
Se i primi due trimestri dell’anno hanno fatto segnare, rispettivamente, -0.1% e -0.2, il terzo -periodo da giugno a settembre- registra un andamento che rimane in area negativa. Il Pil cala infatti di un ulteriore -0.1% rispetto al periodo precedente, che diventa -0.5% su base annua. Con il segno meno anche tutti gli altri fondamentali economici: -1% gli investimenti, -0.3% le importazioni, -0.1% l’agricoltura, -0.6% l’industria, mentre le costruzioni segnano un più drammatico -1.1%. Sempre secondo i dati dell’istituto di statistica, gli unici due indicatori che si affacciano timidamente sopra lo zero sono i consumi delle famiglie (+0.1%) e le esportazioni che crescono del +0.3%.
Al di là dei dati, in larga parte attesi, a preoccupare è la costante erosione delle stime: le previsioni si mostrano sempre del tutto inattendibili, se è vero che anche in questo caso la stessa Istat ha dovuto rivederle al ribasso. Non fanno invece ormai più testo i numeri forniti nei documenti ufficiali, ormai del tutto inaffidabili. Lo stesso vale per le parole del premier Renzi, che non più tardi di aprile azzardava: «La crescita la stimiamo allo 0,8%».
In gergo tecnico, si parla di recessione se la dinamica della crescita del Pil è negativa per almeno due trimestri di fila. Questo appena registrato è il terzo consecutivo, con l’annus horribilis 2014 che dovrebbe, stando alle prime proiezioni, a consuntivo segnare nel complesso un calo dello 0.3%.
Filippo Burla