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Risparmiateci la favola del lupo a caccia d’inclusività

by Marco Battistini
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Roma, 17 dic – È diventato virale in queste ultime ore un video, commissionato proprio per il periodo natalizio dalla catena di supermercati francesi Intermarché, nel quale un lupo fa di tutto per diventare vegetariano. O meglio, per farsi accettare dagli altri animali del bosco.

Le sequenze del video e le reazioni della stampa 

Passa il lupo e tutti, nella foresta innevata, scappano. L’animale più famoso delle favole sembra prendersela sul personale: problemi – per così dire – di dieta, fa notare un riccio rimasto solo in mezzo alle palline cadute dall’albero di Natale. Così nei due minuti del filmato troviamo il protagonista intento in cucina con improbabili minestroni e discutibili zuppe di ortaggi – almeno per i suoi gusti. Fino alla scena conclusiva nella quale, grazie a un sformato completamente vegano, trova posto al cenone organizzato dai suoi nuovi amici vegetariani.

Uno spot “molto toccante e commovente, in realtà incentrato sulle relazioni” per il Corriere della Sera. Secondo lo stesso quotidiano milanese, a quanto pare positivamente colpito da questo predatore che “si fa amico di tutti, il messaggio da leggere riguarda una non meglio precisata universalità: “si teme solo ciò che non si conosce” perché possiamo “sempre provare a trovare qualcosa che unisce, per superare ciò che invece divide”.

Grande partecipazione emotiva anche dalle parti del Fatto Quotidiano, evidentemente intenerito dal “lupo che diventa vegetariano per non essere più incompreso”.

Diventare ciò che non si è?

Ora, passi pure per buona la versione ufficiale che vede nella volontà di Intermarché la diffusione del video per sensibilizzare il pubblico sulle proprie abitudini alimentari. Magari proprio per limitare il consumo di carne. Il problema è che la favola – perché di questo si tratta: breve, con animali antropomorfi e scopo educativo – non riesce comunque a reggersi in piedi

Questo perché si chiede al lupo di diventare ciò che non è. Tanto che nel suo tentativo di trasformazione (involuzione) il protagonista dal manto grigio intento a pescare sulla superficie ghiacciata di un lago si fa pure bullizzare da un simpatico airone.

Un simbolo arcaico

Ma c’è di più. In questo contesto egualitario che cancella con un colpo di spugna la variegata complessità della natura (quindi dell’essere umano) viene colpito, ovviamente con declinazione petalosa, uno dei simboli più importanti del nostro immaginario continentale.

Come ricorda Adriano Scianca nella prefazione del quattordicesimo quaderno della collana “I Grandi Italiani”, numero dedicato a Francesco d’Assisi, uno degli episodi più caratteristici della vita del patrono nazionale riguarda proprio la conversione di “frate lupo”. Il Santo, pur non prendendo le parti della fiera, non la scaccia nè cerca di modificarne l’essenza: ci stipula piuttosto un patto, “un’alleanza tra lato diurno e lato notturno dell’esistenza”.

Il lupo: dimensione selvaggia, furore gerarchico 

Ma sarebbe a dir poco riduttivo esaurire la figura europea del lupo con la parabola del poverello d’Assisi. Nemico ancestrale del gregge, la sua dimensione selvaggia non conosce né caos né individualismi. Anzi, si fortifica nel furore gerarchico della comunità, nello specifico del branco. Un vincolo fondato sulla lealtà – che ad esempio altri simili, come gli sciacalli, non conoscono.

Ha scritto su queste pagine Carlomanno Adinolfi: “lo stesso termine greco lykos potrebbe anche nascondere una radice che riporta al termine luce”. E allora, almeno in questi giorni di attesa verso il nuovo sole, risparmiateci la favola del lupo a caccia d’inclusività.

Marco Battistini 

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