Roma, 8 ago – Con il via libera definitivo al ponte sullo Stretto di Messina e l’avvio dei cantieri previsto per settembre, l’Italia si prepara a realizzare una delle opere più ambiziose della sua storia recente. Ma nonostante il fatalismo cronico di una certa parte di opinione pubblica e la feroce campagna della sinistra contro l’infrastruttura, anche l’architetto di fama internazionale Massimiliano Fuksas ha preso una posizione nettamente favorevole.
Un ponte per riscrivere il destino di un territorio
Se non bastasse la grandezza dell’opera in sè a convincere gli scettici di professione, l’architetto Massimiliano Fuksas in un’intervista al Corriere della Sera ha spiegato perché, secondo lui, l’opera non sia soltanto realizzabile, ma anche e soprattutto necessaria per il futuro dell’Italia e della Sicilia. “Come italiani abbiamo le capacità ingegneristiche per farlo – ha affermato – “Parliamo del ponte a campata unica più lungo del mondo, un’opera straordinaria”. Ma Fuksas non si ferma all’aspetto tecnico che zittisce quella corrente tutta italiana che tende a sminuire costantemente le grandi opere con il dogma della rassegnazione, anzi vede il ponte come parte di una strategia più ampia che dovrà includere l’integrazione sociale ed economica delle aree interessate. Per l’architetto, il vero rischio non è tanto la fattibilità ingegneristica, quanto il contesto. La “messa a terra” del ponte, in Calabria e in Sicilia, richiederà interventi urbanistici e infrastrutturali seri, non la semplice apertura di qualche centro commerciale. “Il ponte deve diventare parte integrante della città che lo accoglie – ha spiegato –. Altrimenti resta un’opera incompleta”.
Costruire! Nonostante tutto
Nel mondo esistono opere complesse quanto – o più – del ponte sullo Stretto. Fuksas cita i ponti di Istanbul, costruiti da un’impresa italiana, che collegano le due sponde del Bosforo, e il viadotto tra Svezia e Danimarca. “L’Italia non può rinunciare per paura o per pregiudizio – ha detto – un’opera di qualità può cambiare il destino di un territorio”. Ma oltre alla funzione pratica, per Fuksas il ponte avrebbe anche un valore simbolico in un momento storico segnato da crisi e divisioni. “I ponti sono legami – ha ricordato – una società che moltiplica i collegamenti riduce le occasioni di conflitto”. In altre parole, il ponte non sarebbe solo cemento e acciaio, ma un messaggio di unità nazionale e di apertura verso l’Europa. L’intuizione di Fuksas, nonostante una retorica che potrebbe ricordare quella dei “ponti” per i migranti, non è affatto banale: coglie nel segno quel che rappresenta per l’Italia lo sforzo sovrumano di costruire, anche e soprattutto contro i nostri difetti cronici, spesso cavalcati e ingigantiti dalle sigle politiche che hanno i monopoli del “No”.
Il ponte come passaggio epocale
Infatti, nella storia italiana, le grandi opere hanno spesso coinciso con passaggi cruciali della vita nazionale: dalla bonifica integrale lanciata durante il Ventennio, che trasformò intere regioni rendendole abitabili, all’Autostrada del Sole, che negli anni del boom economico cucì insieme il Paese e ne accompagnò la modernizzazione. Sono opere – ma soprattutto luoghi – che prima non esistevano, ma che oggi risultano parte integrante del nostro territorio in maniera indissolubile. Sono stati sforzi “epocali” che hanno dato nome ed energia a stagioni di rinnovamento. Il ponte sullo Stretto, senza troppi giri di parole, potrebbe assumere lo stesso valore simbolico-narrativo: non solo un’infrastruttura strategica, ma il segno tangibile di un’Italia che entra nel nuovo secolo con la volontà di agire, costruire e guardare oltre. Un’opera capace di fissare nella pietra – e nell’acciaio – l’inizio di una nuova primavera.
Sergio Filacchioni