Roma, 26 ago – Tutto è cominciato con un episodio apparentemente marginale: una studentessa a cui era stato impedito di rivendicare la propria “identità britannica” in una giornata scolastica dedicata al multiculturalismo. Lì, nella periferia di Birmingham, un gruppo di uomini decide di reagire non con un comunicato, non con un post sui social, ma con un gesto elementare e dirompente: issare la croce di San Giorgio su un lampione.
La croce di San Giorgio diventa simbolo insubordinato
Da allora l’onda si è allargata. Prima Birmingham, poi Worcester, Bradford, Newcastle, Manchester, fino a Londra. Rotatorie dipinte, pali della luce tappezzati di bandiere, strade intere ricoperte di Union Jack e St George’s Cross. Dietro un’apparente spontaneità, emergono però sigle e organizzazioni dal sapore epico: i Weoley Warriors, capaci di raccogliere online oltre 14mila sterline per bandiere e pali; i Wythall Flaggers, che rivendicano “patriottismo, non razzismo” con centinaia di piccoli donatori; l’operazione Raise the Colours, che usa Facebook e TikTok per coordinare le azioni e diffondere il verbo. In meno di due giorni il gruppo annuncia 800 aderenti e un obiettivo: “colpire aree en masse, il maggior numero possibile nel minor tempo possibile”. Non partiti, non apparati, ma cittadini comuni che usano scale e borse della spesa come strumenti di battaglia.
Un braccio di ferro quotidiano
Le amministrazioni locali si muovono in ordine sparso. Alcuni comuni laburisti, come Tower Hamlets a Londra, ordinano la rimozione delle bandiere dai lampioni, appellandosi a “sicurezza” e “manutenzione”. Altri, soprattutto quelli vicini al partito Reform, annunciano che non le toglieranno mai, definendole “simboli di unità e inclusione”. I media liberal gridano al pericolo: Repubblica parla di “vessillo xenofobo”, The Guardian denuncia il rischio di infiltrazioni dell’estrema destra, la BBC raccoglie le voci di chi dice di sentirsi “intimidito”. Il solito copione: patriottismo uguale xenofobia, identità uguale pericolo. Ovviamente solo quando il “risveglio” patriottico è bianco e popolare. Chi ha mai parlato di “odio” quando i movimenti woke assaltavano i monumenti? Intanto la forza della campagna sta proprio nella sua popolarità. A Birmingham gli operai del comune staccano una bandiera, ma poche ore dopo qualcuno ne mette due. Non è più un atto isolato, ma un braccio di ferro quotidiano, un conflitto simbolico che occupa lo spazio pubblico.
La croce di San Giorgio divide la politica
Il dibattito investe anche la politica nazionale. Kemi Badenoch, leader dei conservatori, difende i manifestanti sul Daily Mail: “dare il benvenuto all’apparizione delle bandiere, piuttosto che trattarle come un atto di ribellione”. Keir Starmer, premier laburista, si dice “patriota” ma prende le distanze. Nel frattempo, gli anti-razzisti di Stand Up to Racism parlano di “copertura per il razzismo dell’estrema destra”. Non a caso, nelle proteste davanti agli hotel per migranti, Union Jack e croci di San Giorgio sventolano accanto ai cartelli. Il confine tra patriottismo e protesta anti-immigrazione si fa sottile. Ma dietro alle bandiere c’è molto più che la questione migratoria. C’è un Paese spaccato dal dopo-Brexit, segnato da inflazione, disuguaglianze, tagli ai servizi. Un Paese in cui le élite hanno scelto la via della sostituzione simbolica: più multiculturalismo, meno identità. La croce di San Giorgio diventa così il segno di un risveglio pre-politico, un bisogno di appartenenza che emerge quando ogni altra forma di rappresentanza è fallita. Come nota il sociologo Ellis Cashmore: “quando la gente si sente ignorata o silenziata, trova altri modi per farsi notare. Mettere bandiere ovunque è uno di questi modi”.
Una lezione per l’Europa
Chi liquida questa ondata come un capriccio dell’estrema destra sbaglia analisi. Non si tratta di un complotto, ma di un fenomeno tellurico: la rivolta di un popolo contro l’invisibilità. È la prova che i simboli non muoiono mai, che sotto la vernice del cosmopolitismo resta intatta la domanda di radici. L’Inghilterra, con le sue croci e i suoi drappi, ci mostra oggi un paradosso che riguarda tutta l’Europa: più le élite vogliono cancellare l’identità, più il popolo la riafferma nello spazio pubblico. La croce di San Giorgio non è solo nostalgia medievale: è un segno che attraversa la storia del continente trasversalmente, dalle bandiere comunali italiane alla Legione Lombarda, fino a diventare parte del nostro stesso tricolore. Si può tentare di ridurla a “vessillo xenofobo”, ma non si può cancellarne la forza simbolica. In un continente dove i governi si piegano alla logica della sostituzione e alla retorica dei diritti astratti, le bandiere inglesi ci ricordano che la storia non è finita e la partita dell’identità è appena iniziata.
Vincenzo Monti