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La Siria verso gli Accordi di Abramo, tra affari e rinunce storiche

by Sergio Filacchioni
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Siria

Roma, 30 giu – In un contesto mediorientale sempre più deformato dagli interessi strategici di potenze esterne, la Siria sembra avviarsi verso la firma degli Accordi di Abramo. Un evento che, se confermato, segnerebbe non solo una svolta storica nei rapporti con Israele, ma anche un colossale ribaltamento della narrativa ufficiale che per decenni ha accompagnato il conflitto arabo-israeliano.

La Siria entra nel nuovo ordine israeliano

Secondo fonti israeliane, Ahmed al-Shara’a, figura emergente nel nuovo ordine siriano, incontrerà a breve il premier Benjamin Netanyahu. Il faccia a faccia dovrebbe avvenire a margine della prossima Assemblea Generale delle Nazioni Unite. A spingere verso l’intesa è un comune disegno strategico: “contrastare Hamas, la Jihad Islamica, l’Iran e Hezbollah” — cioè proprio quei soggetti che per anni hanno incarnato, nel bene o nel male, la resistenza all’egemonia israelo-statunitense nella regione. Il nodo più inquietante è però un altro: secondo fonti siriane riportate da media israeliani, Damasco si preparerebbe addirittura a rinunciare alle alture del Golan, occupate militarmente da Israele dal 1967. Un gesto senza precedenti, che, dietro la facciata degli investimenti e della ricostruzione economica, segnerebbe la definitiva resa siriana sul piano della sovranità nazionale.

La normalizzazione di Al Qaeda

Ma l’aspetto forse più paradossale — e meno discusso — riguarda un altro fronte: quello del jihadismo sunnita. Mentre i media occidentali ed israeliani costruiscono la narrazione di un nuovo ordine mediorientale “pacificato”, sul terreno assistiamo alla progressiva ripulitura dell’immagine di Al Qaeda, che oggi si presenta come forza “moderata” e “utilizzabile” nella strategia di contenimento dell’Iran. In Siria, molte milizie sunnite hanno goduto — e continuano a godere — di coperture internazionali, logistiche e mediatiche, pur avendo condiviso ideologie e metodi con l’ISIS. Il cortocircuito è evidente: l’ex nemico pubblico numero uno del mondo occidentale si ritrova trasformato in alleato tattico di Israele e della NATO contro Teheran e i suoi proxy. La legittimazione silenziosa delle formazioni jihadiste, purché funzionali agli equilibri strategici imposti da Washington e Tel Aviv, rappresenta una delle pagine più oscure della storia geopolitica contemporanea.

La Siria demolita

Il “nuovo Medio Oriente” che si va delineando attraverso normalizzazioni, accordi miliardari e trattative sottobanco non porta stabilità, ma ridefinisce l’intera regione sulla base di un cinismo glaciale: chi si piega sopravvive, chi resiste viene demonizzato o raso al suolo. In questo scenario, la Siria post-bellica si presenta come l’ultima pedina a cadere, tra concessioni territoriali, ambiguità ideologiche e un’amnesia collettiva sui principi che un tempo animavano la causa araba. La pace con Israele non nasce da un riconoscimento reciproco, ma dalla resa di una nazione che, dopo anni di guerra, non ha più margini per opporsi. E mentre Netanyahu si prepara ad accogliere al-Shara’a come interlocutore legittimo, Al Qaeda cambia volto: da “minaccia globale” a “alleato tattico”. Il grande baratto è in corso. E il prezzo lo pagano, come sempre, i popoli.

Sergio Filacchioni

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