Roma, 7 mar – La vicenda della Banca Tercas ci mostra chiaramente la confusione (o la malafede) che regna a Bruxelles. Martedì scorso la Corte di giustizia dell’Unione europea ha definitivamente annullato la decisione dell’Antitrust Ue che aveva ordinato all’Italia di “recuperare da Tercas aiuti di Stato per 295,14 milioni di euro”. Il provvedimento adottato dalla Commissione era un “errore di diritto”. Questo è ciò che si legge nella sentenza della corte lussemburghese. Uno sbaglio clamoroso che costò caro a tutti gli italiani.
L’antefatto
Il caso risale al 2013. La Banca popolare di Bari era interessata a sottoscrivere un aumento di capitale di Tercas (La Cassa di risparmio della provincia di Teramo). Quest’ultima era allora in regime di amministrazione straordinaria in seguito a irregolarità accertate dalla Vigilanza di Banca d’Italia.
I pugliesi, però, non potevano rilevare l’istituto teramano a cuor leggero: troppi crediti deteriorati. Per cui chiesero (ed ottennero) l’intervento del Fondo interbancario (Fitd) per coprire il deficit patrimoniale di Tercas. Il Fitd poteva farlo. Quest’ultimo è un consorzio di diritto privato tra banche, di tipo mutualistico, che ha l’obbligo di intervenire a titolo di garanzia legale dei depositi in caso di liquidazione coatta amministrativa di uno dei suoi membri.
Il consorzio decise di approvare la richiesta della Pop Bari perché più vantaggiosa del rimborso dei depositanti di tale banca in caso di liquidazione. Nessun aiuto, nessun favore, ma solo un mero calcolo di buon senso. Banca d’Italia approvò l’operazione e tutto sembrava andare per il meglio. A dicembre dello stesso anno la Commissione Europea blocca l’operazione. Quello concesso dal Fitd a Tercas (per Bruxelles) era un aiuto di Stato e si ordinava il recupero della somma destinata a coprire il deficit dell’istituto abruzzese. Un vero e proprio colpo basso. L’Italia fece ricorso ed ebbe la meglio, ma le conseguenze furono pesantissime.
Gli organi giurisdizionali e la sentenza
Il 19 marzo del 2019 (5 anni dopo) il Tribunale dell’Unione europea (che rappresenta il primo grado di giudizio) ha reso nota la sentenza che annullava la decisione della Commissione del 23 dicembre 2015, in cui si considerava come aiuto di Stato l’intervento del fondo interbancario tutela depositi (Fitd) a favore di Banca Tercas. Ovviamente la Commissione non si accontentò di quella bocciatura e decise di ricorrere al secondo grado di giudizio.
Bruxelles si è appellata alla Corte di giustizia ma la Curia, come abbiamo visto, ha definitivamente bocciato la decisione. Il giudizio d’appello, però, è ancora più duro di quello di primo grado. “La Corte – come si legge nella sentenza – conferma che è sulla base dell’analisi di tutti gli indizi presi in considerazione dalla Commissione, collocati nel loro contesto, che il Tribunale ha accertato un errore di diritto commesso da tale istituzione quando quest’ultima ha ritenuto che le autorità italiane avessero esercitato un controllo pubblico sostanziale nella definizione dell’intervento del Fitd a favore di Tercas”.
Per arrivare a tali conclusioni non bisogna essere degli esperti di diritto. Era evidente quei soldi provenivano da un consorzio di banche private. Perché dunque l’antitrust europeo decise di intervenire? Ignoranza o malafede? Questo non è dato saperlo. Sappiamo, però, che mentre l’Italia era in attesa di giudizio il nostro sistema creditizio ha subito dei danni pesantissimi pagati da tutti i risparmiatori.
I danni del diktat dell’Antitrust
Il caso Tercas non riguarda solo il salvataggio della casa di risparmio teramana. Al contrario, quella censura voluta, o comunque accettata da Junker, ha impedito che il Fitd potesse essere protagonista nella gestione delle crisi degli istituti di credito popolari.
Il Fondo interbancario avrebbe potuto salvare Etruria, Banca Marche, Carichieti e CariFerrara? Forse. Ne è convinto il presidente dell’Abi Antonio Patuelli. Il banchiere bolognese ricorda che l’intervento del Fondo interbancario su Tercas “fu solo il primo ad essere predisposto e bloccato dalla precedente Commissione che cosi bloccò conseguentemente anche i seguenti interventi preventivi per i salvataggi delle quattro banche che furono poi risolte, ripulite dai crediti deteriorati e vendute”.
Anche la Puglia pagò un prezzo altissimo per quella decisione. La Popolare di Bari fu affossata dall’acquisizione di Tercas. In quel vortice furono anche coinvolte Mps e Carige. Nessuno vuole riabilitare i banchieri dell’epoca. Oltretutto ogni istituto di credito ha una storia diversa. Una cosa però possiamo dirla: se la mala gestio ha affondato il nostro sistema creditizio, la Commissione ci ha tolto le scialuppe di salvataggio. Mentre tutti i media si accanivano contro Zonin o il padre della Boschi, nessuno parlava della grave ingiustizia che stavamo subendo. Una vicenda che ci ricorda le privatizzazioni ai tempi di Mani Pulite. Oggi, però, si sono svegliati tutti e chiedono che venga fatta giustizia.
I risarcimenti non bastano a rimediare al danno
Patuelli chiede che risparmiatori e banche concorrenti italiane vengano risarcite in modo “adeguato e tempestivo per i gravi danni subiti a causa dell’errore di diritto compiuto dalla precedente Commissione Ue”. Sui commenti della politica è meglio soprassedere. Anche se perfino il moderato Enzo Moavero (ministro degli Esteri al tempo della prima sentenza nel 2019) aveva detto che l’ipotesi dei risarcimenti andava valutata. Detto ciò, è quasi impossibile che i risparmiatori italiani danneggiati da quella decisione possano essere indennizzati. Il motivo è fin troppo semplice: dopo otto anni è impossibile stabilire in maniera precisa la platea degli aventi diritto. Ma non mettiamo limiti alla Provvidenza.
Tuttavia, questa sentenza è molto importante per due motivi. Il primo è di ordine giuridico: un Stato non può essere ritenuto responsabile di misure di aiuto concesse da un ente di diritto privato che non sia un organismo pubblico. La seconda motivazione è esclusivamente politica. La Commissione rispecchia (che ci piaccia o meno) i rapporti di forza tra le nazioni europee. Si spera che in futuro Roma sia capace di farsi rispettare evitando intromissioni di questo tipo. Anche perché un fatto del genere in Francia o in Germania non sarebbe mai avvenuto.
Salvatore Recupero
1 commento
Ma ci sono gli Euopeisti convinti, che dinnanzi a queste vicende o si arrampicano sugli specchi o negano o peggio ancora, distorcono l’evidenza.