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Alaska 2025: cronaca di un matrimonio non consumato

by Tony Fabrizio
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Roma, 17 ago – A tavola non si invecchia mai, ma se il pranzo non si consuma, allora vuol dire che i commensali sono vecchi e passati per davvero. È vero, si ritorna sempre dove si è stati bene, ma la vecchia Yalta evidentemente ha cambiato gestione o è vecchia e passata anch’essa. Allora meglio puntare su altro, sull’effetto scenografico magari che in nome dell’apparenza può sopperire alla sostanza e che in Alaska alacremente si è preparata.

L’incontro in Alaska tra Putin e Trump

Così, come ogni matrimonio che si rispetti, si è puntato sulla forma, sull’aspetto che è il biglietto da visita, a partire dallo sfoggio dei mezzi: aereo presidenziale con i colori della federazione russa e la scritta rigorosamente in cirillico per Vladimir Putin, Air Force One presidenziale per Donald Trump. Arrivano insieme sulla pista dell’aeroporto americano-fu-russo della base di Anchorage, ma è l’americano il primo ad aprire la porta per andare a consumare questo incontro tanto atteso e che non vuole attendere oltre. Bramoso di incontenibile desiderio o in preda alla paura da polluzione involontaria e incontrollata.
Tappeto rosso, anzi red carpet per entrambi, sorriso sornione dei due che si sono distinti per tanto essersi amati e che ora non sono più finalmente distanti.

È Trump che attende Putin che si guadagna attesa e applauso di mr. President che, tramite la Casa Bianca, provvederà poi a fare cancellare dagli annali proprio l’applauso tributato, nonostante tutti lo abbiano visto in mondovisione. Tanto poi, come ogni storia, ognuno la racconterà a modo proprio. Struscio trionfale verso il palchetto al posto dell’altare allestito e parte del grande copione già scritto in stile hollywoodiano con scritta a caratteri cubitali, stavolta latini ALASKA 2025 a sottolineare l’evento. Foto di rito con cui omaggiare i commensali assenti che, a questo punto, ha tutto il sapore della pagellina per defunti.

Poi via, entrambi verso la location in auto insieme. Come due vecchi-nuovi concubini con il primo fuori programma: Vladimiro che sale sulla Limousine presidenziale di Donald ed entrambi si avviano verso la location scelta. Fuori programma che in gergo russo sta per improvvisata, participio passato del verbo “non fidarsi”.

Un matrimonio non consumato

Segue il bilaterale, il faccia a faccia nell’intimità della coppia garantita eppure indiscreta solo dai fedeli interpreti. Sul tavolo una portata unica: l’Europa. Appetibile da entrambi, entrambi che provano a fagocitarla facendo finta di gustarsela. Entrambi vogliono prenderne più p(r)ezzi possibili. Entrambe vogliono abbuffarsene. Magari sperando che sotto al tavolo dei ricchi Epuloni ci sia qualcuno pronto a ringraziare per le briciole. Ma Putin non mangia, non si fida. Al Cremlino hanno un certo vizietto di scherzare con il cibo. Il nonno di Putin di lavoro faceva il cuoco in una dacia per Lenin e per Stalin e, poiché i bambini imparano ciò che vivono, Putin ha imparato a non mangiare, se non al Cremlino. Alla storia e alla cronaca consegneranno come “fuori programma”, un altro, il pranzo non consumato su cui si attende il monito di Papa Leone XVI in forza il significato dell’invito a casa e del non sedersi a tavola.

Eppure ci hanno provato per tre lunghe ore a mangiare, a tentare di spartirsi la porzione di cibo, il succulento manicaretto sul tavolo, a imboccarsi amorevol-mente, ma alla fine non se n’è fatto nulla. Ansia da prestazione a stelle e strisce? Occhi troppo puntati della Cina in veste di amante sull’inquilino del Cremlino? La Nato che fa da compare non gradito per Mosca? Fatto sta che questo in Alaska resta un matrimonio non consumato. Una sceneggiata che ha tanto il sapore di voler mettere ordine nei documenti testamentari. Poi saluteranno parenti e amici un’altra volta a cui faranno credere anche di aver consumato l’amplesso. Magari a Mosca. Magari facendo recitare a Trump la parte dello spaccone yankee “Se ci fossi stato io prima…” che suona un po’ come un nostalgico “tiempe belle ‘e ‘na vota” di un passato latin lover.

E l’Europa?

Seguono ringraziamenti e rassicurazioni di rito per tutti: litighiamo come tutti, litighiamo come in tutte le famiglie, ma mamma e papà si vogliono bene. Anche se la mamma ha un’amante dagli occhi a mandorla, ma papà è pronto a perdonarla avendola già portata via dal postaccio in cui si era impantanata dal 24 febbraio di tre anni fa, pure se lui ha bisogno della pillola blu che però, si trova nel negozio di uno che non è amico degli amici.

E l’Europa? L’Europa è la ciliegina sulla torta. L’Europa è la bomboniera. E verrà alla fine del pranzo che è oggi è ancora lontano, che si consumerà la prossima volta, magari a casa della grande mamma Russia e che Putin non consuma lontano dal Cremlino.

Il senso della pagliacciata dal titolo Ferragosto in Alaska dove averlo capito paradossalmente il tovarish Lavrov che è arrivato prima di tutto in territorio americano facendo sfoggio della maglietta con richiamo all’Urss, visto come finì nel 1991 il vertice smussa angolo di TrumPutin non può che essere una buona notizia per l’Europa.

Tony Fabrizio

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