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Dopo Più Libri Più Liberi, la sinistra ci ricasca: il nuovo “allarme fascismo” parte da Macerata

by La Redazione
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Macerata

Roma, 11 dic – Passano cinque giorni dalla fine di Più Libri Più Liberi e la sinistra riprende esattamente da dove aveva lasciato: a caccia del fascismo librario. Dopo aver montato un boicottaggio grottesco contro Passaggio al Bosco – colpevole di esistere, di pubblicare libri e di presentarsi a una fiera culturale – ora il nuovo fronte dell’allarme democratico è Macerata, dove un manifesto della rassegna letteraria “Letture Maceratesi – Rassegna Esplicita” è diventato la prova regina del ritorno del Ventennio.

Dopo la nuvola il nuovo fronte passa da Macerata

Il meccanismo è identico a quello visto alla Nuvola: prima si costruisce il caso, poi si attribuisce un significato politico, infine si denuncia l’“offensiva nera” che nessuno, al di fuori del perimetro attivista, riesce davvero a scorgere. A guidare la crociata culturale stavolta non è Zerocalcare ma Tomaso Montanari (già firmatario dell’appello anti-Passaggio al Bosco), storico dell’arte ormai specializzato nell’interpretazione estensiva dell’iconografia fascista. Il manifesto della rassegna maceratese – che richiama volutamente il futurismo di Depero, come è normale per chi costruisce un immaginario culturale legato alla propria città – diventa per lui un segnale cifrato, un “messaggio identitario rivolto alla destra radicale”. Non un’ipotesi, non un dubbio: una certezza morale. Una costante del discorso pubblico progressista. Quindi attenti quando bevete un Campari Soda dall’iconica bottiglietta: state sdoganando il fascismo.

La caccia alla simbologia proibita

Il paradosso, però, è un altro: questa perenne caccia alla simbologia proibita dice molto più sulla sinistra che sulla destra. Da anni la sinistra ha rinunciato a leggere la società per quello che è. Ha rinunciato a capire perché certe aree culturali si muovono, perché raccolgono pubblico, perché parlano a una generazione che non si riconosce più nell’antifascismo liturgico. Ha rinunciato a criticare ciò che non capisce e ha preferito demonizzare ciò che non controlla. L’unico linguaggio che le resta è quello dell’allarme morale. Ed è lo stesso schema con cui la settimana scorsa si è tentato di trasformare una piccola casa editrice “non allineata” in un pericolo per la Repubblica. Anche lì, zero letture, zero analisi, zero domande sul merito dei testi esposti. Solo una caccia al marchio, alla copertina sospetta, alla citazione scomoda. Il tutto condito da una moralistica chiamata alle armi del mondo culturale antifascista.

Lo zelo dei questurini ideologici

Tornando a Macerata, l’articolo di Fanpage ricostruisce la scena con lo zelo da questurino ideologico: gli ospiti della rassegna, per quanto diversissimi tra loro, vengono impacchettati dentro l’etichetta “neofascista”, mentre la veste estetica diventa un reato d’intenzione. La linea è la stessa: non contano i dibattiti, non contano i libri, non conta la qualità dell’offerta culturale. Conta solo l’odore di eresia politica che i militanti dell’antifascismo permanente credono di percepire. Montanari arriva persino a leggere nella grafica un segnale rivolto a una “comunità di destra-destra”, perché – sostiene – “le idee su nazione, identità, religione, uso della forza, guerra, sono sostanzialmente le stesse del Ventennio”. Un’argomentazione che regge esattamente cinque secondi, cioè il tempo necessario a ricordarsi che si sta parlando di un manifesto di una rassegna culturale, non dell’edizione aggiornata del Manifesto della razza. Ma per alimentare la retorica della “continuità fascista” va bene tutto: Sparta, Depero, Evola, qualunque riferimento serva a tenere in vita un avversario simbolico senza il quale molte carriere accademiche e mediatiche si sgonfierebbero all’istante.

Più la sinistra perde più moltiplica gli allarmi

Il punto, però, non è difendersi. È constatare un fatto: più la cultura di sinistra perde presa sul Paese, più moltiplica gli allarmi. Più non capisce ciò che osserva, più si convince che dietro ogni libro, ogni casa editrice, ogni manifesto, ci sia un complotto nero da smascherare. È un riflesso condizionato, non un’analisi. E mentre si perde tempo a scandagliare i poster di Letture Maceratesi in cerca di rune nascoste, il panorama culturale italiano si muove, si diversifica, cambia. In fiera, a Roma, molti lettori hanno scoperto editori e autori che non avevano mai visto prima. E a Macerata, nel bene o nel male, una città prova a costruire una propria offerta culturale senza chiedere il permesso ai sacerdoti del consenso. La sinistra può continuare a gridare al fascismo estetico o bibliografico. Ma il punto è questo: se ogni novità, ogni dissenso e ogni proposta che non nasce nei suoi circoli è automaticamente “estrema destra”, allora l’unica cosa che sta davvero tornando non è il Ventennio. È il conformismo che impedisce al dibattito pubblico italiano di crescere.

Macerata e la pubblicità migliore possibile

E ogni volta che si parla di libri, fiere, rassegne, cultura, loro “cadono dalla stessa nuvola”. Sì, dopo Più Libri Più Liberi, la sinistra c’è ricascata. E continuerà a farlo a lungo. E il dettaglio più ironico è forse questo: nel tentativo compulsivo di “smascherare” manifesti, editori e rassegne, la sinistra finisce per farne la miglior campagna pubblicitaria possibile. Ogni volta che monta un caso, ogni volta che grida al fascismo estetico, ogni volta che trasforma un evento di provincia in una minaccia per la democrazia, il risultato è sempre identico: raddoppia l’attenzione, moltiplica la curiosità, porta pubblico dove prima c’erano solo addetti ai lavori. Chi voleva silenziare, amplifica. Chi voleva delegittimare, legittima. È la legge non scritta del paradosso culturale italiano: nulla dà visibilità come un allarme antifascista andato fuori scala.

Vincenzo Monti

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