
Inutile quindi scandire il tempo ove esso è sospeso, ricordiamo inoltre che l’anno per Roma, come per la maggior parte delle civiltà indoeuropee, iniziava a Marzo con la primavera. Ma già con Numa Pompilio, secondo re di Roma, i due mesi invernali vengono calendarizzati; evidentemente le attività della civiltà nascente non potevano arrestarsi neanche in questo momento dell’anno. E istituisce così il mese successivo al decimo, che diventa sacro a Giano, al Dio degli inizi, colui che presiede le soglie, la porta per eccellenza, il cambiamento di “stato” interiore soprattutto, non cambia per Roma l’inizio del nuovo anno che resta a Marzo enon a gennaio. Non inizia con Giano quindi l’anno secondo il calendario romano, ma non crediamo che Numa fosse stato un Re disattento alle cose sacre e men che meno avrebbe atrtribuito a Giano un mese a copertura di un vuoto “temporale”.
Giano presenzia a ridosso dell’inizio dell’anno solare, a ridosso del solstizio d’inverno, presenzia quindi il cambiamento di stato per eccellenza. Sarà poi in seguito Giulio Cesare con il calendario “Giuliano”, a fare di Januaris (mesi dedicato appunto a Janus) il primo mese del calendario romano. Un mese che rappresenta dunque un cambiamento di stato inteso come un nuovo ciclo che ripercorre le date dell’anno precedente, per affrontarle ciclicamente e rinnovare ciò che le caratterizza. Cerchiamo di spiegarci meglio: una data viene definita “sacra” a seguito di un avvenimento straordinario vissuto sul piano interiore, sperimentale e degno di essere annoverato, cristallizzato il momento esso DEVE essere rivissuto nel corso del tempo per alimentarne la forza e per attingerne la potenza. Non basta il ricordo, non basta l’atteggiamento devozionale; quel momento straordinario va rivissuto da coloro che si approcciano ad un calendario sacro, compreso quindi e riproposto.
Chiaramente all’inizio di una civiltà avremo poche date “degne” di essere annoverate, ma che dovrebbero essere sempre fissate in un calendario. Ripercorrere il ciclo con questi punti fermi per un rinnovato slancio, come una rincorsa per saltare l’ostacolo, pettinare l’intento avendo ripercorso dei fondamenti della nostra civiltà, abbracciare il sentire tradizionale per lanciare il vessillo oltre le linee nemiche e avanzare in riconquista, questo il senso del ritmo, è un allenamento per affrontare in forma coordinata le nuove sfide o, meglio, tentare di superarsi e di superare il ciclo stesso.
Marzio Boni