Parigi, 25 feb – Marine Le Pen si è rifiutata categoricamente di presentarsi all’interrogatorio, disposto dalla magistratura francese in merito ad un inchiesta aperta pochi giorni fa, prima delle elezioni politiche di giugno, con la certezza che il caso è stato montato ad arte solo per screditare la sua candidatura. Il leader del Front National dichiara: “I francesi sanno fare la vera differenza tra gli scandali reali e i complotti politici”, gli stessi “complotti” che sembrerebbe stia affrontando Donald Trump contro la magistratura americana e che Silvio Berlusconi ha già dovuto affrontare, con le innumerevoli inchieste subite nella sua travagliata vita politica, contro la famosa “magistratura rossa”.
Nei giorni scorsi sono finiti in stato di fermo Thierry Legier e Catherine Griset, entrambi collaboratori della Le Pen, accusati di aver sottratto complessivamente 340mila euro dai fondi europei, tramite il leader del Front National, per fini che non concernono le funzioni imposte dal parlamento europeo. I soldi dovranno essere risarciti ed in parte sono già stati sottratti dall’indennità della candidata francese. Sembra essere una vera e propria “frode all’Unione Europea”, così almeno è stata etichettata dai giornali più quotati, in una inchiesta che sta coinvolgendo complessivamente una ventina di persone, tutti assistenti degli europarlamentari del Front National.
La Le Pen fa paura, a anche tanto. È un circolo vizioso di cui è nota l’equazione che associa un partito popolare (generalmente di destra) con scandali più o meno veritieri, spesso ingigantiti dalla stampa e dalla stessa magistratura per screditarne la fama. La motivazione è semplice: se il partito è controcorrente, rappresenta i disagi veri dei cittadini ed è politicamente scorretto (non per moda, ma per coerenza degli obiettivi che si è imposto), automaticamente il terrore della sinistra porta a scagliargli contro tutte le armi che ha a disposizione: la stampa e, quando possibile, la magistratura. Al di là del ben noto caso Berlusconi, di cui tutti siamo a conoscenza delle travagliate vicende giudiziarie che lo hanno visto coinvolto nella sua carriera politica, è accostabile, a quello che sta accadendo a Marine Le Pen, la sfida che sta affrontando Donald Trump che, a pochi giorni dal suo insediamento nella casa bianca, ha subito trovato un ostacolo a fermare i suoi progetti dichiarati “anticostituzionali”. Un esempio è il blocco del famoso provvedimento contro gli immigrati provenienti da alcuni paesi islamici. Anche in campagna elettorale il tycoon è stato vittima di diffamazione, divulgazione di conversazioni private e di accuse infondate o traviate con mezze verità volte a screditarne la figura per favorire un candidato più “politicamente corretto”. Ma la Le Pen, come Trump, rappresenta invece l’esatto contrario, è politicamente scorretta e molto determinata. La popolarità del Front National in Francia è avvertita ed è considerata pericolosa, lo stesso commissario europeo e socialista Pierre Moscovici sostiene che bisogna prendere sul serio la “minaccia Le Pen”, dichiarando che è necessario “battere i populisti riducendo le disuguaglianze” e che “La questione delle disuguaglianze è fondamentale nel momento in cui viviamo. Le Pen vuole distruggere l’Unione europea e non ha senso, sarebbe un errore storico per la Francia”.
L’eccessiva lungimiranza dell’esponente socialista non gli permette di notare, o ancora peggio né è fin troppo cosciente, che il suo partito, per convenienza, da tempo non si fa più interprete degli interessi e dei disagi della classe su cui si fonda la sua ideologia: i cittadini lavoratori. Questi vivono nell’anonimato e sono stati dimenticati dal partito socialista francese, come sono stati dimenticati ed abbandonati dalla sinistra in senso generale che preferisce fare i propri affari invece di impegnarsi per una politica sana (la cosiddetta “politeia” aristotelica) volta a dare interesse, benessere e prestigio alla propria nazione e non al proprio tornaconto.
Davide D’Anselmi
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