Roma, 22 mar – Valore aggiunto o aggiunta di valore a qualcosa che altrimenti non sarebbe neanche degno di nota? Probabilmente la verità sta nel mezzo, ma dati alla mano è impossibile non lasciarsi andare a pensieri ottimistici e soddisfazione per una realtà che se prima vedeva il Bel Paese come il regno del cliché del fanalino di coda, oggi pone l’Italia tra le prime potenze internazionali che usano, sfruttano e godono delle possibilità dell’e-commerce.
Secondo le analisi della School of management del Politecnico di Milano il valore totale delle esportazioni italiane generate dall’e-commerce nel 2016 ha visto una crescita pari al 24% sui numeri relativi all’anno precedente, e non parliamo certo di spiccioli visto che si tratta di un valore di mercato di circa 7,5 miliardi di euro.
E’ pur vero che si tratta di una somma che, nonostante gli importanti trend di aumento, si delinea ancora come una quota marginale che raggiunge giusto il 6% delle esportazioni totali dei beni di consumo all’utente finale della transazione commerciale. Tuttavia, quel che realmente vale la pena considerare è un concept che si articola principalmente in due caratteristiche dal tono a volte sottovalutato.
In primis la battuta di crescita acquisisce di anno in anno volumi sempre più importanti, e considerata la subcultura sociale che affiora nel territorio italiano, dove tradizione e innovazione non spesso riescono a convivere, questi sono dati davvero sensazionali. Si sta lentamente creando una stabile base di impronta commerciale orientata alla modernità e agli strumenti che questa predispone per il successo economico di aziende e privati investitori. Che gli italiani si stessero aprendo a nuove opzioni di fare business d’altronde era ben evidente anche dalla caratteristica di tipologia di prodotti trattati, che rientrano nei settori delle eccellenze italiane di sempre.
I prodotti italiani esportati in tutto il mondo – UE e Stati Uniti le principali destinazioni – sono gli iconici repertori del Made in Italy: si parla dunque di moda e abbigliamento, con circa il 60% delle vendite complessive, prodotti alimentari al 17%, che sono comunque il settore con crescita più evidente (+32% in un anno). elementi di arredo e design al 12%.
Si tratta di una linea d’azione decisa e importante, un orientamento internazionale che mira a sopravvivere in territorio nostrano e ad imporsi tra le eccellenze straniere per qualità e puntualità di esecuzione. E, per farlo, le aziende e il Made in Italy si trovano a dover fronteggiare fattori critici quali tecnologie, organizzazione industriale, logistica, strategie commerciali e utenza.
Mentre per affrontare al meglio le sfide di comunicazione, tecnologia e rapporto con l’utenza possono bastare budget adeguati, idee e reale interesse verso nuovi orizzonti marketing e commerciali, se ci si vuole districare nella tormentata sfida logistica serve ben altro. Serve un sistema affidabile e sicuro su cui contare, perché se un cliente ordina un prodotto bisogna essere in grado di poterlo spedire anche se l’utente vive in luogo remoto e geograficamente lontano. In questo senso poste, corrieri e servizi di spedizione si sono sviluppati molto bene e offrono non solo tariffe vantaggiose ma anche utili tool di ampliamento qualitativo, tra tracking, garanzie e assicurazioni. Tra i più conosciuti il servizio Packlink che confronta tariffe di spedizioni di Poste Italiane e altri corrieri espresso in modo veloce e intuitivo inserendo destinazione dimensione e peso del pacco. Puntare alla qualità e affidabilità anche dal punto di vista logistico non è mai banale, soprattutto in un mercato ormai senza confini dove circa la metà delle aziende retail utilizza già canali di export e i grandi gruppi internazionali sono la distribuzione online privilegiata e detengono il 52% del fatturato dell’export digitale.
I dati della ricerca del Politecnico di Milano sono un ottimo strumento per rilevare il campo d’azione e la forbice tra il valore dell’export online per così dire “diretto” dove l’interazione con il cliente avviene tramite siti di produttori, portali dei rivenditori online o multicanale o veri e propri marketplace “italiani” e l’export online che potremmo definire “indiretto”, ossia quello che passa per siti web eCommerce dei big del panorama retailer online straniero, i marketplace più celebri e pubblicizzati e le vetrine di vendita internazionali.
Dati sotto mano, l’export diretto vale due miliardi di euro e quello indiretto genera un valore pari a 5,5 miliardi.
La realtà è che ormai viviamo in un mondo dove l’e-commerce è un mezzo efficace e sempre più disponibile, una reale opportunità che consente alle aziende e ai venditori di raggiungere utenze anche molto lontane dal punto di vista geografico. E a capirlo sono soprattutto le piccole e medie imprese che sono già attive sui mercati stranieri e che cercano di inserirsi in dimensioni internazionali di commercio globale, un mondo dove tutto è a portata di mano e ogni prodotto è disponibile, basta accendere un pc o fare una breve ricerca da smartphone o tablet.