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Bologna, 2 agosto 1980: anatomia di un depistaggio

by La Redazione
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Bologna

Roma, 2 ago – La mattina del 2 agosto 1980, un ordigno di enorme potenza esplose alla stazione ferroviaria di Bologna, distruggendo parte dell’edificio e uccidendo più di 80 persone e ferendone oltre 200 – questo è l’unico fatto su cui tutti concordano. Tutto il resto non è chiaro: la colpa è di fascisti e massoni, come proclama la versione ufficiale? Quante persone sono morte davvero? E soprattutto… fu davvero un attentato?

La strage di Bologna

La forte esplosione alla stazione di Bologna avvenne alle 10.25 del 2 agosto 1980 e appena un giorno dopo, prima ancora che le indagini fossero iniziate sul serio, l’allora presidente del Consiglio, Francesco Cossiga, annunciò che i responsabili erano i “fascisti”. Iniziò così una lunga e complicata ricerca dei colpevoli, ma limitata esclusivamente all’area di destra, che portò a individuare in Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, responsabili dell’organizzazione di estrema destra Nuclei Armati Rivoluzionari, i principali responsabili. Furono arrestati nel febbraio 1981 e alla fine condannati come autori dell’attentato a seguito di un processo iniziato nel 1987. Oltre a loro, altri due terroristi dei NAR, Luigi Ciavardini e Gilberto Cavallini, furono condannati con sentenza definitiva in relazione all’attentato di Bologna. Ma non è finita qui: tra il 1987 e il 2024 si sono svolti in totale cinque processi in cui sono state condannate diverse altre persone, tra cui i presunti mandanti dei terroristi appartenenti alla loggia massonica Propaganda 2 (nota come P2).

False testimonianze

Questa versione ufficiale, tuttavia, solleva una serie di interrogativi. In primo luogo, i NAR era una piccola organizzazione terroristica con appena una dozzina di membri fissi, le cui attività consistevano principalmente nel compiere rapine, intimidire gli oppositori politici e compiere 33 omicidi di agenti di polizia, giudici e giornalisti. Una strage di massa non corrispondeva né agli obiettivi né ai metodi dei NAR, mentre gli stessi imputati, che hanno ammesso di aver svolto attività terroristiche, continuano a sostenere di non avere nulla a che fare con l’esplosione di Bologna. Ma soprattutto, la principale testimonianza che ha messo sotto accusa Mambro e Fioravanti è stata quella di Massimo Sparti, falsificatore di documenti, il quale ha testimoniato che Fioravanti, “per non farsi riconoscere”, si è recato alla stazione vestito da “turista tedesco”, cioè indossando “una giacca di pelle e un cappello con la piuma”, che doveva assomigliare all’abito tradizionale tirolese. Va detto che l’idea che un terrorista esperto, che si sta preparando a compiere un attentato, abbia scelto un abbigliamento così, sembra fortemente contraria alla logica.

I NAR sotto accusa

In effetti, nessuno dei testimoni interrogati ricordava l’uomo vestito in quel modo, e lo stesso Sparti ritrattò in seguito la sua testimonianza, che non corrispondeva ai fatti nemmeno in altri dettagli. Tuttavia, proprio le sue dichiarazioni sul presunto “vestito tirolese” sarebbero diventate la premessa principale per la condanna dei leader dei NAR. Si trattava, infatti, di una premessa fondamentale, data la mancanza di prove concrete della presenza degli imputati a Bologna il giorno dell’omicidio. I dubbi sul fatto che la strage sia stata compiuta da neofascisti non finiscono qui. Come hanno dimostrato i processi successivi, già subito dopo l’esplosione i servizi segreti si attivarono per creare false prove indiziarie a carico dei “fascisti”, la più nota delle quali fu il ritrovamento su un treno, nel gennaio 1981, di una valigia contenente esplosivo e documenti appartenenti a due stranieri. Si trattava di una prova di una presunta operazione “Terrore sui treni”, che sarebbe stata condotta da una rete terroristica internazionale di destra, ma che, come si scoprì, era una montatura creata da agenti dei servizi segreti. Un altro tentativo di depistaggio delle indagini, escogitato dai servizi in collaborazione con il consigliere istruttore Aldo Gentile, è stata la “pista libanese”, secondo la quale i terroristi italiani addestrati nei campi di addestramento libanesi sarebbero stati responsabili dell’attentato. Tuttavia, questa pista fu presto abbandonata poiché, nonostante i molti sforzi, i servizi non riuscirono a trovare un solo italiano che potesse essere accusato di tale attività.

“Sono innocenti!”

Pertanto, molti elementi fanno pensare che Fioravanti e Mambro non fossero collegati all’ attentato. Non credeva alla loro colpevolezza nemmeno il già citato Francesco Cossiga, che nel 1991 dichiarò pubblicamente di aver erroneamente descritto il colpo di Stato come “fascista” e di essere stato fuorviato dai servizi segreti. Inoltre, sua figlia sostiene di aver incontrato Mambro e Fioravanti un giorno, già dopo la loro liberazione, mentre bevevano un tè con il padre nel suo salotto. Cossiga ha rassicurato la figlia confusa, dicendo: “tranquilla, per quanto riguarda Bologna, sono innocenti!”. Quindi, se la responsabilità dei terroristi dei NAR è molto discutibile, ci sono indizi che fanno pensare ad altre ipotesi più plausibili? Ebbene, ci sono, e sono molti, e bisogna notare che non si tratta di teorie complottiste di alcun tipo, ma di fatti noti e ben documentati, portati alla luce soprattutto grazie all’attività di due commissioni parlamentari: la commissione stragi e la cosiddetta commissione Mitrokhin. Si tratta in particolare della “pista palestinese”, legata al “gruppo Carlos”.

L’arresto di Abu Saleh

La spiegazione di questo argomento deve partire dall’evento, apparentemente non collegato, dell’arresto nel novembre 1979, nella città di Ortona, di tre terroristi di sinistra che trasportavano due missili antiaerei “Strela-2”, come si è scoperto, appartenenti all’Organizzazione per la Liberazione della Palestina. In questo contesto fu arrestato Abu Anzeh Saleh, un giordano di origine palestinese residente a Bologna, formalmente impegnato nel commercio ma in realtà rappresentante per l’Italia del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, un’organizzazione comunista con legami con il terrorismo internazionale (tra cui le Brigate Rosse italiane), ufficialmente incorporata nell’OLP dal 1970. Il problema era che in Italia era in vigore dal 1973 il cosiddetto “lodo Moro”, un accordo segreto tra l’allora Presidente del Consiglio Aldo Moro e il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, che avrebbe dovuto garantire ai terroristi palestinesi la possibilità di trasportare liberamente le armi, a patto che non commettessero attentati in Italia.

Il lodo Moro

L’arresto di Abu Saleh rappresentava una chiara violazione di questo accordo e di conseguenza i palestinesi, attraverso i loro contatti con l’intelligence italiana a Beirut, iniziarono a chiedere il rilascio del loro uomo e la restituzione dei missili, ma invano. In aprile, le autorità della LFWP discussero i piani per le azioni future con Iliche Ramírez Sánchez, alias Carlos, responsabile del terrorismo internazionale, e in maggio la LFWP lanciò un ultimatum, che però non fu attuato. Così, quando il 2 agosto esplose la bomba a Bologna, il governo italiano aveva molte ragioni per credere che ci fosse dietro l’LFWP e altrettante tante per non rivelarlo. Aveva ancora più motivi per nasconderlo il consigliere istruttore Aldo Gentile, responsabile delle indagini sull’attentato di Bologna e in privato buon conoscente di Abu Saleh. Era stato in contatto con lui già prima dell’attentato, sapendo del suo passato da terrorista, e quando Saleh tornò a Bologna nel luglio 1981, dove rimase agli arresti domiciliari, Gentile gli ottenne il permesso di recarsi a Roma. Qualche mese dopo, il giudice si recò a Beirut, presumibilmente proprio accompagnato da Saleh.

La persecuzione a destra

Forse questa amicizia tra il terrorista palestinese e il giudice incaricato di trovare gli attentatori spiega la frenetica e massiccia caccia agli esponenti della destra per nascondere i veri colpevoli. In effetti, circa 200 attivisti di destra sono stati arrestati con vari pretesti per il caso dell’attentato di Bologna. Spesso i motivi dell’arresto erano del tutto assurdi, come nel caso di Guido Giraudo, vicedirettore del settimanale Candido, arrestato – proprio su ordine di Aldo Gentile – in relazione a una serie di articoli pubblicati dal giornale sulla strage (che non aggiungevano nulla di nuovo a quanto pubblicato da altri media). Ha trascorso due settimane in carcere, come ha poi sentenzionato il tribunale, del tutto immotivatamente. Inoltre, per dare credibilità alla “pista libanese” inventata da Gentile, sono stati arrestati uno studente di medicina libanese Camille Tawil e tre attivisti di destra triestini. Questo significa che l’attentato di Bologna è stato in realtà un’azione di ritorsione per la violazione dell’accordo e l’arresto di Abu Saleh? Questa sarebbe una tesi plausibile, ma un fatto cruciale indica che l’intenzione era diversa: il numero delle vittime non torna.

Cadaveri scomparsi

Secondo la versione ufficiale, nell’attentato sono state uccise 85 persone, tra cui una giovane donna, Maria Fresu, che viaggiava con la figlia e un’amica. Il corpo della bambina è stato ritrovato, l’amica è sopravvissuta e Maria Fresu sembra essere sparita. Ai genitori sconvolti sono stati consegnati solo alcuni frammenti del corpo, evidentemente femminile, tra cui un frammento di cuoio capelluto con capelli lunghi e tre dita, ma nessuno ha saputo spiegare cosa sia successo al resto del corpo. Una sorte simile è toccata anche a un misterioso cadavere senza testa che i testimoni hanno visto sul luogo pochi istanti dopo l’esplosione, ma che poi è scomparso e non è stato incluso nell’elenco delle vittime. Il fatto che un corpo possa essere scomparso non è particolarmente sorprendente, dato che per le prime ore dopo l’esplosione l’area della stazione era generalmente accessibile e decine di volontari spontanei hanno prestato aiuto sul posto. Tutti hanno quindi potuto accedere al luogo della tragedia senza ostacoli.  Sembra quindi che qualcuno, alla ricerca di un corpo femminile, abbia preso per errore prima il corpo di Maria Fresu e poi il cadavere decapitato, i cui resti sono stati consegnati ai genitori della Fresu e che, come ha dimostrato un’analisi del DNA del 2019, non appartengono alla figlia.  La domanda è: a chi apparterrebbero allora e da chi sono stati portati via? La spiegazione più logica che viene in mente è che l’esplosivo sia stato portato dalla donna che era più vicina al momento dell’esplosione. Ciò indicherebbe che non si è trattato di un attentato, ma di un incidente nel trasporto di esplosivo, e che il corpo è stato preso dai complici della sfortunata corriera per impedirne l’identificazione.

Tutti i rossi a Bologna

Questa tesi, tuttavia, presuppone che ci fossero dei complici. E infatti, negli anni successivi, è stato raccolto un elenco di personaggi interessanti che si trovavano a Bologna in quel periodo. Ebbene, non fu trovato nessuno dei NAR, ma fu invece dimostrata la presenza di numerosi estremisti di sinistra. Tra questi c’era uno studente associato all’estrema sinistra, Mauro di Vittorio, anch’egli ucciso nell’esplosione e che doveva trovarsi vicino al luogo dell’esplosione, dato che il suo corpo era gravemente ustionato. Inoltre, negli alberghi vicini alla stazione alloggiavano i seguenti personaggi: Thomas Kram e Christa Margot Fröhlich, terroristi del gruppo Carlos, specializzati in esplosivi; Francesco “Franco” Marra, membro del gruppo terroristico delle Brigate Rosse; Salvatore Muggironi, simpatizzante delle Brigate Rosse, i cui documenti sono stati ritrovati alla stazione dopo l’esplosione; Tullio Olivetti e Maurizio Folini, due trafficanti d’armi che operavano in Medioriente. Inoltre, è stata confermata la presenza di tre donne cilene con passaporti falsi prodotti per il gruppo di Carlos. Le ultime due persone interessanti sono Paolo Bellini, un criminale comune legato anche all’organizzazione di destra Avanguardia Nazionale, che mantiene anche contatti con i servizi segreti, e il suo braccio destro Sergio Picciafuoco.

Piano di evasione?

Di tutta questa galleria di terroristi e trafficanti d’armi, solo Paolo Bellini e Sergio Picciafuoco sono stati arrestati. Picciafuoco fu accusato di complicità ma assolto nel 1997, mentre Bellini fu condannato all’ergastolo nel 2024 come quinto autore diretto dell’attentato. Quest’ultimo verdetto merita un’attenzione particolare, poiché probabilmente intendeva confermare la responsabilità dei “fascisti”, ma in pratica contraddice le sentenze precedenti. Bellini, infatti, non era un membro dei NAR, non aveva legami con l’organizzazione e probabilmente non ne conosceva nemmeno i leader. Sulla base di questi fatti, si può quindi presumere con un alto grado di probabilità che l’esplosione alla stazione di Bologna non sia stata intenzionale. Se, dunque, la bomba non era destinata a esplodere in quel luogo, dove era destinata? Un indizio potrebbe essere il fatto che l’11 luglio 1980 il prefetto di Coronas avvertì il capo della polizia di Bari di un possibile tentativo di liberare Abu Saleh dal carcere di massima sicurezza di Trapani o di un possibile attacco al carcere stesso. Non è quindi da escludere che Bologna dovesse essere solo il punto di spedizione della bomba, ma che nel frattempo qualcosa sia andato storto.

La bomba non era fascista

Sulla base dei fatti sopra citati, è possibile concludere che la bomba esplosa a Bologna il 2 agosto 1980 non apparteneva a fascisti, ma a terroristi di sinistra legati al gruppo Carlos e al Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, che si erano incontrati in città poco tempo prima, forse proprio per discuterne l’ulteriore destino o per ricevere una “consegna” da parte di trafficanti d’armi. L’esplosivo doveva poi essere trasportato altrove, forse al sud del Paese, per compiere un attentato al carcere di Trapani. Tuttavia, a causa di un incidente, la carica esplose nella sala d’attesa della stazione ferroviaria e la donna che la trasportava morì nell’esplosione, dopodiché i suoi complici, approfittando della confusione, decisero di trasportare il suo corpo fuori dalla stazione. La prima volta, però, si sbagliarono e presero il corpo di Maria Fresu, e fu solo la seconda volta che riuscirono a identificare e portare via la vittima corretta. Del cadavere smembrato rimasero comunque i resti che, in mancanza di una spiegazione per la scomparsa del corpo, furono consegnati ai genitori di Maria Fresu come unica cosa rimasta di lei. Durante il processo per determinare i responsabili dell’esplosione, la presenza di terroristi di sinistra nei pressi del luogo dell’esplosione è stata ignorata dall’autorità giudiziaria, mentre le indagini sono state artificiosamente indirizzate verso la presunta responsabilità dell’estrema destra; la condanna dei “terroristi fascisti” sembra essere solo una copertura per nascondere i veri responsabili. Tuttavia, secondo la versione ufficiale, confermata dalle sentenze e pubblicizzata dai media, Francesca Mambro e Valerio Fioravanti, insieme ad altri esponenti dell’estrema destra, sono responsabili della strage.

La verità comoda

Nonostante il fatto che molte domande sorgano di fronte a questa versione ufficiale, nessuno sta cercando di trovare risposte a livello giudiziario. In particolare, il fatto, confermato dall’analisi del DNA, che nella tomba di Maria Fresu si trovino i resti di un’altra persona dovrebbe interessare la magistratura, in quanto è una prova evidente che le conclusioni raggiunte finora sono sbagliate sotto molti aspetti. Tuttavia, sembra che né i giudici né i giornalisti siano interessati ad approfondire la questione. Persino il presidente dell’associazione dei parenti delle vittime della strage, Paolo Bolognesi, per il quale dovrebbe essere particolarmente importante scoprire la verità, si è opposto attivamente alla riesumazione del presunto corpo di Maria Fresu, sostenendo che sarebbe stato una strumentalizzazione. Forse, però, il vero motivo della sua posizione è che nel 2012 ha pubblicato un libro in cui concludeva che i colpevoli erano i neofascisti e la P2, e si è reso conto che i risultati della riesumazione avrebbero seriamente compromesso la credibilità delle sue tesi.

La verità nascosta

Sebbene il suo approccio non sia particolarmente sorprendente, è difficile comprendere l’indifferenza dimostrata dalla magistratura nei confronti di questi fatti. È comprensibile che negli anni ’80 fosse giustificato nascondere la verità sulla minaccia del terrorismo palestinese, ma chi e quale interesse ha oggi a nascondere questa verità? Oppure si tratta di un’omissione volontaria, volta a perpetuare nell’opinione pubblica la convinzione che l'”estrema destra” sia colpevole? Forse è solo paura di ammettere i propri errori, o peggio, semplice pigrizia? Paradossalmente, sembra che, allo stato attuale delle conoscenze, sia più facile stabilire di chi sia la colpa dell’esplosione che non il motivo per cui questa verità continua a essere nascosta.

Sylwia Mazurek

Basato su: G. Giraudo C’è del marcio a Bologna. 12 mesi per far sparire la verità sulla strage, ed. Passaggio al Bosco, 2024

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