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L’Italia e il petrolio: dal Fascismo a Mattei, la lotta per l’indipendenza energetica

by Carlo Maria Persano
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Italia

Roma, 5 ago – L’Italia, come si sa, non è un produttore di materie prime, tanto meno ha mai avuto una significativa industria per l’estrazione di petrolio o altre materie per la produzione di energia. Questo limite è risultato più evidente con l’industrializzazione del Paese, quando le aziende hanno avuto maggiore necessità di forza motrice per gli stabilimenti produttivi e poi del carburante necessario per i mezzi di trasporto. Persino la flotta militare ha sempre dovuto combattere con la scarsità di carburante. Una situazione a cui solo due uomini cercarono di riparare: Benito Mussolini e Enrico Mattei.

L’Italia, il Fascismo e il petrolio

Nel 1926, su iniziativa del Fascismo, venne fondata una società, l’Agip (Azienda Generale Italiana Petroli), per tentare di superare questo limite e, nel 1934, ci riuscì grazie ad accordi con il governo iracheno, costituendo una joint venture, la MOF (Mossul Oil Field), dove l’Agip iniziò con un 26% di quote. Era stato trovato molto petrolio nella regione curda di Mossul, ancora ricchissima ai giorni nostri. Poi, in due diverse fasi, l’Agip portò la sua quota fino al 52% nel 1935. L’Agip aveva conquistato la fiducia del governo iracheno e, contemporaneamente, l’Italia aveva conquistato l’indipendenza energetica per la prima volta dopo secoli di storia. Una posizione inedita per l’Italia, che la portò presto in rotta di collisione con i Paesi capitalisti. L’Inghilterra chiese all’Italia di cedere la sua quota nella MOF, pena il blocco delle navi italiane dirette in Etiopia. Grandi riferì le seguenti parole di Mussolini: “gli inglesi poi mi possono giocare un brutto scherzo e io non posso fermare in Etiopia le truppe con un embargo”. Potevano gli inglesi bloccare le navi da trasporto italiane? Ognuno giudichi da solo, alla luce della flotta inglese appositamente dislocata nel Mediterraneo: corazzate Nelson e Rodney; incrociatori Orion, Leander, Neptune, Gyge, Wesse, Veroy, Geva, Valorous, Exeter e Ajax; cacciatorpediniere Kempenfelt, Comet, Crescent, Faulknor, Fearless, Fortune, Fame, Forester, Foxhound, Firedrale, Foreight, Froy; sottomarini Titania, Seawolf, Snapper, Sturgeon, Swordfish e Oberon, oltre ad altri tre identificati con le sigle “123”, “126” e “127”; naviglio di supporto; portaerei Furious. Abbastanza chiaro così? Nel 1937, a seguito di questa prepotenza, l’Agip cedette le sue quote alla IPC inglese per la misera somma di 350.000 sterline. E così, addio indipendenza energetica.

Enrico Mattei sulle orme del Fascismo

Il 6 maggio 1945, finita la guerra, Mattei sfila con i dirigenti del CLNAI con aria vittoriosa per le strade di Milano. È in prima fila tra i capi. Dopo, gli verrà affidato il settore energetico e quindi l’Agip, intanto trasformata in Eni. Da bravo manager e imprenditore, stipula subito nuovi accordi per l’approvvigionamento energetico, necessario all’Italia che sta ripartendo nel dopoguerra. Il problema era pressocchè uguale a quello trovato dal Fascismo negli anni ’20. Così, dal 1958, stipula vari accordi petroliferi senza il permesso degli USA, uno dei quali addirittura con l’URSS. Mattei avrà pensato: “Come partigiani siamo stati alleati degli USA e ora siamo un Paese amico, non mi bloccheranno come successe con Mussolini. Io poi sono della DC, il primo loro alleato in Italia”. Ma la verità è che nessun vassallo può agire autonomamente: fu redarguito più volte fino al 1960, quando arrivò un “avvertimento pubblico” dalle colonne New York Timesi. Mattei veniva accusato “di non mantenere i patti stipulati nel dopoguerra, di avere rotto gli equilibri del mercato dei prodotti petroliferi, scavalcando e danneggiando con la sua egoistica autonomia non solo gli interessi delle grandi compagnie ma anche di avere compromesso futuri equilibri politici”. Sembrava proprio che gli stessero dicendo: stai attento oppure finisci male.

Una resa dei conti

27 ottobre 1962: Mattei precipita a Bascapè. Come il Duca di Kent e il generale Sikorski, altri “spiriti liberi” caduti dal cielo. Sono passati 28 anni dal tentativo mussoliniano di autonomia energetica. Il segreto di Stato cala subito. Nel 1996, Giorgio Galli scriverà che per trent’anni «mezza Italia» ricattava «l’altra metà» con la verità su quella morte. Sospetti e ombre: Mauro De Mauro, Pasolini e altri, forse eliminati per le loro indagini. Mattei, consapevole del rischio, aveva scelto come pilota l’ex asso della RSI Irnerio Bertuzzi. Si fidava più di un “nemico epurato” che di certi amici partigiani. La condanna a morte era stata pronunciata nel 1955. In un rapporto CIA firmato Lester Simpson: “Mattei è un fascista che ha comprato per cinque milioni di lire il titolo di partigiano. E proprio in queste origini politiche si spiega la sua opposizione agli interessi statunitensi in Italia”. Morale: per certi poteri, era solo un fascista in meno. E in fin dei conti da Mussolini a Mattei, il destino è lo stesso: chi ha osato sfidare gli imperi economici è finito ucciso e dannato.

Carlo Maria Persano

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