Parigi, 17 gen – In Francia non si parla altro che del caso Dieudonné, il noto comico di colore conosciuto anche per le sue provocazioni forti e per aver inventato la “quenelle”, sostanzialmente un gestaccio dal contenuto sessuale che i media hanno presto presentato come “saluto nazista invertito” (?) o addirittura come “saluto antisemita” tout court.
Se la carica dissacrante del comico ha trovato simpatie nell’ambiente nazionalista e identitario, nonostante l’origine allogena del cabarettista, non foss’altro che come reazione agli spropositi liberticidi del ministro dell’Interno Valls, i due maggiori esponenti di quella che fu la Nouvelle Droite si trovano ancora una volta a esprimere valutazioni molto differenti. Parliamo di Alain de Benoist e Guillaume Faye.
In un’intervista al “Boulevard Voltaire”, de Benoist pone l’accento sulla questione della libertà d’espressione che, afferma, “non ha senso che nella misura in cui è indivisibile. In materia di opinioni, essa non tollera per principio alcuna deroga. La libertà d’espressione – occorre ricordarlo? – non ha la vocazione di proteggere le opinioni convenienti o che generano consenso e meno ancora quello che si condividono o si approvano, ma al contrario quelle che ci choccano e che troviamo detestabili”.
Pur riconoscendo che Dieudonné “esprime spesso affermazioni che possono essere considerate inaccettabili o odiose”, de 
Per de Benoist, al contrario, la libertà d’espressione deve essere assoluta, anche e soprattutto quando si parla di comicità: “Credo che in una società normale si dovrebbe poter ridere di tutto, di chiunqe e di qualunque cosa”.

Per Faye, “l’interdizione amministrativa che colpisce Dieudonné, oltre a calpstare il diritto e attentare alle libertà pubblica (ma in questo la sinistra è maestra) denota una profonda stupidità politica. Nonché un misconoscimento disarmante delle regole sociologiche della comunicazione. In effetti, questo prurito repressivo va a confortare l’idea, nella popolazione immigrata e presso le lobby islamiche, che gli ebrei dirigano il governo francese. Le misure repressive anti-Dieudonné sono interpretate come un atto di sottomissione dello Stato francese alla comunità ebraica onnipotente. Senza volerlo – dato che è al fondo un uomo impulsivo e che non riflette sotto l’abito di una persona seria e assennata – Valls ha segnato nella porta dei suoi amici”.
Giorgio Nigra