Se la carica dissacrante del comico ha trovato simpatie nell’ambiente nazionalista e identitario, nonostante l’origine allogena del cabarettista, non foss’altro che come reazione agli spropositi liberticidi del ministro dell’Interno Valls, i due maggiori esponenti di quella che fu la Nouvelle Droite si trovano ancora una volta a esprimere valutazioni molto differenti. Parliamo di Alain de Benoist e Guillaume Faye.
In un’intervista al “Boulevard Voltaire”, de Benoist pone l’accento sulla questione della libertà d’espressione che, afferma, “non ha senso che nella misura in cui è indivisibile. In materia di opinioni, essa non tollera per principio alcuna deroga. La libertà d’espressione – occorre ricordarlo? – non ha la vocazione di proteggere le opinioni convenienti o che generano consenso e meno ancora quello che si condividono o si approvano, ma al contrario quelle che ci choccano e che troviamo detestabili”.
Pur riconoscendo che Dieudonné “esprime spesso affermazioni che possono essere considerate inaccettabili o odiose”, de
Per de Benoist, al contrario, la libertà d’espressione deve essere assoluta, anche e soprattutto quando si parla di comicità: “Credo che in una società normale si dovrebbe poter ridere di tutto, di chiunqe e di qualunque cosa”.
Completamente diversa l’analisi di Guillaume Faye, che da tempo ormai vede nell’islamizzazione dell’Europa il nemico principale. Sul suo blog, l’autore de L’Archeofuturismo spiega: “L’interdizione brutale di certi spettacoli di Dieudonné, su richiesta del governo, non ha solamente come conseguenza di pubblicizzare oltre ogni aspettativa un giullare che, altrimenti, sarebbe restato inascoltato nel brusio mediatico e sarebbe probabilmente presto scomparso; essa ha soprattutto risvegliato e amplificato l’ardore antisemita che covava nella popolazione immigrata”.
Per Faye, “l’interdizione amministrativa che colpisce Dieudonné, oltre a calpstare il diritto e attentare alle libertà pubblica (ma in questo la sinistra è maestra) denota una profonda stupidità politica. Nonché un misconoscimento disarmante delle regole sociologiche della comunicazione. In effetti, questo prurito repressivo va a confortare l’idea, nella popolazione immigrata e presso le lobby islamiche, che gli ebrei dirigano il governo francese. Le misure repressive anti-Dieudonné sono interpretate come un atto di sottomissione dello Stato francese alla comunità ebraica onnipotente. Senza volerlo – dato che è al fondo un uomo impulsivo e che non riflette sotto l’abito di una persona seria e assennata – Valls ha segnato nella porta dei suoi amici”.
Giorgio Nigra
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