
A quanto pare questa bufala è dura da estinguere nonostante le recenti ricerche come quella pubblicata nel marzo 2013 sul Journal of Pediatrics e l’ultima, risalente a qualche giorno fa, pubblicata sulla rivista scientifica Jama e finanziata dall’U.S. Department of Health and Human Services e dal National Institute of Mental Health. Lo studio ha riguardato oltre 95 mila bambini vaccinati negli Stati Uniti negli anni tra il 2001 e il 2007, che avevano fratelli più grandi, sia affetti da autismo, sia sani. I risultati ottenuti hanno permesso ai ricercatori di affermare che, nonostante la familiarità della malattia nei volontari presi in considerazione, la somministrazione del vaccino Mpr (morbillo-parotite-rosolia), non è associata a un aumento del rischio di disturbi dello spettro autistico a nessuna età. Tra i bambini che hanno fratelli autistici, l’incidenza del disturbo (6,9%) si è confermata maggiore che fra i piccoli senza casi di autismo fra i fratelli (0,9%). L’analisi dei dati ha anche stimato che all’età di 2 anni il rischio relativo (rispetto ai bambini non vaccinati) nei piccoli vaccinati con fratelli con autismo era pari a 0,76, non significativamente diverso dallo 0,91 rilevato fra i bambini senza casi di autismo fra i fratelli. Nemmeno a 5 anni, quando i bambini avevano ricevuto la seconda dose di vaccino Mpr, il rischio relativo è risultato significativamente diverso fra i piccoli con fratelli con autismo (0,56%) e quelli senza fratelli con autismo (1,12%).
L’autismo (dal greco autòs, se stesso, e indica l’autoreferenzialità e la negazione dell’altro) per la comunità scientifica internazionale è un disturbo neuro psichiatrico ed è classificato tra i disturbi pervasivi dello sviluppo. Esso si manifesta entro il terzo anno di età ed è rilevabile da una serie di sintomi precisi. La persona affetta da tale patologia esibisce un comportamento tipico caratterizzato da una marcata diminuzione della capacità comunicativa e dell’integrazione socio-relazionale. Apparentemente questi bambini sembrano sordi, non rispondono ai richiami per l’incapacità di interpretarli. Può presentarsi epilessia e ritardo mentale. Poi ci sono i bambini con Sindrome di Asperger (autismo ad alto funzionamento) in cui i pazienti mostrano particolari abilità pur non riuscendo a entrare in empatia con gli altri.
Ma da cosa è provocato l’autismo?
I primi studi sono stati sviluppati sin dal 1801, anno in cui Jean Itard condusse una descrizione del “bambino selvaggio”. Poi Eugen Bleuler nel 1901 relazionò l’autismo con la schizofrenia e nel 1943 Leo Kanner realizzò una descrizione dettagliata degli item caratteristici dell’autismo; individuò la sua natura innata e la presenza di tali disturbi nelle famiglie con alto livello culturale e caratterizzate da una certa “ossessività”. Noti gli studi di Eisenberg, che hanno dato rilevanza al nucleo familiare e più precisamente al comportamento dei genitori che non stimolavano adeguatamente lo sviluppo dei figli. Altre ricerche si sono invece focalizzate su fattori ereditari e genetici. Infatti alcuni studiosi parlano di disordine genetico, che si verificherebbe per cause ancora sconosciute, durante i primi tre mesi della gravidanza. Il disordine nel Dna influenzerebbe negativamente alcune aree cerebrali: in particolare il cervelletto, il ponte e i neuroni specchio cioè quelli deputati a riconoscere le intenzioni delle persone che abbiamo di fronte. E da questo deriva l’incapacità di interpretare le emozioni degli altri.
Ad oggi le cause dell’autismo sono ancora sconosciute, nonostante sia un disturbo in netta crescita. Si può sicuramente affermare che questa patologia deriva da una condizione multifattoriale e complessa, che comprende cause neurobiologiche costituzionali, e psico-ambientali acquisite, ecco perché le teorie bio-psico-sociali sembrano essere le più accreditate.
Marta Stentella
1 commento
Suggerisco lettura http://dx.doi.org/10.1016/j.compbiomed.2014.11.004 legame DNA – autismo. I dati dello studio sono anche disponibili per fare proprie analisi