Roma, 1 ago – Nella giornata del 1° agosto, su delega di diverse Procure minorili, la Polizia ha condotto una serie di perquisizioni a carico di 22 minorenni tra i 13 e i 17 anni, residenti in varie regioni italiane. L’operazione, coordinata in diverse sedi da Digos e polizia postale, riguarda sospetti legami dei giovani con ambienti ideologici estremisti: suprematismo bianco, jihadismo online, antagonismo anarchico e forme miste di radicalismo giovanile.
Arresti e perquisizioni a minorenni
I provvedimenti sono partiti da attività di monitoraggio digitale e da inchieste già avviate negli anni precedenti, in particolare tra il 2023 e il 2024, che avevano portato a segnalazioni, fermi o arresti di soggetti maggiorenni in contesti analoghi. In Sardegna, tre minori (due di Oristano, uno di Sassari) sono stati perquisiti nell’ambito di un’indagine su un 19enne già detenuto per arruolamento con finalità terroristiche. Nella sua abitazione era stato trovato materiale ideologico e simbolico riconducibile a movimenti suprematisti, compresi riferimenti a noti attentatori di massa. Tra i materiali sequestrati oggi: giocattoli privi di tappo rosso, manuali in lingua inglese e abbigliamento militare. In Lombardia, le perquisizioni hanno interessato adolescenti residenti nelle province di Mantova, Cremona, Bergamo e Milano. Uno dei soggetti è accusato di aver pubblicato contenuti nazisti e antisemiti su Telegram, mentre altri risultano legati a indagini precedenti su un 14enne identificato nel 2023. Anche qui, il materiale sequestrato è di natura prevalentemente digitale. In Toscana, i controlli si sono concentrati su alcuni episodi di imbrattamento con simboli e slogan di matrice discriminatoria. A Livorno due minori sono stati denunciati per aver fatto esplodere un piccolo ordigno artigianale davanti a una scuola superiore a fine maggio. In Emilia, due ragazzi sono stati individuati per aver partecipato a una manifestazione non autorizzata a Bologna, degenerata in danneggiamenti a telecamere e vetrine. A Ravenna, un altro adolescente è accusato di aver condiviso contenuti del canale jihadista “Al-Raud Media Archive”, associato all’ISIS. Ulteriori perquisizioni sono state effettuate in Calabria, Veneto, Sicilia e Puglia, in contesti simili, con accuse che spaziano dalla propaganda ideologica all’apologia di reato, fino al porto improprio di oggetti potenzialmente offensivi.
Nessuna operatività, solo chat
Dai primi elementi emersi, i soggetti coinvolti non risultano legati a gruppi organizzati, né dotati di strutture operative. In molti casi si tratta di azioni individuali o interazioni digitali – messaggi in chat private, contenuti condivisi su canali chiusi, riferimenti simbolici e linguaggi mutuati da ambienti radicali esteri. Alcuni adolescenti sembrano aver replicato format narrativi e stilistici già noti nel mondo online, senza un reale passaggio ad attività materiali. I dispositivi sequestrati – smartphone, hard disk, computer – verranno ora analizzati in dettaglio. La procura ha dichiarato che alcune chat contenevano espressioni violente, inneggiamenti ideologici e riferimenti ad azioni eclatanti, ma al momento non risulterebbero piani imminenti o coordinati. L’operazione si inserisce in un clima istituzionale di maggiore attenzione alla radicalizzazione giovanile, anche alla luce del recente decreto sicurezza approvato dal governo, che amplia le possibilità di intervento contro forme di propaganda, apologia e disordini pubblici, anche in ambito minorile. Secondo il nuovo quadro normativo, non è necessario che vi sia un reato consumato: è sufficiente la presenza di segnali ritenuti sintomatici di un rischio concreto per la sicurezza pubblica. Questo approccio – condiviso da molte procure minorili – si basa su una logica preventiva, ma solleva interrogativi sul piano dell’effettiva proporzionalità delle misure e sull’interpretazione del concetto di “pericolosità ideologica”.
Trasformare minorenni in terroristi
Il fenomeno delle radicalizzazioni giovanili via web è noto, soprattutto per la sua dimensione simbolica, caotica e spesso imitativa. La maggior parte dei contenuti estremisti consumati o condivisi da adolescenti in questi ambienti proviene da contesti digitali esteri, connessi alla cultura dei meme, al linguaggio satirico-politico e a narrazioni violente spesso decontestualizzate. Molti giovani coinvolti in queste dinamiche non hanno alcuna militanza reale, né compiono atti politici nel senso tradizionale del termine. Piuttosto, sembrano rifiutare l’impegno diretto, preferendo spazi virtuali che funzionano come zone di espressione, rifugio o provocazione. Tuttavia, colpire indistintamente ambienti informali, virtuali o simbolici senza distinguere tra rischio, suggestione e reato concreto rischia di alimentare una dinamica opposta a quella desiderata e di trasformare dei minorenni affascinati e confusi in mostri da sbattere in prima pagina per alimentare le paranoie securitarie degli italiani. Laddove manca un progetto criminoso definito, il confine tra prevenzione e repressione delle devianze culturali o ideologiche si fa sottile, anzi quasi inesistente: sembra quasi che ciclicamente (diremo ad orologeria) serva creare i “terroristi per caso” per far uscire la notizia e alimentare così la narrazione emergenziale della lotta all’estremismo “fascio-jihadista-accelerazionista”. Una forma molto contorta ma efficace di soft power occidentale. Ma se si inizia a trattare un adolescente come un terrorista per una frase, un simbolo o una lettura, si cedere il passo a una sorveglianza ideologica permanente, strutturale e pervasiva. L’effetto finale è duplice: da un lato si crea un allarme sproporzionato, dall’altro si legittima un’idea di sorveglianza ideologica continua, anche in ambito educativo. Un’impostazione che meriterebbe una riflessione più ampia, prima di diventare prassi consolidata.
Sergio Filacchioni