Londra, 11 apr – Il fondatore di WikiLeaks Julian Assange è stato arrestato nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra dopo che il governo di Quito ha revocato la concessione dell’asilo all’hacker australiano. Assange è in custodia alla stazione centrale di Scotland Yard e sarà portato al più presto davanti ai magistrati, riferisce la polizia londinese. “Posso confermare che Julian Assange, sette anni dopo essere entrato nell’ambasciata ecuadoriana, è ora sotto custodia della polizia per affrontare debitamente la giustizia del Regno Unito“: così il ministro dell’Interno britannico, Sajid Javid. “Voglio ringraziare l’ambasciata dell’Ecuador per la sua cooperazione e la polizia per la sua professionalità: nessuno è al di sopra della legge”, ha concluso Javid.
La denuncia di WikiLeaks: “Violata legge internazionale”
Julian Assange non è uscito dall’ambasciata dell’Ecuador a Londra, è stato l’ambasciatore a far entrare la polizia britannica all’interno della sede diplomatica, dove il fondatore di WikiLeaks è stato arrestato. Lo denuncia in un tweet la stessa organizzazione. Wikileaks inoltre considera l’arresto dell’hacker una violazione della legge internazionale e ha accusato l’Ecuador di aver interrotto “illegalmente” l’asilo politico di Assange.
Moreno: “Non sarà estradato in Paesi con la pena di morte”
Il presidente ecuadoregno Lenín Moreno ha confermato la sua decisione di ritirare l’asilo politico – ripetutamente violato – e ha comunque spiegato di aver ricevuto rassicurazioni da parte del Regno Unito che Assange non sarà estradato in paesi che prevedono la pena di morte. Moreno ha accusato Assange di aver partecipato direttamente alle più recenti attività di Wikileaks, compresa la diffusione di documenti riservati di altri governi ed istituzioni internazionali, spiegando che questo era una violazione dei termini dell’asilo concesso dall’Ecuador. Dal canto suo, il presidente Usa Donald Trump ha da tempo chiesto l’estradizione del giornalista/programmatore. Come è noto, l’attivista australiano è indagato per aver divulgato il contenuto di numerose e-mail, hackerate al Partito democratico degli Usa durante la campagna elettorale per le presidenziali del 2016.
Ludovica Colli
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