Piombino, 20 feb –ย In questi giorni stiamo assistendo allโennesima puntata della telenovela che vede come protagonista lo stabilimento siderurgico Jindal di Piombino. Gli indiani di Jsw Steel Italy (societร italiana di Jindal) pur confermando la loro volontร di investire nel complesso siderurgico toscano, non hanno ancora presentato il proprio piano industriale. Questa notizia arriva dopo lโennesimo rinvio chiesto lo scorso gennaio. Una richiesta che potrebbe sembrare legittima da parte di unโazienda che ha rilevato un sito ormai prossimo alla chiusura. Peccato che i manager della multinazionale asiatica ripetano lo stesso copione dal luglio 2018. Facciamo un piccolo passo indietro.
Le promesse non mantenute di Jindal
Quasi due anni fa gli indiani subentrano allโalgerino Issad Rebrab. Il gruppo dellโimprenditore africano avevano ridotto al collasso lโazienda, nonostante la sponsorizzazione dellโallora premier Matteo Renzi. Preso atto della mancanza di concorrenti italiani la ex Lucchini passรฒ a Jsw Steel Italy. Anche i metalmeccanici di Fim, Fiom, Uilm, delusi dalla gestione precedente, puntarono tutto sui nuovi proprietari.
Questa acquisizione doveva segnare la svolta per il secondo polo siderurgico italiano, che occupa circa duemila dipendenti diretti piรน indotto. La multinazionale asiatica aveva promesso di un miliardo e 50 milioni, di cui il 10% coperti da fondi pubblici. Sul fronte del lavoro le cose sembravano essersi messe per il verso giusto: ogni dipendente sarebbe stato riassunto. Insomma, nessuno doveva rimanere indietro. Mancava, perรฒ, un โpiccoloโ ma importante dettaglio: il piano industriale. Questโultimo ancora oggi รจ il convitato di pietra in ogni appuntamento al ministero. Lโazienda continua a rimandare adducendo ragioni โrectiusโ scuse sempre diverse.
La rabbia dei lavoratori
Ecco da dove nasce la rabbia degli operai della ex Lucchini. I lavoratoriย criticano sia la scarsa attenzione da parte del governo che il comportamento di Jsw che non ha mantenuto gli impegni assunti. Durissima la reazione dellโUgl. Secondo Antonio Spera (il segretario nazionale Ugl Metalmeccanici): โLโincontro al Mise sul sito siderurgico di Piombino con un nulla di fatto ancora rinvii e nessun piano industriale presentatoโ.
โSulla base delle richieste fatte da Jindal – continua Spera- in merito alla riduzione del costo dellโenergia elettrica e del contributo finalizzato ad un progetto di smaltimento delle scorie, finanziamenti e commesse di rotaie, cโรจ bisogno di un piano industriale, che tuttavia non รจ stato ancora presentato in quanto lโazienda ha chiesto un ulteriore rinvio di quattro mesi. ร grave quanto sta accadendo nei confronti di un intero territorio. Ad oggi non ci sono investimenti sugli impianti e per la manutenzione non cโรจ ancora traccia di installazione dei forni elettriciโ. Il sindacalista auspica infine: โUn impegno concreto del governo, anche attraverso il suo ingresso nella compagine societaria. Solo in questo modo si potrebbe riuscire a salvaguardare il polo siderurgico di Piombinoโ. Su questโultimo punto, Spera tocca un nervo scoperto: In Italia mancano strategie industriali di lungo termine. Il caso Ilva non รจ certo unโeccezione.
Lo stato assente
In ogni vertenza, il ministro dello Sviluppo Economico รจ una specie di mediatore. I governi che si sono succeduti si sono impegnati solo a convincere investitori esteri a comprare le nostre aziende. Cerchiamo fuori dai confini la soluzione ai nostri problemi. A questo punto, rimane un quesito: puรฒ la politica agire in maniera differente? No. Almeno questo รจ quello che ci hanno fatto credere negli ultimi trentโanni. Non solo ma anche i nuovi arrivati la pensano allo stesso modo. Ad esempio, il grillino Stefano Patuanelli, che occupa il dicastero dello Sviluppo economico, ha confessato la sua impotenza davanti a determinate vertenze: โMi trovo ogni giorno a gestire elementi legati a crisi aziendali ma di fronte a chi non rispetta un piano industriale, noi ne prendiamo atto, siamo protesi a trovare le soluzioni ma non abbiamo strumenti per obbligare nessuno a fare ciรฒ che aveva previsto nel piano industrialeโ. Queste parole sono state pronunciate da Patuanelli davanti alla Commissione Lavori pubblici del Senato il 28 gennaio scorso. Se questo fosse vero, seguendo la logica grillina il Mise andrebbe abolito come ente inutile.
Scherzi a parte: lโItalia ha bisogno di una politica industriale guidata seriamente da un ente pubblico. Il governo non puรฒ stare a guardare. Ad esempio pensiamo ai nostri cugini dโoltralpe. In Francia lo stato gestisce molti servizi pubblici ed รจ presente nei cda che contano grazie allโApe. Si tratta dellโAgence des participations de l’รtat, ossia Agenzia delle Partecipazioni dello Stato. Nessuno politico francese ha mai pensato di smantellarla, come abbiamo fatto noi italiani con lโIri. Non รจ dunque colpa degli altri se preferiamo darci la zappa sui piedi. Senza auspicare un ritorno ai โpanettoni di statoโ, il governo non puรฒ rimanere con le mani in mano davanti allo smantellamento del nostro sistema industriale.
Salvatore Recupero