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Washington, 20 ago – Già consigliere dei presidenti americani Richard Nixon, Gerald Ford e Ronald Reagan, politologo, scrittore e giornalista anche televisivo, Patrick “Pat” Buchanan, classe 1938, è leader del movimento “paleoconservatore” che, in opposizione radicale ai “neocon” – micidiale aggregato di lobby finanziarie, militari-industriali e trotzkisti oggi trasversalmente dominanti negli Stati Uniti – sostiene il ritiro degli Usa dalla politica imperialista e di sostengo incondizionato a Israele, nonché dai conflitti avviati direttamente o per procura nel resto del mondo, e a maggior ragione dal confronto sempre più caldo con la Russia, una svolta nelle politiche finanziarie dissennatamente espansive, per concentrarsi sulle questioni interne tra cui l’immigrazione irregolare sta assumendo proporzioni gigantesche.
In un recentissimo intervento, Buchanan sostiene che i temi fondamentali della sicurezza delle frontiere, del rimpatrio degli 11 milioni di immigrati clandestini presenti negli Stati Uniti, la dichiarazione di una moratoria sull’immigrazione – temi forti, per altro, del programma del candidato alle primarie repubblicane Donald Trump – sono parte di una questione molto più ampia.
L’occidente resisterà, oppure è destinato a scomparire come altre civiltà del passato, si chiede Buchanan. L’immigrazione di massa, sostiene, sarà più decisiva rispetto al destino dell’occidente rispetto allo stesso terrorismo islamico, perché, letteralmente, il mondo sta invadendo l’occidente.
Lo stesso paese forte d’Europa, la Germania, vede crescere la protesta contro gli immigrati, giustificata da numeri incredibili: dopo aver ospitato 174mila presunti rifugiati nel 2014, quest’anno si avvia a riceverne 500mila e sempre di più, a dispetto della limitata superficie e della grande densità di popolazione residente. Come può continuare tutto questo, si chiede il politologo americano, senza che la stessa Germania si distrugga e il suo carattere cambi per sempre?
Tanto più che appaiono lontanissimi dall’esaurirsi i conflitti in Libia, Siria, Iraq, Afghanistan, Yemen, né offrono alcuna speranza di ripresa le condizioni economiche e sociali disperate in Eritrea, Somalia e Sudan, il terrorismo islamico nel medio oriente e la povertà più abietta nell’area sub-sahariana.
Da sola, l’Africa contava 1,1 miliardi di persone nel 2013 e, ai ritmi correnti di sviluppo demografico, raggiungerà i 2,4 miliardi nel 2050: quante centinaia di milioni di queste persone sognano di venire in Europa, si domanda Buchanan. Quando e perché mai dovrebbero smettere di venire? E quanti ne può assorbire l’Europa senza andare in bancarotta e mutare per sempre il carattere del continente?
E, purtroppo, i numeri più recenti sembrano dargli ragione, delineando un processo che potrebbe aver già assunto una propria dinamica impossibile da invertire spontaneamente ma solo con misure protettive drastiche. In pratica, come riassume efficacemente Pat Buchanan, “più ci riescono oggi, più ne verranno domani”.
È proprio sulla reale capacità e volontà europea di intraprendere tali misure non più rinviabili e oggi le uniche praticabili – sigillare i confini e rispedire indietro i clandestini – che si concentra l’interrogativo dell’ex consigliere di tanti presidenti, al quale egli stesso teme che la risposta sia piuttosto la paralisi morale che sta trasformando il vecchio continente in qualcosa di simile al “Campo dei Santi” tratteggiato da Jean Raspail decenni fa.
A rincarare la dose ci si mette anche un altro “grande vecchio” della politica americana, Paul Craig Roberts, economista e politologo fuori dal coro, funzionario del Congresso Usa negli anni ’70 e assistente segretario del Tesoro Usa con delega alla politica economica sotto la presidenza di Ronald Reagan nel 1981-1982.
Nel suo ultimo intervento, Roberts addebita l’invasione immigratoria dell’Europa alle politiche egemoniche americana e israeliana nel Medio oriente e nel nord Africa, causa di massacri senza fine, di disordine sociale e povertà. Ma soprattutto si scaglia con veemenza contro l’insipienza criminale delle classi dirigenti europee, della stampa e di vasti strati dell’opinione pubblica che, mentre esplode la competizione per scaricare i clandestini da un paese all’altro e si deplora il flusso crescente di immigrati, nessuno si pone la questione della causa del problema.
In altre parole, secondo il politologo americano l’Europa si merita senza attenuanti, per la propria inettitudine e doppiezza morale, di sopportare il gigantesco problema, avendo rinunciato a una propria politica estera e da almeno 14 anni sostenuto come un cagnolino il militarismo aggressivo americano che ha sterminato e dislocato milioni di persone che non avevano mai minacciato Washington, arrivando alla distruzione di interi paesi, alla lista dei quali aggiunge il Pakistan, bomba a tempo di 200 milioni di persone sull’orlo della rivolta, e così innescando, tutto a carico dell’Europa, il meccanismo delle grandi emigrazioni.
Francesco Meneguzzo
Washington, 20 ago – Già consigliere dei presidenti americani Richard Nixon, Gerald Ford e Ronald Reagan, politologo, scrittore e giornalista anche televisivo, Patrick “Pat” Buchanan, classe 1938, è leader del movimento “paleoconservatore” che, in opposizione radicale ai “neocon” – micidiale aggregato di lobby finanziarie, militari-industriali e trotzkisti oggi trasversalmente dominanti negli Stati Uniti – sostiene il ritiro degli Usa dalla politica imperialista e di sostengo incondizionato a Israele, nonché dai conflitti avviati direttamente o per procura nel resto del mondo, e a maggior ragione dal confronto sempre più caldo con la Russia, una svolta nelle politiche finanziarie dissennatamente espansive, per concentrarsi sulle questioni interne tra cui l’immigrazione irregolare sta assumendo proporzioni gigantesche.
In un recentissimo intervento, Buchanan sostiene che i temi fondamentali della sicurezza delle frontiere, del rimpatrio degli 11 milioni di immigrati clandestini presenti negli Stati Uniti, la dichiarazione di una moratoria sull’immigrazione – temi forti, per altro, del programma del candidato alle primarie repubblicane Donald Trump – sono parte di una questione molto più ampia.
L’occidente resisterà, oppure è destinato a scomparire come altre civiltà del passato, si chiede Buchanan. L’immigrazione di massa, sostiene, sarà più decisiva rispetto al destino dell’occidente rispetto allo stesso terrorismo islamico, perché, letteralmente, il mondo sta invadendo l’occidente.
Lo stesso paese forte d’Europa, la Germania, vede crescere la protesta contro gli immigrati, giustificata da numeri incredibili: dopo aver ospitato 174mila presunti rifugiati nel 2014, quest’anno si avvia a riceverne 500mila e sempre di più, a dispetto della limitata superficie e della grande densità di popolazione residente. Come può continuare tutto questo, si chiede il politologo americano, senza che la stessa Germania si distrugga e il suo carattere cambi per sempre?
Tanto più che appaiono lontanissimi dall’esaurirsi i conflitti in Libia, Siria, Iraq, Afghanistan, Yemen, né offrono alcuna speranza di ripresa le condizioni economiche e sociali disperate in Eritrea, Somalia e Sudan, il terrorismo islamico nel medio oriente e la povertà più abietta nell’area sub-sahariana.
Da sola, l’Africa contava 1,1 miliardi di persone nel 2013 e, ai ritmi correnti di sviluppo demografico, raggiungerà i 2,4 miliardi nel 2050: quante centinaia di milioni di queste persone sognano di venire in Europa, si domanda Buchanan. Quando e perché mai dovrebbero smettere di venire? E quanti ne può assorbire l’Europa senza andare in bancarotta e mutare per sempre il carattere del continente?
E, purtroppo, i numeri più recenti sembrano dargli ragione, delineando un processo che potrebbe aver già assunto una propria dinamica impossibile da invertire spontaneamente ma solo con misure protettive drastiche. In pratica, come riassume efficacemente Pat Buchanan, “più ci riescono oggi, più ne verranno domani”.
È proprio sulla reale capacità e volontà europea di intraprendere tali misure non più rinviabili e oggi le uniche praticabili – sigillare i confini e rispedire indietro i clandestini – che si concentra l’interrogativo dell’ex consigliere di tanti presidenti, al quale egli stesso teme che la risposta sia piuttosto la paralisi morale che sta trasformando il vecchio continente in qualcosa di simile al “Campo dei Santi” tratteggiato da Jean Raspail decenni fa.
A rincarare la dose ci si mette anche un altro “grande vecchio” della politica americana, Paul Craig Roberts, economista e politologo fuori dal coro, funzionario del Congresso Usa negli anni ’70 e assistente segretario del Tesoro Usa con delega alla politica economica sotto la presidenza di Ronald Reagan nel 1981-1982.
Nel suo ultimo intervento, Roberts addebita l’invasione immigratoria dell’Europa alle politiche egemoniche americana e israeliana nel Medio oriente e nel nord Africa, causa di massacri senza fine, di disordine sociale e povertà. Ma soprattutto si scaglia con veemenza contro l’insipienza criminale delle classi dirigenti europee, della stampa e di vasti strati dell’opinione pubblica che, mentre esplode la competizione per scaricare i clandestini da un paese all’altro e si deplora il flusso crescente di immigrati, nessuno si pone la questione della causa del problema.
In altre parole, secondo il politologo americano l’Europa si merita senza attenuanti, per la propria inettitudine e doppiezza morale, di sopportare il gigantesco problema, avendo rinunciato a una propria politica estera e da almeno 14 anni sostenuto come un cagnolino il militarismo aggressivo americano che ha sterminato e dislocato milioni di persone che non avevano mai minacciato Washington, arrivando alla distruzione di interi paesi, alla lista dei quali aggiunge il Pakistan, bomba a tempo di 200 milioni di persone sull’orlo della rivolta, e così innescando, tutto a carico dell’Europa, il meccanismo delle grandi emigrazioni.
Francesco Meneguzzo