Roma, 23 sett – Con un voto sofferto e spaccature interne, la Commissione Affari giuridici del Parlamento europeo (JURI) ha respinto la richiesta di revoca dell’immunità all’eurodeputata Ilaria Salis, avanzata dall’Ungheria. La decisione è arrivata per un solo voto di scarto: 13 a 12, decisivi – secondo fonti parlamentari – due franchi tiratori provenienti proprio dal Partito Popolare Europeo, che hanno così affossato la linea del relatore popolare Vazquez Lazara. Il voto si è tenuto a scrutinio segreto, dopo la richiesta dei Socialisti e Democratici. Ma la partita non è chiusa: sarà la plenaria di ottobre a pronunciarsi definitivamente.
Salis esulta: «Segnale positivo contro Orbán»
La diretta interessata ha subito rivendicato il voto come una vittoria politica: «La Commissione Juri ha deciso di difendere la mia immunità e l’indipendenza del Parlamento, respingendo la richiesta avanzata dal regime ungherese. È un segnale importante e positivo. Ho fiducia che la plenaria confermerà questa scelta in ottobre, affermando la centralità dello stato di diritto». Dietro le parole trionfali della parlamentare di Avs si cela la realtà: per ora, Salis evita il processo in Ungheria per le violenze del 2023, continuando a coprirsi con il mantello dell’immunità parlamentare. Durissime le opposizioni del centrodestra italiano. Mario Mantovani (FdI) ha parlato di «vergogna che legittima la violenza», denunciando «l’ennesimo inciucio tra socialisti e popolari che va avanti da cinquant’anni». Ancora più netto Carlo Fidanza, capodelegazione FdI, che ha parlato di una «pagina triste per il Parlamento europeo» e accusato i popolari di tradire i propri elettori. Sulla stessa linea Matteo Salvini, che sui social ha commentato: «Al Parlamento europeo, nel primo voto in Commissione respinta (13 a 12) la richiesta di revoca dell’immunità a Ilaria Salis. A ottobre il voto decisivo in Aula a Strasburgo. Chi sbaglia, non paga». Di segno opposto la soddisfazione della sinistra: Nicola Zingaretti (Pd) ha esultato parlando del dovere di difendere i cittadini europei «dagli abusi di potere e da quei Paesi che non garantiscono lo Stato di diritto».
Il nodo politico: il PPE
Al netto delle dichiarazioni, il dato politico centrale resta il comportamento del Partito Popolare Europeo. Con i suoi franchi tiratori, il PPE ha garantito la sopravvivenza parlamentare di Ilaria Salis, incrinando la narrativa di forza responsabile e argine all’estremismo. Una scelta che non solo spacca il fronte del centrodestra a Bruxelles, ma che manda un segnale devastante agli elettori: quando si tratta di difendere un simbolo dell’antifascismo militante, anche i popolari si piegano alle logiche di compromesso con socialisti e verdi. Il 7 ottobre la plenaria di Strasburgo sarà chiamata a decidere. Ma intanto il PPE ha già mostrato il volto di una politica senza idee: quella pronta che sacrifica giustizia e coerenza per logiche di palazzo.
Vincenzo Monti