Roma, 27 gen – Buone notizie dal campo degli anticorpi monoclonali, una delle cosiddette «terapie indirette», che modulando il sistema immune dell’ospite rendono inefficace l’attacco virale e contengono i sintomi più gravi dell’infezione.

L’azienda farmaceutica americana Eli Lilly ha infatti reso pubblici in una nota i risultati di fase 3 della sperimentazione dei due anticorpi in fase di test: bamlanivimab (LY-CoV555) ed etesevimab (LY-CoV016). I dati sono a dir poco promettenti: la mortalità e il rischio di ricovero sono calati del 70% tra i pazienti sottoposti alla terapia.

Anticorpi monoclonali, il risultato della ricerca

Il test è stato condotto su 1.035 pazienti ad alto rischio con diagnosi di Covid-19. I morti in totale sono stati 10, tutti verificatisi in pazienti che assumevano placebo. Nessuno di coloro che ha ricevuto la cura a base di anticorpi monoclonali è deceduto. La terapia, si legge nello studio, «ha ridotto la carica virale e accelerato la risoluzione dei sintomi». Da un altro studio è emerso che il bamlanivimab, uno dei due anticorpi di cui è costituito il cocktail farmaceutico, è efficace per prevenire il Covid al pari di un vaccino, ma regalerebbe un periodo di immunità più breve. I ricercatori lo hanno somministrato a personale e ospiti di una rsa riducendo così i contagi dell’80%.

Modalità di somministrazione 

La somministrazione del cocktail di anticorpi monoclonali deve avvenire entro 48-72 ore dall’inizio dei sintomi, per via endovenosa e rigorosamente in regine di ricovero ospedaliero per monitorarne i possibili effetti. Essendo «anticorpi pronti all’uso» i monoclonali hanno effetto immediato. E’ sbagliato e addirittura dannoso somministrarlo a pazienti con sintomi gravi.

I limiti degli anticorpi monoclonali

Proprio in questo sta il limite del cocktail di farmaci sperimentati da Eli Lilly: sono efficaci solo se utilizzati nella fase precoce della malattia. «Per ottenere un beneficio devono essere somministrati entro 48-72 ore dalla manifestazione dei sintomi e la terapia va effettuata in ospedale per monitorare eventuali reazioni allergiche, causando ulteriore stress negli ospedali – spiega Giuseppe Nocentini, professore di Farmacologia all’Università di Perugia, membro della Società italiana di farmacologia – Ma come si fa a decidere chi trattare con un farmaco tanto costoso (fino a 2500 euro)? A oggi sappiamo che rischiano un aggravamento della malattia pazienti anziani e con malattie pregresse. Ma non è sempre così dal momento che, seppur più raramente, hanno perso la vita per Covid-19 anche pazienti più giovani, in precedenza sani».

La Germania non ha perso tempo

E se è vero che Donald Trump ha trovato una pronta guarigione grazie agli anticorpi monoclonali (il Regeneron), in Europa invece l’Ema non ne ha ancora autorizzato l’utilizzo. L’ente regolatore non ritiene i dati di efficacia ancora sufficientemente affidabili. Intanto tra gli Stati Ue c’è chi non perde tempo: nei giorni scorsi la Germania ha iniziato la sperimentazione dei farmaci monoclonali di Eli Lilly e Regeneron acquistando 200mila dosi per 400 milioni di euro – 2mila euro a dose.

Italia, al via la sperimentazione

L’Italia, dal canto suo, non resta a guardare. E’ al via la produzione di un anticorpo monoclonale sotto la guida di Rino Rappuoli con la fondazione Toscana Life Sciences di Siena. E’ previsto tra alcuni giorni l’avvio dei trial clinici e «il farmaco dovrebbe essere a disposizione dei pazienti entro aprile-maggio», ha annunciato Rappuoli specificando che gli anticorpi monoclonali di fabbricazione italiana sono efficaci anche contro le varianti del coronavirus.

Cristina Gauri

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