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Dal mistero astronomico al dilemma di civiltà: riflessioni cosmopolitiche sul caso 3I/ATLAS

by Andrea Grieco
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3I_ATLAS

Roma, 12 nov – Non si placano le voci in merito alla vera natura di 3I/ATLAS. Tra ipotesi scientifiche, teorie del complotto aliene e prospettive suggestive, il terzo oggetto interstellare confermato (scoperto a luglio di quest’anno) è sicuramente uno dei misteri “spaziali” più oscuri e interessanti degli ultimi anni.

3I/ATLAS tra osservazioni e speculazioni

Lo scorso 29 ottobre 3I/ATLAS ha raggiunto il perielio, ovvero la distanza minima dal Sole, facendo rilevare una perdita di massa significativa e un notevole incremento di luminosità. Sembra, inoltre, che l’oggetto si sia disintegrato in almeno sedici parti uguali, gettando ancora più oscurità su quale sia la sua vera entità. Risultati importanti che hanno diviso e rafforzato ulteriormente le fazioni di scienziati ed esperti: chi è convinto di avere la conferma che l’oggetto sia in realtà naturale e chi, invece, continua a sostenere la sua natura artificiale. Già mesi fa, su queste colonne, avevamo affrontato le conseguenze (non solo scientifiche) di un vero e proprio evento come 3I/ATLAS sulla consapevolezza e presa di coscienza dell’essere umano nel proprio rapporto con lo spazio. Il fatto che nuove rilevazioni dimostrino, da una parte, le caratteristiche di questo oggetto intergalattico come spiegabili da una cometa o, dall’altra, attraverso “l’ipotesi tecnologica” di Avi Loeb, non cambia le domande che questa vicenda ha portato all’attenzione globale. Ogni riflessione sull’universo è, infatti, anche una riflessione sulla civiltà.

3I/ATLAS: un possibile mito contemporaneo

Si può dire, senza dubbio, che l’entrata di 3I/ATLAS nel nostro Sistema Solare ha segnato un passaggio di prospettiva nel rapporto tra uomo e universo. Il forte impatto mediatico, su cui hanno giocato molto anche le speculazioni più “esotiche” degne di qualche film sci-fi (tecnologia aliena ostile, invasioni extraterrestri, etc.), ha pochi precedenti. Un evento del genere ci ricorda come la rappresentazione cosmica sia sempre interpretazione culturale. Non è un caso, come avevamo già sottolineato, che tra le prime spiegazioni collegate a 3I/ATLAS sia stata accreditata proprio la teoria della “foresta oscura” presente nella trilogia de Il Problema dei tre corpi di Cixin Liu: un universo nero abitato da predatori invisibili dove aleggia un’eterna minaccia di morte per ogni forma di vita che riveli la propria esistenza. 3/I ATLAS rappresenta lo sguardo verso il cosmo, una sfida mitopoietica che ridisegna la scoperta spaziale come narrazione sul destino di una civiltà. Serve fondare ora una sociologia cosmica: un nuovo modo di pensare le relazioni, i conflitti e le identità oltre il pianeta Terra su scala interstellare.

Politica del silenzio o politica della potenza

L’idea di una sociologia cosmica (come presentata proprio in La materia del cosmo, secondo capitolo della trilogia di Cixin Liu) non è in realtà così nuova. Già nel 1964 infatti, l’astronomo russo Nikolaj Kardashev propose un metodo di classificazione delle civiltà in funzione del loro livello tecnologico. La “scala di Kardashev” misura le civiltà in base alla quantità di energia che riescono a utilizzare: Tipo I energia planetaria, Tipo II energia stellare, Tipo III energia galattica. Questa visione è però viziata dal presupposto di un’umanità astratta legata a un’ipotetica civiltà generale e universalistica che non corrisponde alla realtà. Come sottolineato da Francesco Boco in Accelerazionismo eretico (Passaggio al Bosco, 2025), bisogna “abbattere la scala cosmica” negando ogni idea di civiltà umana unitaria e abbracciando una prospettiva che differenzi le stesse civiltà specifiche e le collochi su gradi diversi di sviluppo tecnologico. La stessa prospettiva che disegna la “foresta oscura” chiamata in causa per 3I/ATLAS, pur invocando una visione conflittuale dell’universo come “arena” di scontro, ricade in presupposti universalistici e fortemente basati sul moderno sistema liberale. Lo scenario della foresta oscura, con i suoi assiomiriduzionisti e la sua supposta razionalità, condivide in pieno la logica utilitaristica dellesocietàdemocratiche dei nostri tempi. L’umanità unica con un progresso condiviso e segnato da una linearità evolutiva è, anche in questo caso, il punto di partenza.

Per un sovrumanismo cosmico

Il paradigma liberale, egualitario e universalista non può essere funzionale a una sociologia cosmica che si adatti alla natura dell’universo. Per lanciare la sfida alle stelle, le civiltà guida devono superare il livellamento dell’umanesimo moderno verso un paradigma conflittuale, probabilistico e dinamico: non nascondersi in silenzio, ma esprimere la propria volontà di potenza. In questo senso si inserisce l’imperativo spaziale di civiltà, come quella europea, che hanno nel proprio retaggio ancestrale la spinta a espandersi, a conquistare e a farsi portatrici di una visione del mondo specifica. L’uomo europeo, seguendo il pensiero sovrumanista di autori come Nietzsche, Locchi e Faye, è chiamato a forgiare un tipo umano superiore attraverso un nuovo mito che rigeneri la storia: l’edificazione della civiltà cosmica è il mito del nostro prossimo futuro. Non è un caso che Guillame Faye rappresentasse l’ipotesi di altre civiltà nell’universo come sconvolgente ed “eretica” per una certa visione antropocentrica del mondo giudaico-cristiana e democratica: una “seconda rivoluzione copernicana”  intrisa di sovrumanismo. Lo stesso Giorgio Locchi definiva la volontà di potenza nietzschiana come “una volontà che vuole la propria perpetua trasformazione attraverso l’espansione”, un’espansione che trova nella conquista dello spazio il suo atto fondativo. Come a Roma l’auctoritas segnava la riproposizione della fondazione mitica in ogni gesto politico, il nuovo Prometeo europeo deve accettare la responsabilità della creazione di nuovi mondi riattivando un destino eroico e tragico.

Andrea Grieco

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