Mosca, 14 feb – Il tribunale distrettuale Taganskij di Mosca ha emesso una condanna contro Facebook e Twitter. Entrambi i social network dovranno pagare una sanzione di 4 milioni di rubli, ossia circa 58mila euro. Certo, l’entità della multa non manderà in rovina Mark Zuckerberg e Jack Dorsey, ma la sentenza del tribunale russo ha comunque un alto valore simbolico: i colossi social non possono fare quello che gli pare.
La sovranità prima di tutto
Il motivo della sanzione è molto chiaro: sia Facebook che Twitter si sono rifiutati di conservare i dati dei propri utenti in server presenti su territorio russo. In questo modo, secondo i giudici, i dati personali dei cittadini della Federazione che usufruiscono delle due piattaforme sarebbero a rischio. La decisione è stata resa possibile da una legge varata nel 2014 dal Cremlino: tale norma obbliga infatti i social network ad archiviare i dati degli utenti russi in server che si trovino fisicamente in Russia. Una legge che il governo di Putin ha fortemente voluto per poter sorvegliare la condotta dei colossi social e dell’hi-tech. Anche perché Facebook, come si ricorderà, è già finita più volte nel mirino della critica per il modo in cui ha gestito i dati dei propri utenti. In proposito, lo scandalo Cambridge Analytica è stato senz’altro il caso più eclatante.
Facebook e Twitter non sono al di sopra della legge
I social network, com’è noto, riescono a muoversi con profitto in una zona grigia e sfuggente. Non vuoi pagare le tasse? Nessun problema, basta registrare la propria sede legale in una nazione in cui vigono le condizioni più favorevoli. Facebook, ad esempio, in Europa ha scelto l’Irlanda. Il giochino, però, non funziona sempre. E, appunto, non riguarda solo aspetti tributari. Un po’ ovunque si sta facendo sempre più urgente la necessità di regolamentare la condotta dei social adeguandola agli ordinamenti giuridici nazionali. Basti pensare alle ingerenze di Facebook nella politica italiana, con la clamorosa sentenza a favore di CasaPound Italia, o al procedimento avviato di recente dall’Antitrust. Insomma, la multa comminata dal tribunale di Mosca non è certo un caso isolato. E, speriamo, neanche l’ultimo.
Gabriele Costa