Roma, 18 set – Sembra che la Flotilla che avrebbe dovuto accendere i riflettori su Gaza, al momento sia riuscita ad accenderli solo su sè stessa diventando un reality show. Dopo la fuoriuscita clamorosa di Greta Thunberg dal consiglio direttivo, arrivano nuove polemiche interne: bersaglio della rabbia militante è il giornalista Saverio Tommasi, reo di aver usato il palcoscenico della missione per lanciare un progetto personale – un punto ristoro targato “Sheep Italia” – mentre sulla Striscia infuria la guerra.
La Flotilla si è già trasformata in un litigioso esperimento
Il post sorridente di Tommasi, con tanto di chiamata a donazioni regolari e promessa di incidere il nome dei sostenitori sul muro del futuro ristorante, ha scatenato un’ondata di indignazione. La giornalista Romana Rubeo ha parlato di “parodia di Black Mirror”, sottolineando l’assurdità di chiedere fondi per un bistrot mentre “i bambini a Gaza muoiono letteralmente di fame”. Più spietata ancora la reazione di Dalia dalla Palestina, voce radicale dei social: «Zero tolleranza per Tommasi e i suoi progetti da radical chic – ha scritto –. Qui non servono vip progressisti a caccia di visibilità, mentre i palestinesi pagano il prezzo più alto». In un successivo post, Dalia ha rincarato la dose: «Quando a sbagliare è chi ha dato tutto alla causa, si parla di scivolata. Quando a farlo è chi si è svegliato da pochi mesi e pretende l’applauso, allora è superficialità, ipocrisia e bisogno di visibilità». Il risultato? Una guerra intestina a colpi di post e comunicati, con accuse reciproche di “radical chic”, “vuoto della sinistra” e “tradimento della causa”. Un clima che conferma quanto già scritto su queste colonne: il fronte pro-Pal occidentale si rivela una bolla mediatica fragile e litigiosa, più brava a produrre indignazione social che a incidere davvero sulla realtà.
Tra Thunberg e Tommasi, la soap opera progressista
La ciliegina sulla torta è stata la decisione di Greta Thunberg di lasciare il direttivo della Flotilla, ufficialmente per “divergenze interne”. Tradotto: anche l’icona verde ha fiutato il caos e si è sfilata. In teoria, la Flotilla doveva essere un atto pratico e simbolico di solidarietà con Gaza. Un’unione d’intenti ideologica. In pratica, è diventata una passerella di vip, influencer e giornalisti in cerca di visibilità. Selfie, post indignati, raccolte fondi per progetti collaterali e litigi da cortile hanno trasformato una missione politica in una soap opera progressista. La tragica verità è che, come sempre, chi più urla contro l’“ipocrisia dell’Occidente” finisce poi per riprodurla nel modo più grottesco. Gaza brucia, i civili soffrono: ma sulla Flotilla si discute di ristoranti, selfie e posizionamenti ideologici. Una caricatura che smaschera l’inconsistenza di un certo attivismo da tastiera travestito da ribellismo anti-sistema.
Vincenzo Monti