Home » Giuliano Imperatore e la religione cosmica: l’ultima scintilla degli Indoeuropei

Giuliano Imperatore e la religione cosmica: l’ultima scintilla degli Indoeuropei

by Sergio Filacchioni
0 commento
Giuliano

«Questo universo… tenuto insieme dalla continua provvidenza del dio, esiste increato dall’eternità e in eterno esisterà in futuro»

Roma, 26 giu – In questa affermazione — incompatibile con il dogma giudaico-cristiano — si condensa la visione del mondo dell’Imperatore Giuliano: una visione che non viene dal nulla, ma affonda le sue radici nell’ellenismo platonico, ma ancor di più in un’antichissima religione cosmica degli Indoeuropei. A offrirci le chiavi interpretative è il linguista e comparatista Jean Haudry, che ha ricostruito l’universo spirituale originario dei popoli indoeuropei come un sistema organico, tripartito e armonico.

Giuliano e la “religione cosmica” secondo Haudry

Nella sua opera L’Indo-européen et les Indo-Européens, Haudry presenta la religione indoeuropea come una vera e propria scienza sacra del cosmo, fondata su tre funzioni archetipiche. La prima: la sovranità sacrale, incarnata da dèi come Mitra e Varuna, portatori di diritto, ordine e visione sovrumana. La seconda: la forza guerriera, rappresentata da divinità come Indra o Ares, signori del tuono e della vittoria. La terza: la fecondità e il benessere, simboleggiate da figure come Freyja, Demetra, le acque e i gemelli salvatori. Questa struttura tripartita, tutt’altro che teorica, si riflette nei miti, nei riti, nelle lingue e perfino nelle istituzioni delle civiltà figlie della civilizzazione Indo-Europea. Fondamentale è soprattutto il fatto che questa religione non è creazionista: «Il mondo è eterno – scrive Haudry – increato e ordinato da forze divine che vi agiscono ciclicamente e simbolicamente». In perfetta sintonia con questa visione, Giuliano, nella sua Orazione a Helios Re, presenta una teologia solare che è al contempo neoplatonica e profondamente arcaica. Il Sole, per lui, non è un semplice corpo celeste, ma: «…figlio del Bene… ciò che nel mondo intelligibile è il Bene rispetto all’intelletto pensante e all’oggetto pensato». E ancora: «Helios occupa una posizione centrale e mediana tra gli dèi intelligenti… ed è agente coordinatore e unificatore». Il Sole è quindi il sovrano cosmico: ponte tra il visibile e l’invisibile, tra l’intelletto e la materia. In termini indo-europei, è la funzione regale sacrale, che guida e struttura il mondo non per imposizione, ma per irradiazione dell’Ordine.

Il Dharma: legge eterna e ordine indoeuropeo

In un’intervista del 2001, Haudry ha sottolineato che il concetto vedico di Dharma è il nome più profondo e completo per indicare l’intero ordine sacro indoeuropeo: «Il Dharma è ciò che resta invariabile al centro delle rivoluzioni di tutte le cose, e che regola il corso del cambiamento proprio perché non ne partecipa». Il Dharma è quindi la legge non scritta ma universale che tiene insieme il cosmo, la società e l’anima individuale. Non è solo morale: è forma, coerenza, funzione. E proprio qui si inserisce Giuliano. Il suo progetto religioso e politico è, di fatto, un tentativo di restaurazione del Dharma: ristabilire l’ordine cosmico attraverso il culto del Sole, riformare la società secondo le sue funzioni, elevare l’individuo mediante la conoscenza e la teurgia. Appare evidente che Giuliano non combatte il cristianesimo per reazione nostalgica, ma perché intuisce in esso l’avvento di un mondo contro-Dharma, fondato sull’irrazionale, sull’arbitrio, sulla rottura del legame con il cosmo. Egli comprese che la forza della nuova religione non stava tanto nei dogmi, quanto nella sua disciplina e organizzazione. Per questo la sua risposta non fu semplicemente filosofica, ma iniziatica: creare una contro-Chiesa pagana fondata sulla conoscenza, sulla gerarchia e sulla ritualità sacra.

Il ritorno al mito di Giuliano

Giuliano non fu un filosofo accademico, ma un teurgo: un iniziato. Nel suo discorso Alla Madre degli Dei scrive: «Non lascerai al precipizio il residuo della materia, ma anche l’immagine avrà la sua parte nella regione bagnata di luce». È il principio della partecipazione analogica: anche la materia, la parte più bassa dell’universo, può elevarsi verso il divino attraverso il rito e il simbolo. E ancora: «I miti sono solo simboli di una realtà trascendente, che la massa non può cogliere, dovendosi contentare del loro significato letterale». Qui si rivela la vera natura della religione cosmica: non superstizione, ma metafisica incarnata in forma narrativa. Il Dharma si esprime nel mito, si struttura nella gerarchia, si attua nel rito. Così nell’universo giulianeo, come in quello indoeuropeo, tutto è ordinato secondo funzione: Helios è il sovrano e mediatore divino; Ares e Marte sono la forza protettiva e combattente dell’impero; Cibele, Attis, Asclepio e Afrodite rappresentano la vita, la salute, la bellezza e la fecondità. Persino nel mito di Attis, Giuliano legge non la caduta della carne, ma: «il logos che scende nella materia non per caduta, ma per amore e desiderio di elevazione». Proprio a questa visione ciclica e ascendente, secondo lui si contrappone l’ideologia cristiana della caduta, della colpa, del giudizio.

La scintilla giulianea

L’eliolatria di Giuliano non fu né moda orientale né astrazione filosofica. Fu il tentativo tragico e consapevole di restaurare l’antica religione cosmica degli Indoeuropei. Un’operazione non reazionaria, ma archeofuturista nel senso più alto del termine. Come scrisse lui stesso: «I raggi anagogici del sole hanno uno stretto rapporto con quanti aspirano a liberarsi dalla generazione… come non dovrebbe il sole attrarre e guidare in alto le anime beate?». Giuliano non era un conservatore. Era un iniziato. Non voleva il ritorno al passato, ma la restaurazione di un ordine eterno. In un’epoca come la nostra, in cui religione significa sempre più spesso superstizione o controllo sociale, la visione giulianea del cosmo – filtrata attraverso l’ermeneutica di Haudry – risplende come una terza via: sacra, razionale, ordinata, futurista. Se l’uomo non è schiavo, l’uomo è parte del cosmo. Non redento per grazia, ma elevato per conoscenza. Nel caos digitale del terzo millennio, l’esempio di Giuliano ci appare più vivo che mai. In un mondo che ha smarrito il sacro, che confonde progresso con disintegrazione, la sua figura ci ricorda che il futuro appartiene a chi sa coniugare conoscenza e verticalità, scienza e rito, azione e mito. Giuliano non ci invita a tornare indietro, ma a restaurare l’eterno: a riscoprire un ordine cosmico che precede e supera il tempo, in cui l’uomo non è accidente del mondo, ma suo interprete sacro. In lui, come nel Dharma indoeuropeo, il domani non vuol dire uscire dalla storia, ma calarsi attivamente nella sua continuità luminosa. Solo chi sa da dove viene, può davvero sapere dove andare.

Sergio Filacchioni

You may also like

Commenta

Redazione

Chi Siamo

Il Primato Nazionale plurisettimanale online indipendente;

Newsletter

Iscriviti alla newsletter



© Copyright 2023 Il Primato Nazionale – Tutti i diritti riservati