Roma, 9 mar – Il nuovo decreto immigrazione è sulla via della definizione. Nel Cdm “simbolico” di Cutro previsto per oggi, il governo definisce una strada che ormai sembra mestamente segnata: quella dell’immigrazionismo legale, peraltro già reso evidente dai dialoghi sul tema avviati con Bruxelles.
I punti del nuovo decreto immigrazione
In estrema sintesi, si può dire che il prossimo decreto immigrazione punti a pene più severe per le traversate irregolari e per chiunque le operi o le favorisca, ma anche a facilitazioni incredibili per entrare legalmente. La domanda che viene sempre posta, a livello concettuale, è la solita: se si legalizza un processo enormemente dannoso a livello sociale ed economico (facendo finta che non esistano i fattori culturali ed identitari) qual è la differenza sotto questo profilo? Ben poca, per non dire nulla.
Così il governo Meloni prepara un decreto immigrazione che, come riporta SkyTg24, potrebbe portare da un lato a una stretta sugli scafisti, sui trafficanti, che dovranno rispondere del reato di immigrazione clandestina (reclusione fino a 5 anni e multe di 15mila euro per ogni persona trasportata). Il che senza dubbio è cosa buona. Poi arriva l’altro lato della medaglia, ovvero il fatto di favorire gli arrivi con gli aerei e con altri mezzi di trasporto sicuri. Con il precedente decreto flussi sono già stati “programmati” 83mila ingressi regolarizzati. Ora si punta a crescere ancora. La differenza quale sarebbe? Un timbro su un documento?
Verso l’immigrazionismo legale
C’è un punto interessante del nuovo piano del governo che per onestà intellettuale non può non essere menzionato, ed è quello dei rimpatri. Oggi uno straniero irregolare viene invitato con un foglio di via a lasciare il territorio. L’idea del governo ora sarebbe di rendere effettive le espulsioni grazie anche agli accordi con il Paese di origine. Sarebbe tutto molto bello e giusto, se solo non si fosse dimostrato il più difficile dei compiti (in un contrasto che si voglia definire “serio” all’immigrazione clandestina, per lo meno). Rimpatriare è complicatissimo e accordarsi con i Paesi di origine pure (senza contare il potere di ricatto che molti di essi cercano di esercitare proprio usando i clandestini come moneta di scambio). Poi c’è l’ultima variabile che tanto per cambiare potrebbe essere l’ennesimo ostacolo. Per poter rimpatriare, i Paesi di origine devono ovviamente essere considerati “sicuri”: l’esperienza ci suggerisce che la suddetta valutazione possa essere spesso utilizzata per non favorire i processi reversibili. Ce lo ha insegnato fin troppo bene, negli ultimi anni, il concetto di “porto sicuro”, tanto usufruito dalle care Ong. L’idea generale è che l’esecutivo italiano stia virando con ben poca resistenza verso l’immigrazionismo legale. Ovvero, la sostituzione di un problema con un altro dello stesso tipo, ma con una bella firma a rendere la resa ufficiale.
Alberto Celletti
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La “Legge” fatta a Tel Aviv, i politici pagati da Soros per fare la politica fatta a Tel Aviv e noi votiamo i politici che ci governano credendo di avere cambiato qualcosa…
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