Roma, 12 mar – Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni dice la sua sul tema dell’intelligenza artificiale in un videomessaggio per l’evento, organizzato dal Dipartimento per la trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio dei ministri e AgID – Agenzia per l’Italia Digitale, dal titolo “L’intelligenza artificiale per l’Italia”.
Il discorso di Giorgia Meloni
Meloni definisce l’intelligenza artificiale “la più grande rivoluzione di questo tempo” e sottolinea come questa abbia cambiato il nostro modo di vedere la questione della tecnica. Se prima a dominare era un modello, per così dire, meccanico: “Noi eravamo abituati ad un progresso che aveva come obiettivo soprattutto quello di ottimizzare le capacità umane e che si concentrava essenzialmente sulla sostituzione del lavoro fisico, in un mondo nel quale l’uomo rimaneva comunque al centro e poteva anzi concentrarsi sui lavori di concetto, sui lavori di organizzazione”. Ora, “l’intelligenza artificiale ha ribaltato questo paradigma, perché ad essere soppiantato oggi non è più il lavoro fisico, ma rischia di essere l’intelletto umano, ovvero ciò che da sempre ha reso l’uomo insostituibile rispetto ad una macchina, insostituibile da una macchina”. Motivo per cui Meloni ritiene necessario un approccio che ponga delle limitazioni e che, per amore di sintesi, potremmo definire umanistico: “È una tecnologia che può sprigionare tutto il suo potenziale positivo solo se il suo sviluppo si muoverà in un perimetro di regole etiche che mettano al centro la persona, i suoi diritti e i suoi bisogni”.
Al lavoro su una legge per regolamentare l’intelligenza artificiale
Dopo questo inquadramento di carattere generale, Meloni descrive quanto fatto finora sul tema: “Il Governo ha scelto di avvalersi di un Comitato composto dai migliori esperti italiani che in questi mesi hanno lavorato con grande competenza per definire un documento di supporto alla definizione della Strategia nazionale per l’intelligenza artificiale, che è il documento dal quale noi partiamo per fare il lavoro che stiamo portando avanti”. Mentre il prossimo obiettivo è quello di predisporre “un provvedimento di legge che ha come obiettivo quello di stabilire alcuni principi, determinare le regole complementari a quelle del regolamento europeo che è in via di approvazione e individuare le misure più efficaci per stimolare il nostro tessuto produttivo”. E aggiunge: “Stiamo lavorando per individuare l’organismo più idoneo a svolgere le funzioni di Autorità competente sull’uso delle tecnologie basate sull’intelligenza artificiale”.
Un miliardo da Cassa depositi e prestiti per sostenere gli investimenti
Tutto questo nell’ottica di un approccio specifico da parte del nostro Paese: “Noi siamo convinti che possa e debba esistere una via italiana all’intelligenza artificiale, una via italiana allo sviluppo dell’intelligenza artificiale, una via italiana al governo dell’intelligenza artificiale”. Modello che descrive in questo modo: “Possiamo costruire questa strada solo attraverso un forte sostegno alla ricerca, alla sperimentazione, a quelle realtà produttive che in Italia già esistono ma che hanno ovviamente bisogno di essere valorizzate per diventare più forti e più competitive”. Sul tema del sostegno allo sviluppo dell’intelligenza artificiale ricorda il ruolo di Cassa depositi e prestiti, e in particolare di CdP Venture Capital, grazie a cui “sarà possibile investire un miliardo di euro sull’intelligenza artificiale, sia creando un nuovo fondo di investimento proprio specializzato sulla intelligenza artificiale, sia utilizzando fondi di investimenti che sono già attivi ma che coinvolgono questa tecnologia”.
Una “via italiana” per superare il solito spauracchio dell’Ai?
Tirando le somme di quanto detto da Meloni, ci sono sicuramente segnali incoraggianti e altri meno. Sicuramente positiva è la volontà di promuovere una “via italiana”, riconoscendo quindi il carattere nazionale della sfida che comporta l’intelligenza artificiale e la necessità di un sostegno concreto in questo campo. Tutta da vedere è invece la questione sulla regolamentazione. Se infatti è comprensibile lo sforzo di normare l’intelligenza artificiale da un punto di vista legislativo, dall’altra parte porre delle limitazioni etiche apre a diversi problemi. Come già accaduto in altri campi, basti pensare al dibattito sulle fake news e sui social networks, questo genere di limitazioni si sono rivelate una leva per imporre una certa visione del mondo. Ancora più semplicemente: dire limitazioni etiche significa dire politicamente corretto. Anche l’attenzione per mettere “al centro la persona, i suoi diritti e i suoi bisogni” è più problematica di quanto potrebbe sembrare a prima vista, sottendendo un certo tipo di umanismo e quella religione dei diritti su cui si fondano il progressismo con tutte le sue derive o – per dirla con Locchi – la tendenza egualitaria. Ma qui rischiamo di sconfinare nel filosofico.
Michele Iozzino