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Il Consiglio d’Europa contro la Polizia: balle colossali e mezze verità

by La Redazione
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Polizia

Roma, 29 mag – L’ultima provocazione arriva da Strasburgo, ma sa di déjà vu. Il Consiglio d’Europa ha messo sotto accusa le forze dell’ordine italiane per presunto razzismo e ha chiesto ufficialmente al nostro governo di avviare uno studio indipendente sulla profilazione razziale. Tradotto: si vuole verificare se le pattuglie italiane di polizia fermano “troppe persone” con la pelle scura.

Strasburgo attacca la polizia italiana

Il rapporto, redatto dalla Commissione contro il razzismo e l’intolleranza (ECRI), ha individuato in Italia (e in Francia) un “preoccupante aumento del profiling razziale”. Per la vicepresidente della Commissione, Tena Simonovic Einwalter, la colpa sarebbe di agenti che effettuano controlli basandosi su “colore della pelle, religione presunta o etnia”. Una realtà distorta, raccontata dai salotti ovattati di Strasburgo, ma completamente scollegata da ciò che avviene ogni giorno sulle strade italiane. Bastano alcuni semplici dati per capire. La popolazione straniera residente in Italia rappresenta circa l’8,7% del totale nazionale. Eppure, nonostante questa quota demografica relativamente contenuta, oltre il 32% dei denunciati e arrestati per reati penali risulta essere straniero, secondo i dati forniti dal Ministero della Giustizia nel 2023. Un divario che diventa ancora più evidente quando si scende nel dettaglio dei reati specifici: per quanto riguarda lo spaccio di stupefacenti, ad esempio, il 42% dei fermati è straniero; per i furti la percentuale si attesta al 36%; per le rapine al 31%. Anche il dato relativo alla popolazione carceraria è indicativo: i detenuti stranieri costituiscono oggi il 32,8% del totale, nonostante rappresentino meno di un decimo della popolazione italiana. È chiaro, quindi, che questi numeri certificano il totale fallimento del modello di accoglienza e integrazione che l’Unione Europea ha voluto sostenere. Sono la conseguenza diretta di anni di immigrazione incontrollata, di frontiere aperte senza alcuna selezione, di flussi gestiti secondo logiche ideologiche anziché strategiche. In una parola: disordine.

Reazione istituzionale: Meloni, Tajani e Piantedosi difendono la Polizia

Non si è fatta attendere la risposta del governo. E stavolta, almeno, con il tono giusto. La premier Giorgia Meloni ha bollato le accuse come “vergognose e infondate”, ricordando che “la polizia italiana agisce con dedizione, coraggio e rispetto della legge, spesso sotto attacco da parte di immigrati irregolari”. Ha poi puntato il dito contro l’ipocrisia del Consiglio d’Europa: “Un organismo finanziato anche con i soldi degli italiani, che da anni lancia giudizi ideologici e pretestuosi contro il nostro Paese”. Anche il vicepremier Antonio Tajani ha affondato il colpo: “Osservazioni astruse, ridicole, offensive”. E ancora: “Chi ha scritto quel rapporto non conosce la realtà. La nostra polizia è tra le più rispettose delle minoranze”. Più netto ancora il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, che ha parlato di un Consiglio d’Europa “inutile e dannoso”, accusando l’organismo di aver smesso da tempo di occuparsi di democrazia e diritti, preferendo “produrre documenti ideologici e attacchi gratuiti contro chi rischia la vita per difendere la sicurezza degli italiani”. Una levata di scudi prevedibile rispetto ad un attacco politico in piena regola. Il Consiglio d’Europa è un organo altamente ideologizzato, basti pensare che nel rapporto 2024 ha individuato come principali sfide la profilazione razziale da parte della polizia, la segregazione degli alunni rom e la transfobia…

Il poliziotto è sempre colpevole, lo straniero mai

Tra le raccomandazioni del Consiglio d’Europa c’è anche l’adozione di bodycam per gli agenti (come nel Regno Unito): una proposta giusta per il motivo sbagliato. Da anni in Italia si chiedono gli identificativi sui caschi dei reparti celere, segno che anche qui da noi – a prescindere dalle opinioni di Strasburgo – si è sentita la necessità di aprire un dibattito sull’operato delle forze dell’ordine. In ogni caso il necessario equilibrio tra tutela e repressione è qualcosa che riguarda noi e il nostro sistema. In effetti quelle del Consiglio d’Europa non sono proposte per tutelare gli ultras, i manifestanti propal o i movimenti della destra radicale. Sono proposte che nascondono un pericoloso sottinteso ideologico: il poliziotto è sempre colpevole di fronte allo straniero, a prescindere dalla realtà effettiva che si manifesta nelle strade e nei quartieri. Una premura per i diritti civili che sembra valere solo quando a subire un fermo o una carica è uno straniero. Quando invece a cadere sotto i manganelli sono italiani, tutto tace. Dove erano questi difensori della democrazia quando venivano caricati i portuali di Trieste che manifestavano contro il green pass? Dov’erano quando un ragazzo come Gabriele Sandri moriva per un colpo di pistola sparato da un agente, o quando Federico Aldrovandi veniva ucciso durante un fermo di polizia? Nessuna raccomandazione, nessuna commissione europea, nessun grido al razzismo sistemico. Né si è mai vista un’indagine internazionale per le cariche brutali contro manifestanti italiani che chiedevano casa o protestavano contro lo ius soli. La verità è che la tutela dei diritti, per queste élite apolidi, vale solo quando si può usare contro la sovranità politica di una nazione. Ma quando a subire violenze o abusi è un cittadino italiano non allineato, allora tutto diventa silenzio, archiviazione, oblio.

Nessuno è intoccabile

Sia chiaro: le forze dell’ordine italiane non sono intoccabili. Hanno problemi seri, a partire dalla gestione delle strade, dalla perdita di autorità reale, fino ad arrivare a catene di comando politicizzate e sottoposte al ricatto del giornalismo ideologico. Ma pensare che la polizia italiana sia oggi un corpo animato da razzismo sistemico è una colossale falsità. E una falsità pericolosa, perché mina i tentativi di ripristinare una parvenza di ordine dopo anni di lassismo totale, in un momento storico in cui molte nazioni europee – in seno alla stessa UE – stanno rivalutando il loro approccio all’immigrazione e alla sicurezza interna. Il Consiglio d’Europa evidentemente è un rifugio di buonisti fuori tempo massimo, rimasto indietro di quindici anni sulla realtà sociale e politica europea, ma soprattutto non ha né l’autorevolezza né la legittimità per giudicare l’Italia. L’Italia è un Paese reale, non un laboratorio sociologico. Le sue forze dell’ordine non saranno perfette, ma sono anche ciò che resta della sovranità sul territorio. Ecco perché il rapporto dell’ECRI non è solo sbagliato. È politicamente orientato, moralmente ipocrita e socialmente irresponsabile.

Vincenzo Monti

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