta si riversano legittimamente per le strade e le piazze a godersi il fiore dei propri anni.
Ci hanno detto che il contagio deve essere limitato al minimo perché le terapie intensive sono piene e i posti letto limitati. Ma sono più di 30mila quelli tagliati in Italia negli ultimi 10 anni, per un totale di quasi 40 miliardi di euro. La sensazione è che nell’era post Covid i i giovani ingiustamente pagheranno a prezzo carissimo (e chissà per quanto ancora dovranno pagare) 20 anni di malapolitica e gli errori di una classe che non li rappresenta.
Sacrificare tutto ma per cosa?
Se fino ad una ventina di anni fa per un giovane era naturale prendere casa e mettere su famiglia, complici una serie di cambiamenti socio-culturali, ma soprattutto economici, la situazione è andata costantemente peggiorando. Fino al punto in cui per un giovane degli anni venti è diventato impensabile ripetere ciò che hanno fatto i propri genitori. Questo per via di uno scenario futuro estremamente indefinito e condizioni lavorative, economiche e sociali che lasciano poco spazio alla fantasia.
E la perdita di certezze non riguarda soltanto gli ambiti lavorativo, economico e sociale, ma anche quello affettivo-familiare. La narrazione terroristica portata avanti dai media ci ha indotti a temere anche il nostro vicino, i nostri parenti, i nostri amici e familiari. Ci ha allontanati come mai prima d’ora. Ci ha fatto guardare con diffidenza anche le persone che ci sono sempre state vicine, privandoci del contatto fisico in nome della sicurezza e della vita. Ma una vita senza libertà, senza intimità, senza affetti vale la pena di essere vissuta? Vale davvero la pena di sacrificare ogni cosa per una promessa di presunta sicurezza?
Filippo Ganeo