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Salis verso la revoca dell’immunità UE: “Mi rispediscono nel pozzo…”

by La Redazione
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Salis

Roma, 5 giu – Il destino di Ilaria Salis potrebbe decidersi il prossimo 24 giugno, quando la Commissione Affari Giuridici del Parlamento europeo (JURI) voterà sulla revoca dell’immunità parlamentare dell’eurodeputata di Alleanza Verdi e Sinistra (AVS), richiesta dalla procura ungherese. Una decisione che, se confermata, spalancherebbe per la Salis le porte del ritorno a Budapest per affrontare un processo che lei stessa autodefinisce “una persecuzione politica”.

Conto alla rovescia per la Salis

Il relatore del caso, lo spagnolo Adrian Vazquez Lazara (PPE), ha già anticipato la sua intenzione di presentare una relazione favorevole alla revoca, nonostante l’opposizione delle forze di sinistra e liberali che giudicano insufficienti le spiegazioni fornite dalle autorità ungheresi. Ma il vento in Europa sta cambiando, e anche nel Parlamento di Strasburgo si percepisce un crescente fastidio verso i casi strumentalizzati per fini politici. Ilaria Salis, dal canto suo, lancia l’ennesimo appello melodrammatico: “Se mi revocano l’immunità, rischio di tornare in quel maledetto pozzo dove sono stata rinchiusa ingiustamente”. Poi aggiunge: “Orbán non cerca giustizia, ma vendetta”. Parole forti, ma che ormai sembrano rimbalzare nel vuoto.

Nemmeno la sinistra ungherese la difende

E il paradosso è che nemmeno la sinistra ungherese, quella che pure dovrebbe essere il suo naturale punto di riferimento, si è spesa in sua difesa. Anzi, il mondo progressista magiaro è stato finora freddo, se non addirittura ostile, nei confronti della Salis. Evidentemente, anche lì qualcuno ha compreso che la sua figura è più utile per accendere i riflettori mediatici che per portare avanti battaglie credibili. Il silenzio imbarazzato della sinistra locale, in un paese dove l’opposizione cerca disperatamente di riguadagnare legittimità, è indicativo: nessuno vuole associarsi a chi viene percepita come una militante estremista con un passato segnato da episodi di violenza politica, e non certo come una perseguitata innocente.

Il caso Salis: tra vittimismo e ideologia

In definitiva, il caso Salis rappresenta l’ennesima manifestazione di un vizio profondo della sinistra radicale: l’idea che l’impegno “antifascista” sia una patente d’impunità, una scorciatoia morale per sottrarsi al confronto con la legge e con la realtà. Ma la credibilità delle istituzioni europee e il principio di uguaglianza davanti alla giustizia non possono piegarsi all’ideologia o alla pressione mediatica. Se davvero l’Europa vuole difendere lo Stato di diritto, deve cominciare col non trasformare ogni militante di sinistra in un martire, e ogni procedimento giudiziario in un atto di repressione politica. Altrimenti, più che una democrazia, diventerà una parodia ideologica di sé stessa.

Vincenzo Monti

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