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Macron riconosce la Palestina: politica, potere e il tramonto del dogma sionista

by Sergio Filacchioni
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Palestina

Roma, 25 lug – È arrivata oggi l’ufficialità: la Francia riconoscerà lo Stato di Palestina a settembre, nel corso della prossima Assemblea generale delle Nazioni Unite. L’annuncio, anticipato mesi fa e oggi ribadito dal presidente Emmanuel Macron con una comunicazione ufficiale su X, segna una rottura storica nella politica estera europea e apre un nuovo fronte nelle dinamiche del Medio Oriente.

La Francia riconoscerà la Palestina

Si tratta del primo Paese del G7 a compiere un simile passo, e lo fa in un momento di totale stallo nei negoziati per il cessate il fuoco a Gaza, dopo il ritiro di Israele e Stati Uniti dal tavolo del Qatar. Il riconoscimento, seppur simbolico sul piano immediato, ha un peso politico e diplomatico considerevole: viene da un membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell’ONU e rimette la questione palestinese al centro dell’agenda internazionale. Fino ad ora, l’Europa ha mantenuto una posizione ambigua, legata alla linea statunitense: sostegno militare, politico e mediatico quasi totale a Israele, accompagnato da vaghi appelli al “dialogo” e alla “soluzione a due Stati”. Con questa mossa, Parigi scardina il blocco dell’unanimismo atlantico e apre la porta a nuove posizioni tra i Paesi europei. Non si tratta di un’iniziativa isolata. Già Spagna, Irlanda e Norvegia hanno riconosciuto formalmente lo Stato palestinese nei mesi scorsi. Il Regno Unito, pur con toni più cauti, ha ammesso che un simile passo potrebbe essere parte di “una vera soluzione a due Stati”. La Germania e l’Italia, invece, rimangono silenti: nessuna apertura concreta, nessuna posizione autonoma. Roma continua ad allinearsi, ma niente è per sempre.

Israele: nessuna legittimità alla Palestina

L’annuncio francese ha provocato una reazione durissima da parte del governo israeliano. Il premier Benjamin Netanyahu ha parlato di “premio al terrore”, accusando la Francia di voler creare “un nuovo rappresentante dell’Iran” nel cuore del Medio Oriente. Ha inoltre ribadito che, secondo Israele, i palestinesi “non vogliono uno Stato accanto a Israele, ma al posto di Israele”. Parole che riflettono l’atteggiamento storico dello Stato ebraico verso ogni forma di riconoscimento della Palestina: un rifiuto totale di qualsiasi legittimità al progetto statale palestinese, anche quando sostenuto da governi e istituzioni internazionali. L’appello alla retorica del terrore poi è irricevibile da parte Israeliana: il massacro in corso nella striscia di Gaza; gli attacchi unilaterali a Syria, Libano e Iran; il tentativo di annessione della Cisgiordania; tutto l’operato israeliano dal 7 ottobre ad oggi è un’escalation che non trova più nessuna giustificazione nella “guerra ad Hamas”. E il mondo ha cominciato ad accorgersene.

Macron apre una crepa simbolica

Ovviamente la scelta francese non è dettata da “pie illusioni”. Se Hamas esulta parlando di “un passo positivo nella giusta direzione” è perchè non potrebbe dire altrimenti. Ma da qui a considerare la Francia uno sponsor della causa palestinese senza interessi ci passa un mare. Il nostro: Mediterraneo. La decisione francese deve essere letta all’interno di una nuova fase geopolitica, che evidentemente corrisponde anche ad esigenze di natura squisitamente interna. La guerra a Gaza ha spostato l’attenzione mondiale, e diversi attori vogliono ridefinire gli equilibri regionali. Il riconoscimento della Palestina, in questo quadro, diventa uno strumento politico per rientrare nei grandi giochi, non un atto di pura e semplice solidarietà. È una sfida al sistema costruito negli ultimi decenni, dove Israele godeva di impunità diplomatica e copertura strategica permanente. Che sia Macron ad aprire questa crepa è paradossale, ma anche un indizio: qualcosa si muove persino nel cuore dell’Europa ufficiale, quella che per anni ha seguito in modo disciplinato la linea atlantica e israelocentrica senza mai discostarsene.

La marginalità si combatte con scelte di rottura

Il fatto che oggi uno dei principali Paesi dell’Unione Europea decida di riconoscere formalmente lo Stato di Palestina indica che la narrativa imposta dopo l’11 settembre non regge più, e che anche nei palazzi del potere occidentale si comincia a fare i conti con il nuovo disordine mondiale. Non è una svolta ideologica, ma una presa d’atto realistica: il mondo è cambiato, e l’Europa non può più permettersi di restare silenziosa, mentre altri — dagli USA alla Cina, passando per Russia, Turchia e monarchie del Golfo — determinano le regole del gioco. In questo contesto, la Palestina torna ad essere una cartina di tornasole della credibilità internazionale. E chi oggi la riconosce non lo fa per idealismo, ma perché ha capito che la marginalità strategica europea si combatte con scelte di rottura, anche simboliche. La storia è aperta. E chi resta fermo, come l’Italia, rischia ancora una volta di non contare nulla.

Sergio Filacchioni

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