Roma, 20 lug – Milano non è più soltanto la capitale della moda, del design e della finanza. È diventata, a tutti gli effetti, la capitale della corruzione urbanistica. L’inchiesta della Procura meneghina esplosa in questi giorni non lascia spazio a dubbi: dietro i grattacieli scintillanti e le rigenerazioni urbane vendute come “miracolo internazionale”, si nasconde un sistema marcio che ha trasformato l’urbanistica in un affare privato, svendendo la città a palazzinari e costruttori d’élite.
Un “vorticoso circuito di corruzioni”
Le parole dei magistrati sono pesantissime. Si parla di un “vorticoso circuito di corruzioni tuttora in corso”, di “spregiudicatezza”, di un sistema che ha “disgregato ogni controllo pubblico sull’uso del territorio”. In altre parole, si è costruito di tutto e di più, abbattendo edifici e tirando su torri e grattacieli a colpi di Scia (le autocertificazioni che in teoria servirebbero solo per restauri). Il tutto in barba ai piani regolatori e agli interessi dei cittadini. A finire sotto inchiesta sono 21 persone. Tra loro ci sono nomi che raccontano bene il patto tra politica e affari che da anni governa Milano: Beppe Sala, sindaco, icona della sinistra mondialista e dei salotti buoni; Manfredi Catella, re del mattone e presidente di Coima, il gruppo immobiliare più potente della città; Giancarlo Tancredi, assessore all’Urbanistica; Giuseppe Marinoni, ex presidente della Commissione Paesaggio, definito dai pm uno “spregiudicato faccendiere”; Stefano Boeri, l’archistar del Bosco Verticale, già interdetto da incarichi pubblici in un altro scandalo.
Il metodo Milano: cemento senza regole
Dal 2018 Milano ha sperimentato un modello di sviluppo urbano “fluido”, come lo definiscono i suoi sponsor. Nella realtà dei fatti, significa costruire grattacieli con la scusa delle “ristrutturazioni”. Grazie a una determina comunale, basta presentare una semplice Scia per abbattere e ricostruire un edificio, anche se si passa da una villetta a una torre di 25 piani. Il tutto senza piani attuativi, senza opere di urbanizzazione, senza spazi pubblici. Un sistema perfetto per chi vuole fare affari, molto meno per i cittadini. I prezzi delle case sono schizzati alle stelle e i milanesi vengono cacciati verso l’hinterland. Nel frattempo, la sinistra di governo ha chiuso un occhio (o tutti e due), parlando di “rigenerazione urbana” e “densificazione”, parole dietro cui si nasconde il solito cemento d’élite. Infatti sono i fondi sovrani del Golfo, come quelli di Qatar, Emirati Arabi e Arabia Saudita, che stanno investendo massicciamente nelle città italiane, soprattutto a Milano. Acquistano interi quartieri, hotel di lusso, grattacieli e operazioni immobiliari strategiche, contribuendo alla finanziarizzazione del territorio e spingendo ancora più in alto i prezzi, spesso senza alcun ritorno per la cittadinanza locale.
La legge Salva-Milano: quando il sistema voleva diventare nazionale
Nel 2024 il Parlamento, con il voto della maggioranza e dell’opposizione (tranne M5S e Verdi), ha tentato di trasformare il “modello Milano” in legge per tutta l’Italia. La cosiddetta Salva-Milano avrebbe legalizzato la costruzione selvaggia passando per autocertificazioni e deroghe ai piani regolatori. A firmarla sono stati deputati di Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia e persino del Pd e di Azione. La legge è morta in Senato dopo lo scandalo che ha travolto Giovanni Oggioni, ex dirigente comunale arrestato nel marzo 2025, beccato mentre dettava gli emendamenti direttamente ai parlamentari. Tra le accuse mosse al sindaco Sala c’è anche il caso del “Pirellino”, il progetto di riqualificazione di un vecchio grattacielo affidato a Catella e Boeri. La Commissione Paesaggio, inizialmente contraria al progetto, è stata sottoposta a pressioni fortissime. In un messaggio intercettato, Boeri scrive al sindaco: “Prendilo come warning per domani”. Il giorno dopo il parere cambia: approvato, “a testa bassa”, come riportano i pm.
Sala si difende, ma traballa
Il sindaco respinge ogni accusa e si dice “demoralizzato”, ma per ora non pensa alle dimissioni. Accusa la magistratura di metodo scorretto per non averlo avvisato dell’indagine e minimizza il proprio ruolo: “Non ho nemmeno il numero di Marinoni”, ha detto alla stampa. I magistrati ovviamente sostengono il contrario: per loro Sala avrebbe condiviso con l’assessore Tancredi le strategie per controllare la Commissione Paesaggio e piegarla agli interessi dei costruttori amici. La vicenda di Milano è l’ennesima dimostrazione che destra e sinistra si spartiscono il sistema molto più di quanto non sembri all’apparenza. Da una parte la sinistra globalista che fa affari con le grandi famiglie immobiliari e finanzia la gentrificazione con la scusa della modernità. Dall’altra, una destra affarista che pensa al mattone come unico motore dello sviluppo e tenta di estendere il sistema al resto d’Italia.
La città globale: un modello predatorio
La retorica di Milano città globale si scontra oggi con la realtà. Non è Londra, non è New York. È una città italiana che ha dimenticato i propri cittadini, cacciati dalle case popolari per fare spazio ai loft di lusso, ai grattacieli dei fondi esteri e alle torri per pochi privilegiati. Ora, dopo anni di costruzioni senza regole, si scopre che tutto era possibile perché qualcuno chiudeva un occhio e apriva il portafoglio. Il caso di Milano dovrebbe aprire gli occhi a chi ancora crede nella favola della “città globale”. Serve un modello diverso, che parta dal territorio e dalla popolazione reale, non dagli interessi delle multinazionali del mattone. Bisogna fermare la svendita delle città italiane, difendere la proprietà popolare, bloccare la gentrificazione forzata e riportare la politica urbanistica sotto il controllo dei cittadini, non dei palazzinari e degli archistar. Per ora, il “modello Milano” è diventato un caso giudiziario. Ma deve diventare anche un caso politico e culturale: un esempio di quello che non bisogna più fare.
La percezione della sicurezza
Nei messaggi tra Stefano Boeri e Beppe Sala emerge inoltre un retroscena significativo sulla gestione della sicurezza a Milano e sulla comunicazione politica intorno ai fatti di cronaca. In una chat infatti leggiamo che Boeri riferisce di un suo comunicato relativo a uno stupro avvenuto vicino all’Old Fashion, ma decide di bloccare la pubblicazione sul Corriere della Sera per evitare che si crei un allarme mediatico sulla “sicurezza Milano”. Nonostante questo, ammette che il problema esiste e sollecita un intervento immediato, citando anche episodi di violenza della stessa notte, tra cui l’aggressione al figlio di Simona Ventura. Propone addirittura l’ipotesi di un presidio militare, preoccupato che possa scapparci il morto. La risposta del sindaco Sala conferma di aver già informato l’assessore alla Sicurezza Anna Scavuzzo e promette di affrontare la questione col questore. Il contenuto di questa conversazione lascia emergere un duplice problema: da un lato la percezione di una città fuori controllo di notte, dall’altro la volontà politica di minimizzare o controllare la comunicazione per non compromettere l’immagine di Milano come “modello vincente”. Un equilibrio malsano tra ordine pubblico e gestione dell’opinione pubblica che oggi, alla luce delle inchieste in corso, appare sempre più ipocrita e funzionale alle narrative progressiste.
L’Italia intrappolata tra immobilismo e speculazione
In Italia lo sviluppo urbano sembra intrappolato in un’alternativa fallimentare: da un lato il partito del “no a tutto”, fatto di comitati che bloccano qualsiasi opera con veti incrociati, dall’altro un modello predatorio in mano a costruttori, fondi finanziari e politica compiacente. L’inchiesta su Milano racconta proprio questo: una città svenduta ai palazzinari sotto la retorica della modernità, con grattacieli spacciati per ristrutturazioni e l’espulsione della popolazione storica per far spazio a un’élite globale. Ma il problema non è solo milanese: se guardiamo a Roma, il meccanismo è analogo, anche se travestito da evento religioso straordinario. Il Giubileo, come l’Expo o le Olimpiadi, diventa un’occasione per vedere un sindaco commissario, cantieri fuori controllo, appalti in deroga e una gestione urbanistica emergenziale che scavalca le regole ordinarie. Milano costruisce per attrarre capitali esteri e creare un mercato immobiliare per pochi; Roma rifà le piazze per i pellegrini e i turisti, mentre i quartieri popolari restano abbandonati. In entrambi i casi, il risultato è lo stesso: le città vengono trasformate in vetrine per chi può permettersele, mentre i cittadini reali vengono messi da parte. La politica nazionale sembra incapace di proporre un modello alternativo che coniughi sviluppo vero e tutela del territorio e delle comunità locali. Se non si rompe questo schema, continueremo a oscillare tra immobilismo e corruzione.
Sergio Filacchioni