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2 giugno: l’imbarazzo della scelta (degli altri) per festeggiare

by Tony Fabrizio
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Roma, 31 mag – Dai, su, festeggiamolo questo 2 giugno! In ogni modo possibile e immaginabile, inclusivo e pluralista. Dopo il 25 aprile e il 1° maggio, è la terza data che tutti aspettano per la prima fuga di stagione, per il ponte al lavoro, per imbiancare casa, per fare nulla. È un male necessario.

Un facile equivoco…

Questo articolo può essere scritto ancora un sacco di volte. Tante volte, almeno quanti erano i sacchi contenenti le schede già votate prima dell’inizio del referendum e parcheggiate nei sotterranei del palazzo del Ministero dell’Interno, pronte a essere usate “in caso di difficoltà”. Le stesse schede commissionate già “ingannevoli” per il livello di istruzione di allora e che ritraevano l’Italia come una donna con corona turrita in testa rappresentante la repubblica e una donna con scudo e croce per la monarchia, facilmente equivocabili. Volutamente facilmente equivocabili.

Per non “equivocare” le schede già votate, si pensò bene di bruciare quelle che, appunto, ritraevano la preferenza espressa. Prima ancora di sapere se fossero stati presentati ricorsi. Si ricorse, però, allo spoglio (parziale) in mezzo al mare, forse per non confondere le schede votate dalle non votate, con quelle bianche che non furono mai conteggiate. Anche se il regolamento per le votazioni diceva “la maggioranza dei votanti” a significare che si sarebbe dovuto conteggiare ogni scheda perché avrebbe vinto uno dei due sistemi che avesse ottenuto un voto in più rispetto alla somma delle schede nulle, bianche e di quelle votate a favore dell’altro sistema.

2 giugno: una nascita pericolosamente prematura

Il 2 giugno va festeggiato subito perché subito nacque la Repubblica! Prima ancora che tutti i seggi fossero scrutinati. Prima ancora che finisse lo spoglio. O che la Corte di cassazione accertasse che il conteggio fosse ultimato, infatti, il Governo in carica, al posto della Cassazione, proclamò la vittoria della repubblica e la nascita della Repubblica italiana! D’urgenza. Come una nascita prematura pericolosa e da preservare. Talmente prematura e d’urgenza che la Repubblica nacque nel giorno in cui si votò il referendum e non nel giorno della proclamazione del risultato! Per convenzione.


Il 2 giugno va festeggiato anche perché ricorre l’anniversario del primo suffragio universale. Così primo e universale che già tale Benito Mussolini, a piazza Sansepolcro, in quel 23 marzo del 1919 chiedeva “il suffragio universale per uomini e donne” fino a ribadirlo nella Repubblica Sociale. Ossia là dove la Camera del lavoro era eletta a suffragio universale da chi aveva compiuto i 18 anni. Anche se già nel 1925 nell’Italia fascista potevano votare alle elezioni amministrative le donne che avessero compiuto gli studi elementari inferiori.

La festa di tutti?

Il 2 giugno va festeggiato perché è la festa di tutti. Ma proprio tutti. È la festa da dedicare “ai migranti che si trovano nel nostro territorio, ai rom e ai sinti” che hanno gli stessi nostri diritti. È una festa così esasperatamente inclusiva e pluralista che si dedica persino a chi non c’era. A chi non è italiano, a chi non ha fatto l’Italia e che finisce per sostituire gli italiani tutti. Persino quegli italiani che non furono proprio inclusi nella consultazione elettorale. Gli italiani giuliani, fiumani e zaratini che, in attesa che fosse ristabilito il nuovo confine secondo il Trattato di pace, erano ancora italiani. Ma non votarono! Alla faccia dell’inclusione e del suffragio universale e in ottemperanza a quella fretta del parto prematuro della repubblica che fece già straniere le popolazioni autoctone del confine orientale!

Il 2 giugno va festeggiato in maniera informale. Perché mai far sfilare i reparti militari in uniforme, alta e no, tirare a lucido i galloni dei Generalissimi e includere finanche i Sindaci corredati di fascia tricolore d’ordinanza, laddove non è rifiutata, quando la terza carica dello stato se ne stava comodamente con le mani in tasca durante l’Inno nazionale, fino a poco tempo fa “provvisorio” e non regolamentato? E non è certo perché ci sono sinti e rom: quelli “lavorano” anche durante le feste, ma perché la mano, la sinistra, l’ha tolta dalla tasca per salutare col pugno chiuso!

È il sapore fiko del 2 giugno “peace&love”. Della Trenta ministro che taglia fondi alla “sua” Difesa e dalla BoldrinA che plaude solo a chi presta il servizio civile, che cerca di eliminare pure la Pattuglia Acrobatica Nazionale. Perché inquina e consuma troppo, dopo aver tolto i fucili dalle mani dei militari.

Il vuoto pneumatico del 2 giugno

Il 2 giugno va festeggiato perché è la rappresentazione del vuoto pneumatico che la politica voleva fare di un esemplare servitore dello Stato dimenticato e abbandonato prima, trattato come assassino durante, su parola altrui e poi, solo poi, tirato per la giacchetta affinché fosse esposto su Via dei Fori Imperiali come una qualunque bandiera pacifinta.

Festeggiamolo questo 2 giugno “medievale”. Età di mezzo tra il 23 maggio e il 19 luglio, quando ancora l’Italia non aveva deciso se piangere Giovanni Falcone o lasciare (morire) da solo Paolo Borsellino. E per onorare al massimo la festa del 2 giugno cosa c’è di meglio di una bella crociera? Magari a bordo di un panfilo d’élite, con la crème de la crème della finanza internazionale arricchita di (o, meglio, da) (finti)filantropi ribattezzati eufemisticamente tali. In missione per conto e sconto dell’Italia su un barcone regale per regalare agli altri l’Italia, fregiandosi del titolo di “vile affarista” per un signor nessuno qualunque, assiso, infine, a liquidatore di stato.

Al grido sordo di privatizzazione degli asset territoriali strategici, la Repubblica venne declassata a re-pubica. Accogliendo il golpe del ’92 con Mani Pulite. E dando un calcio in culo al (fu) tanto amato IRI, non provando alcun un rigurgito patrio nemmeno per Sigonella. Ultimo atto, non solo cronologico.

Una Nazione divisa

Festeggiamolo questo 2 giugno che finì per dividere ulteriormente gli italiani che già non erano uniti. Peggio di fascisti e partigiani, di antifascisti e repubblichini, di Eroi e “forchettoni” i nuovi guelfi e ghibellini. Se nel nord dell’Italia, esclusi i territori delle province (non c’erano ancora le Regioni) di Trieste, della Venezia-Giulia, di tutte le province della Dalmazia – Pola e Zara su tutte – e la maggioranza degli abitanti della provincia di Bolzano, oltre ai tanti fascisti ancora detenuti nei campi di prigionia, stravinse la forma repubblicana, dall’Urbe in giù, invece, con le dovute eccezioni, oltre sempre ai tanti fascisti ancora detenuti nei campi di prigionia, ebbe la meglio la Monarchia.

Perché questa divisione? Seppur la questione non sia stata approfondita, è sentimento comune dedurre che al nord preferirono la repubblica perché reduci dall’esperienza di Salò e dei suoi 600 giorni. Oltre che all’intesa con Togliatti per un’amnistia generale per tutti i fascisti e a una decisa protesta nei confronti dell’atteggiamento vile di Casa Savoia. Al sud, invece, videro nella monarchia l’ultimo retaggio ideologico dell’organizzazione fascista. I fascisti, dunque, con molta probabilità decisero anche la scelta della nuova forma di governo di quella nascente Italia. Con buona pace della repubblica antifascista nata dalla resistenza, dell’antifascista Costituzione e di tutti quelli che ancora ci credono. Buon 2 giugno soprattutto a loro!

Tony Fabrizio

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