Roma, 29 lug – Lo conobbi durante un’università d’estate in Francia ventisei anni fa, e non era un personaggio banale. Parlo di Horst Mahler, deceduto il 27 luglio a Berlino all’età di 89 anni, gran parte dei quali trascorsi in prigione. Un po’ come nel XIX secolo era accaduto ad Auguste Blanqui, un militare a capo dei socialisti francesi che non faceva in tempo ad uscire che già si lasciava trascinare in una nuova sommossa. Si guadagnò il soprannome di “uomo prigioniero”, perché trascorse dietro le sbarre ventisette dei suoi settantasei anni.
Mahler, da prigioniero rosso a prigioniero bruno
Horst Mahler ne ha trascorsi ventitré su ottantanove. Con l’assurdità di una brevissima scarcerazione nel 2016 per gravissimi motivi di salute, tempestivamente revocata dalle autorità. Dieci anni da prigioniero rosso (1970-1980) e dodici, nel terzo millennio, come prigioniero bruno. Una storia appassionante e contraddittoria, in cui spiccano la tenacia, il coraggio, la volontà e la tempra. Nipote di un comandante delle SA e figlio di un membro del partito nazionalsocialista che commise suicidio con la caduta, Mahler si ritrovò ad est, prima di riparare ad ovest nel 1949. Animo inquieto e ribelle, inizò a militare tra i giovani socialisti – cosa molto diffusa subito dopo il Terzo Reich, si pensi a Günter Grass – per poi radicalizzarsi, una volta divenuto avvocato. Animatore di quello che da noi si sarebbe chiamato Soccorso Rosso, fu uno dei fondatori della Rote Armee Fraktion e organizzò l’evasione del suo capo Baader. Con lui e una ventina di guerriglieri comunisti, dopo aver compiuto tre rapine, partì in Giordania per addestrarsi militarmente. Tornato a Berlino in latitanza operativa, venne arrestato e condannato a quattoridici anni, dei quali ne avrebbe scontati dieci.
La trasformazione ideologica
Ne uscì trasformato, soprattutto ideologicamente. Quando lo conobbi gliene chiesi il motivo. Come Mussolini, ha dedotto che la lotta di classe è reazionaria e l’elemento rivoluzioario è la nazione? La sua risposta mi sorprese. “No, dopo un anno di reclusione sono stato assegnato alla biblioteca del carcere, lì, leggendo Hegel, ho scoperto che Marx lo aveva travisato e quindi aveva probabilmente travisato tutto, così mi interessai al nazionalsocialismo”. In rete risulta che uno dei suoi avvocati, il futuro ministro Otto Schily, gli avrebbe procurato l’intera bibliografia di Hegel. Siccome non vi è ragione che Mahler mi abbia mentito, e neppure che la notizia dell’avvocato sia falsa, ne deduco che questo regalo sia stato successivo al suo interessamento in biblioteca. Una tale figura di punta dei rivoluzionari rossi aderì a sopresa all’Npd di cui divenne poi avvocato. Questo prima di procurarsi un’infinità di condanne per dichiarazioni politiche perseguibili.
Un incontro memorabile
Fu in quel periodo che lo incontrai. Diede una conferenza in tedesco cui parteciparono tutti i fiamminghi presenti (una ventina). Mi ci aggregai per rispetto benché non riuscissi a seguirne più di un decimo. A un certo punto vidi che parlava di me con il fiammingo che stava in cattedra con lui, e che conoscevo. Alla fine della conferenza venne a incontrarmi, dicendo che aveva saputo che eravamo entrambi oggetto di repressione. Gli feci notare che le proporzioni non erano le stesse e che di fronte a lui ero un dilettante. E ancora non aveva subito le condanne peggiori! Ma non è tutto. Dieci minuti dopo aver finito con lui, due fiamminghi vennero a parlarmi. Avevano combattuto entrambi mezzo secolo prima sul Fronte dell’Est. Mi dissero che avevano saputo da Mahler che io ero “proprio uno di loro”. Considerazione esaltante quanto immeritata ma che, se mai ce ne fosse stato bisogno, t’impegna per tutta la vita. Uno di essi, Bert, si era addirittura arruolato nella Kriegsmarine prima ancora che l’esercito europeo fosse istituito. Da quel giorno ho avuto l’onore e il piacere di frequentarlo.
Mahler, un eretico convinto
Non fosse che per questo, Horst Mahler resterà per sempre nei miei ricordi e nel mio cuore. Il suo calvario successivo si deve alla tigna che mantenne nel difendere posizioni maledette. Qualsiasi cosa si pensi in merito, si tratta di condanne per affermazioni di pensiero. In particolare quelle del cosiddetto “negazionismo” che costa anni di carcere a chiunque lo faccia suo. Come Ursula Haverbeck condannata a morire in carcere all’età di 96 anni. Come non pensare ai dogmi religiosi del passato? Quelli, per intenderci, che condannavano Galileo per avere osato sostenere che la terra gira attorno al sole. Horst Mahler in tutta la sua vita, in ogni esperienza della sua vita, fu un grande eretico. Lo fu con convinzione, con dignità e con interezza. Si diceva in passato di molti che erano disposti a difendere la loro fede fino al rogo. Horst Mahler, come nonna Ursula, l’hanno conservata nel rogo delle loro vite ardenti. Un processo di letterale catarsi.
Gabriele Adinolfi