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Arrestati gli stupratori di Tor Tre Teste: tutti marocchini (senza educazione sentimentale)

by La Redazione
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Tor Tre Teste

Roma, 25 nov – Tre uomini di origine marocchina sono stati arrestati per lo stupro di gruppo avvenuto nella notte del 25 ottobre nel parco di Tor Tre Teste. Altri due complici sono tuttora ricercati. La vicenda è nota agli investigatori fin dal primo giorno: vetri infranti, la ragazza di diciotto anni trascinata fuori dall’auto, il fidanzato immobilizzato, la violenza consumata in una zona buia del parco. Una dinamica brutale, rapida, organizzata. Eppure, per quasi un mese, su questa storia è calato un silenzio che nessuno ha provato davvero a spiegare.

Tor Tre Teste: il caso nazionale che non c’è stato

Nel momento in cui l’Italia viene sommersa dal dibattito sull’“educazione sessuo-affettiva”, sul “consenso libero e attuale” e dai cortei femministi, l’aggressione di Tor Tre Teste è stata trattata come un incidente minore. Nessuna mobilitazione, nessuna fiumana di commenti, nessun dibattito politico. L’episodio non è entrato nella grande narrazione sulla violenza contro le donne che negli ultimi mesi ha riempito il lessico pubblico di parole gravose e solenni. La giovane vittima ha parlato con gli investigatori. Ha riconosciuto i suoi aggressori, ha ricostruito la notte in cui le è stata strappata ogni sicurezza. Ma l’Italia non ha parlato con lei. La sua storia non è diventata un caso nazionale, non è entrata nei salotti buoni televisivi e nemmeno negli editoriali degli influencer di sinistra. Sulla vicenda è intervenuto oggi Luca Marsella, portavoce del comitato Remigrazione e Riconquista, che in un commento particolarmente duro denuncia quella che definisce “la manipolazione quotidiana” del racconto mediatico. «A Roma una ragazza di diciotto anni è stata violentata davanti al fidanzato da tre marocchini, da quella feccia che non dovrebbe essere qui», attacca Marsella, criticando apertamente la scelta di parte della stampa di definire gli aggressori come “tre ragazzi”: «La verità la trovi nascosta in fondo all’articolo, diluita, quasi fosse un problema dirla. È questo il livello. È così che si anestetizza un Paese».

Tor Tre Teste non è la prima volta

Il silenzio su questa vicenda è ancora più grave se si considera che Tor Tre Teste non è nuova a episodi di violenza sessuale commessi da immigrati irregolari. Solo ad agosto, infatti, un 26enne gambiano era stato fermato alla stazione Termini perché ritenuto responsabile di due stupri in appena quarantotto ore, entrambi consumati tra via Prenestina e il parco di Tor Tre Teste. La sequenza è agghiacciante: la mattina del 24 agosto una donna di 60 anni, uscita per portare a spasso il cane, era stata aggredita e minacciata di morte — «se gridi ti taglio la gola» — e trascinata nel verde. Due giorni dopo, all’alba del 26 agosto, la seconda vittima: una 44enne italiana in attesa dell’autobus, avvicinata con la scusa di una sigaretta e poi abusata su un cumulo di rifiuti in un vicolo laterale di via Prenestina. È stata la descrizione precisa dei vestiti dell’aggressore a permettere ai carabinieri di ricondurre entrambe le violenze allo stesso responsabile, che alla fine ha confessato giustificandosi con un «ero drogato». Anche in quel caso, nonostante la rapidità delle indagini e la gravità dei fatti, la vicenda non era diventata un caso nazionale. Nessun dibattito, nessuna manifestazione, nessun approfondimento.

Il degrado è una scelta politica

Questo silenzio, più ancora della violenza, è il punto politico della vicenda. Perché rivela quanto la retorica contemporanea sulla tutela femminile sia rigidamente selettiva. Indigna quando il colpevole è un uomo italiano e riconoscibile. Si eclissa quando a compiere l’aggressione sono immigrati irregolari già inseriti in circuiti di marginalità. È una geometria variabile dell’indignazione: rigorosa da un lato, indulgente dall’altro. E il risultato è che una ragazza violentata in un parco romano diventa una nota a margine, un fastidio da gestire senza troppo clamore. Il portavoce del comitato Remigrazione e Riconquista lega il silenzio su Tor Tre Teste alla Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, sottolineando la distanza tra le mobilitazioni ufficiali e la realtà delle periferie: «Vediamo se chi riempie le piazze quando conviene avrà il coraggio di parlare di questo. Vediamo se la sinistra, se le femministe faranno un fiato. Qualcuno dovrà pur dire che l’immigrazione è il problema. Che interi quartieri sono diventati ostaggio di questi bastardi. Il degrado non è un caso: è una scelta politica».

La relazione concreta tra sicurezza e immigrazione

Il “non-detto” delle istituzioni, delle associazioni e dei media non nasce dal rispetto per la vittima, ma dalla paura che questo episodio apra il tema che nessuno vuole affrontare: la relazione concreta tra sicurezza urbana, degrado territoriale e presenza di gruppi etnici radicati in circuiti di marginalità fuori dalle utopie integrazioniste. Infatti, Marsella insiste sul carattere concreto e non astratto dell’emergenza sicurezza: «Non parliamo di concetti astratti, parliamo di una ragazza, di una famiglia distrutta, di ciò che può accadere ai nostri figli, alle persone che amiamo». Da qui la linea del comitato: «Cosa dovremmo fare? Aspettare il prossimo titolo? Il prossimo silenzio? No. Serve un cambio totale di rotta, una risposta radicale, immediata e definitiva che si chiama Remigrazione». Secondo Marsella, la mobilitazione è già in atto: «Stiamo scendendo in piazza in tutta Italia. Con il nuovo anno lanceremo una raccolta firme nazionale. È nostro dovere esserci, difendere strade, quartieri, famiglie. Anche fisicamente, senza paura, senza più delegare, senza più ingoiare il buonismo di chi dice che va tutto bene». La chiusura è netta: «No, non va tutto bene. E fatti come questi non devono accadere mai più. Mai più, con la Remigrazione».

Vincenzo Monti

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