Roma, 22 lug – Quando si pensa di aver sentito tutto, arriva sempre qualcuno a spostare l’asticella dell’assurdo un po’ più in là. È successo di nuovo in Germania, durante una seduta pubblica in cui un esponente dell’AfD ha posto due domande semplici e di buon senso: “Quanti generi esistono? E gli uomini possono avere figli?”. A rispondere è stata Susan Sziborra-Seidlitz, infermiera, consigliere comunale a Quedlinburg, parlamentare regionale per Alleanza 90/I Verdi che ha risposto con dei consueti deliri gender.
Il delirio gender dei verdi
La risposta della politica verde è stata emblematica del clima culturale odierno: prima una battuta (“42”, citando La Guida galattica per autostoppisti), poi un’affermazione che lascia interdetti: “In teoria, un uomo può effettivamente portare una gravidanza nel peritoneo”. Quella di Frau Seidlitz però non è un’opinione isolata. Si tratta infatti del più ampio tentativo di riscrivere la biologia sotto forma di dogma politico. L’idea che un uomo possa rimanere incinto viene spacciata come “scienza”, ma in realtà è pseudoscienza travestita da progresso. Si citano ipotetiche gravidanze ectopiche per giustificare teorie assurde, si giocano con concetti estremi e marginali della medicina per imporre una visione ideologica. Questa operazione serve a fornire una parvenza di legittimità “scientifica” a ciò che resta un costrutto politico: la negazione della differenza sessuale. Il principio è semplice: se la biologia può essere aggirata, allora può essere interpretata.
Gender: un dogma post-moderno
La tesi di fondo è chiara: non esistono dati naturali, esistono solo costruzioni sociali. Non a caso, nelle università americane ed europee si cita Freud per parlare di “polimorfismo sessuale originario“, o Lacan per sostenere che il bambino entra in un “ordine simbolico binario” imposto dalla società. In questa chiave, il “sesso biologico” è già interpretato dal “genere”, quindi il corpo non è mai “naturale”, ma sempre culturalmente costruito. L’operazione più nota in questa direzione è quella di Judith Butler, che ha trasformato il genere in un atto performativo: non qualcosa che si è, ma qualcosa che si fa. Femminilità e mascolinità diventano quindi maschere, travestimenti, rappresentazioni artificialmente plasmate dal cosiddetto “dominio eterosessuale”. Questa visione si inserisce perfettamente nel paradigma della modernità liberal-progressista, dove ogni identità fissa viene cancellata in nome della volontà soggettiva. La natura è ridotta a un semplice contenitore da manipolare: il corpo è plastico, le identità sono fluide, la realtà biologica è un’”opinione superabile”.
Decostruire la società
Doveroso ribadirlo: la pretesa che “un uomo possa partorire”, o che “il sesso sia una costruzione culturale”, non nasce da un reale avanzamento scientifico. Nasce da un progetto ideologico: trasformare la biologia in opinione per destrutturare la società. È un’operazione politica e simbolica mascherata da scienza che non vuole offrire più diritti alle “minoranze”, ma imporre la soppressione di ogni condizione storico-culturale. Chi controlla le definizioni – di genere, di sesso, di normalità – controlla la società. Per questo la sinistra verde e i teorici del gender spingono per questa dissoluzione delle categorie naturali: non per progresso, ma per potere.
Vincenzo Monti