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La poesia batte gli algoritmi e crea bombe: Marinetti sorride all’Intelligenza Artificiale 

by La Redazione
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Roma, 24 nov – “Oddio, l’AI prenderà il nostro posto e ci ruberà il lavoro”, o ancora: ”Soffocherà l’anima dell’uomo e ci ridurrà in ingranaggi”. Così non pare, anzi. Anzi, sembra proprio il contrario e – per di più – è la stessa poesia, cuore dell’anima narrante stessa dell’Uomo da millenni, in primis nella tradizione Europea – a far crollare i paradigmi catastrofisti: è bastata una poesia formulata ad hoc e l’Intelligenza Artificiale ha fornito le istruzioni per fare un ordigno esplosivo. Avete letto letto bene: grazie ad una poesia.

Poesia contro l’Ai: una dinamica tragicamente romantica

“Noi crediamo alla possibilità di un numero incalcolabile di trasformazioni umane, e dichiariamo senza sorridere che nella carne dell’uomo dormono delle ali” – F.T. Marinetti, “L’uomo moltiplicato e il regno della macchina”, 1910

Marinetti sorride, le sue parole riecheggiano superando spazio e tempo e tornano ad essere “bombe”.  Dallo studio svolto dal gruppo di ricercatori europei sull’intelligenza artificiale Icaro Lab – DEXAI – in collaborazione con l’università la Sapienza di Roma – è emerso infatti che basta formulare il “prompt” giusto sotto forma di poesia – come fosse una formula magica per mandarne in tilt i limiti politicamente corretti e “tranquilli” – per eludere i sistemi di sicurezza dell’AI e farsi fornire le istruzioni per costruire un’esplosivo. Il “trucco” – avverte il team di ricercatori – sembra funzionare per nel 90% dei casi e nelle maggiori piattaforme intelligenti più diffuse, come OpenAI, Anthropic, Google, DeepSeek, il team Qwen di Alibaba, Meta, xAI, Mistral e Moonshot. La dinamica – con toni praticamente nietzschiani – è definita dallo stesso articolo “tragicamente romantica”, una definizione che sicuramente non sarebbe dispiaciuta né al maestro di Röcken né a Filippo Tommaso Marinetti, il quale ultimo – se posto di fronte alla foresta di algoritmi – certamente non si sarebbe allarmato sventolando il pericolo di un dominio digitale ai danni dell’uomo: “Abbiate fiducia nel progresso, che ha sempre ragione, anche quando ha torto, perché è il movimento, la vita, la lotta, la speranza” (F.T. Marinetti, “Teoria e invenzione futurista”, Mondadori, 1966).

La poesia avversaria

Adesso, per non cadere in fraintendimenti, non si esalta tanto qua l’AI come potenziale produttrice di ordigni esplosivi, quanto il fatto che di fronte alle paure del sorgere di una Skynet mondiale o all’alzata di scudi di un conservatorismo cieco e limitante, basta la formula di una poesia per mandare in tilt i sistemi di sicurezza di migliaia di algoritmi che “animano” l’Intelligenza Artificiale. Il fatto, non potrebbe apparirci altrimenti, è di per sè poetico! Tanto più se richiama in causa chi del progresso e dell’avventarsi sul futuro ne fece una mistica rivoluzionaria. In conclusione, riprendendo l’articolo che riassume la tecnica di elusione dell’AI nella sostituzione della “formulazione diretta di richieste dannose con brevi poesie o versi metaforici” , per poi definire quest’ultime poesie avversarie, non possiamo non sentirci chiamati in causa. “La poesia deve essere concepita come un violento assalto contro le forze ignote, per ridurle a prostrarsi davanti all’uomo” (Manifesto del Futurismo, 1909), dice Marinetti.

Quale uomo la dominerà?

E allora, se in questo mondo – privo di slanci e sordo ai poemi – la questione non sta tanto su “cosa farà l’AI” ma quanto “quale deve essere l’Uomo che la dominerà”, gli schieramenti sono già chiari: che ne siamo “avversari” è una certezza, ma il bello è ricordarsi, nel grigiore dominante e come ci insegna la nostra storia, che siamo anche poeti.

Lorenzo Pantellini

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