Roma, 11 apr. – Qualche settimana fa il presidente del consiglio Paolo Gentiloni esultava per la diminuzione della disoccupazione. È stato il tripudio di tutto il Partito Democratico che elogiava il Jobs Act e le riforme per il lavoro fatte dal governo Renzi. Ebbene oggi, queste persone, devono necessariamente prendere atto del disastro che l’Italia sta vivendo sotto l’aspetto commerciale. Lo conferma anche l’Istat.
L’Istituto di Statistica, infatti, il 7 aprile ha diffuso i suoi dati, che rivelano una flessione, nel mese di febbraio 2017, delle vendite dei beni alimentari e del valore di quest’ultimi, sia rispetto al mese di gennaio 2017, sia rispetto a febbraio dell’anno scorso. Su base trimestrale il valore delle vendite è positivo, ma ciò è dovuto principalmente grazie al boom di gennaio, nonostante si sia verificato quest’ultimo rimane in calo il numero di prodotti venduti nel trimestre preso in considerazione. Si salvano invece i beni non-alimentari, che, generalmente, registrano una stabilità sia nei valori, con uno +0,1%, sia nella percentuale di vendite che rimane sostanzialmente nullo (0%).
Se andiamo a paragonare i dati di febbraio con quelli dello stesso mese dell’anno scorso, la percentuale delle vendite complessive diminuisce del 2,4% e il loro valore dell’1,2%, ma ciò che dovrebbe preoccupare maggiormente è il tracollo netto dei prodotti alimentari del 4,8%. Mentre, come in precedenza, a salvarsi sono le vendite dei prodotti non alimentari che diminuiscono solo dello 0,9%. A seguito di questo crollo nella vendita dei prodotti alimentari, vengono colpiti soprattutto i supermercati, discount e gli ipermercati, che subiscono tutti una flessione dell’1/1,5% del valore delle, già esigue, vendite.
Per quanto riguarda i guadagni delle imprese, rispetto l’anno scorso queste vedono un vistoso calo delle vendite che colpisce soprattutto le piccole e le medie imprese, con entrambe registrano una flessione dell’1,5%. Rispetto al periodo gennaio/febbraio la situazione è ancora più tragica per le piccole imprese fino a 5 lavoratori, con una flessione del 2,5%. Per le grandi imprese invece la situazione rimane stabile, con una flessione del 0,5%, ma considerando anche il mese di gennaio le vendite si attestano su un positivo 0,8%.
In precedenza si era parlato di una stabilità delle vendite per quanto riguarda i beni non-alimentari, tuttavia se si va ad indagare al di là del dato generico e si vanno ad esaminare i vari settori, si scopre che le vendite risultano positive solo per il settore dei giochi, giocattoli, sport (+1,6%), utensileria (+1,2%) e prodotti di lusso come gioielli ed orologi (0,2%). Nel baratro invece i settori che riguardano elettrodomestici, tv, radio, telefonia, informatica e il settore cartaceo, questi registrano una flessione che va dal 3 al 3,4%; altro che “stabilità”.
La situazione tuttavia non è ancora da definirsi catastrofica, certamente è preoccupante e avverte la necessità di un intervento tempestivo e diretto da parte della classe dirigente. Se si guardano i dati complessivi, si nota come sono sempre più frequenti i picchi negativi e le flessioni a partire dal 2016; certo gli alti e bassi ci sono sempre, ma questa volta le vendite fanno fatica a rialzarsi e a pagarne sono sempre le piccole e le medie imprese, soprattutto se queste hanno residenza in uno Stato con il 22% dell’IVA che porta conseguentemente ad un aumento dei prezzi (valore) dei beni in commercio. Se inoltre si va considerare l’enorme concorrenza da parte delle grandi imprese, non sorprende dunque che le piccole e le medie imprese facciano fatica a vendere e a fatturare ad un prezzo che possa concorrere con le altre, senza contare il bacino di utenza nettamente diverso e colpito dalla crisi che, come i venditori cercano di aumentare i prezzi, a loro volta i potenziali consumatori tendono cercare il risparmio nell’acquisto online. E proprio in quest’ultimo punto è facile constatare che i settori maggiormente in crisi sono quelli che vanno invece vanno a gonfie vele su internet, un esempio lampante ce lo dimostra il mercato online che si occupa della vendita di smartphone e computer.
Inoltre non è un caso che la multinazionale Amazon, in Gran Bretagna, viene ulteriormente tassata, proprio per cercare di contrastare questo fenomeno che viene segnalato anche dalla Coldiretti (la tendenza alla ricerca di canali di acquisto alternativi al dettaglio tradizionale con la crescita dell’online che ne 2016 vede un aumento record del 55% negli ultimi 5 anni.). Tuttavia l’esempio della Gran Bretagna avviene solo quando la politica è veramente uno strumento in funzione di protezione e difesa ad interesse del cittadino e delle piccole e medie imprese. Ma se la politica è attualmente impegnata ad esultare su un bluff, un miraggio, come è quello del calo della disoccupazione, è difficile credere in un impegno per contrastare efficacemente questa flessione del mercato.
Davide D’Anselmi