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Dalla Lega “anti-Mancino” alla Lega del bavaglio: eclissi dell’antisistema

by Sergio Filacchioni
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Lega

Roma, 6 ago – C’è stato un tempo in cui la Lega di Matteo Salvini incarnava una ventata d’aria buona: era il partito della libertà di espressione contro ogni legge bavaglio. Erano i giorni in cui il Carroccio chiedeva a gran voce l’abolizione della Legge Mancino, bollata come arma ideologica della sinistra per reprimere il dissenso e imporre il pensiero unico “antirazzista”. Si deridevano le “polizie del linguaggio”, si denunciavano le sentenze sulle opinioni e si rifiutava l’idea di piegare la legge penale alla propaganda. Una speranza che man mano si è eclissata, lasciandoci in eredità la Lega del codice della strada, dei decreti sicurezza e dell’ultimissima idea “nuova”: punire l’antisemitismo.

La Lega vuole una legge contro l’antisemitismo

Oggi, infatti, i senatori leghisti Romeo, Bergesio e Pirovano firmano un disegno di legge che suona come l’ennesima, clamorosa, inversione a U. Il testo propone di adottare la definizione operativa di antisemitismo dell’International Holocaust Remembrance Alliance (IHRA), una formula che — al di là delle solite buone intenzioni dichiarate — rischia di trasformarsi in un manganello giudiziario contro chiunque osi criticare lo Stato di Israele e il governo Netanyahu. Secondo l’IHRA, l’antisemitismo è “una determinata percezione degli ebrei” che può tradursi in odio, con manifestazioni verbali o fisiche dirette non solo contro ebrei, ma anche contro “persone non ebree”, “beni”, “istituzioni” e “luoghi di culto ebraici”. Una definizione talmente ampia e interpretabile da includere, secondo molti giuristi, anche frasi, slogan o manifestazioni politiche che non abbiano alcun intento discriminatorio, ma che esprimano opinioni sgradite alla narrativa ufficiale sul Medio Oriente. Ma il capogruppo della Lega al Senato Massimiliano Romeo, precisa: “In nessun modo la definizione operativa di antisemitismo – tra l’altro sostenuta negli anni anche dal PD- vieta infatti la critica al governo israeliano. Rispediamo al mittente le interpretazioni fantasiose della nostra proposta: la Lega vuole evitare il ripetersi di manifestazioni che inneggiano all’odio, riproponendo pagine antisemite che male hanno fatto all’umanità”. Eppure si sa, la tentazione del bene è molto più forte di quella del male. E di solito sotto le parole “odio” e “umanità” si nascondono le peggiori porcherie.

Una somiglianza spettrale con il Ddl Zan

Il Ddl quindi prevede un apparato di contrasto su più livelli, che va dalla creazione di una banca dati nazionale sugli episodi di antisemitismo al monitoraggio e alla repressione del cosiddetto “linguaggio d’odio” (Boldrini, sei tu?) online, passando per l’elaborazione di linee guida per le scuole e piani di formazione specifici per insegnanti ed educatori. A questo si aggiunge l’addestramento mirato per le Forze di polizia e un’ampia campagna di informazione attraverso radio, televisioni e piattaforme web, il tutto corredato da iniziative di sensibilizzazione anche in ambito sportivo. Un impianto che, più che limitarsi a perseguire condotte già previste come reato, punta a istituire un vero e proprio sistema di sorveglianza culturale e di educazione statale su ciò che si può o non si può dire. È impossibile non notare la somiglianza con ciò che la Lega avversava quando la sinistra spingeva per il Ddl Zan: definizioni elastiche, caricate di valenza politica, usate come grimaldello per introdurre reati d’opinione e condizionare il dibattito pubblico. Ieri si gridava allo scandalo per le “leggi liberticide” progressiste, oggi si applaude a un testo che cambia il bersaglio semantico, ma non il metodo.

Il rischio reale degli strumenti sicurezza

Il rischio, come sempre, è duplice: da un lato, comprimere la libertà di critica verso una potenza straniera e il suo governo; dall’altro, sancire per legge una “verità ufficiale” che sottrae un intero ambito del dibattito alla discussione democratica. Il terzo (opzionale) deriva dalla riflessione che avevamo già fatto a proposito del decreto sicurezza: si dice di puntare alla sicurezza come se questa fosse un campo neutro. Chi controllerà questi strumenti? Chi deciderà come applicarli e verso chi? Le forze dell’ordine, i prefetti, i questori, le procure. Tutti quei settori dello Stato orientati culturalmente a sinistra. La magistratura italiana, come dovrebbe essere noto già a Salvini, non ha mai brillato per imparzialità quando si tratta di valutare movimenti, manifestazioni o tensioni provenienti da ambienti identitari, sovranisti o semplicemente non conformi. In altre parole, la sinistra può anche inscenare il suo rituale indignato contro la “svolta autoritaria”, ma sa perfettamente che queste norme saranno applicate con la solita intelligenza selettiva e una precisa “discrezione”.

Che fine ha fatto la Lega anti-sistema?

Un assaggio di ciò che succederà ce l’ha dato il caso dei 22 minorenni finiti sotto inchiesta per “terrorismo” grazie a post, chat e meme in cui si faceva tutto meno che teorizzare un piano eversivo. Come si è già scritto su queste colonne, “il confine tra prevenzione e repressione delle devianze culturali o ideologiche si fa sottile, anzi quasi inesistente“. Cara Lega, c’è proprio bisogno di un altro strumento di purga? Il partito che amava definirsi “anti-sistema” e “nemico del pensiero unico” oggi sembra disposto a cavalcare l’emergenza permanente: ora i pirati della strada, poi i propal, poi..? È solo l’ennesima amara conferma: una volta entrati nei palazzi del potere, i proclami di libertà cedono il passo alla tentazione di imbavagliare chi dissente.

Sergio Filacchioni

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