Roma, 29 ago – Bombardato l’ospedale Nasser di Gaza. Già di per sé bombardare un ospedale dovrebbe essere un ossimoro, qualcosa che stride con coraggio e la lealtà. Il Nasser Hospital non è un nosocomio qualunque, uno dei tanti in cui si opera con penuria di strumenti e con mezzi di fortuna. Il Nasser fu il primo obiettivo colpito il 7 ottobre 2023, quello dove “si aprirono le porte dell’inferno” come ebbe a dire il ministro degli esteri Israel Katz. Il Nasser Hospital è divenuto una sorta di occhio sulla guerra, dove alla fine di ogni giornata puoi recarti per ritirare la velina e fare il punto sugli attacchi che Israele ha condotto nella striscia. Morti, feriti, gambizzati, uomini, donne, bambini li trovi tutti lì. In attesa di essere curati o seppelliti.
L’attacco israeliano all’ospedale Nasser
Stavolta si è trattato di un incidente perché Israele voleva solo colpire una telecamera piazzata sul tetto che secondo Israele stessa serviva ad Hamas per spiare l’esercito israeliano. Che è dovunque. Persino in un campo di olivi che prima era tuo e che oggi loro hanno occupato per installarci una nuova base controllare che non ci siano basi di Hamas. Hamas ha una base in quell’ospedale e allora si colpisce l’intero ospedale. Ammazzi l’intero gruppo di giornalisti perché, forse, secondo Israele, uno dei giornalisti di Al Jazeera era un infiltrato di Hamas. Spari sulla folla, principalmente composta da donne e bambini, in attesa di ricevere aiuti alimentari con pentole e vuote e cucchiai in mano e la speranza di riempirli, perché questa si era avvicinata troppo a una zona vietata. Zona vietata da adesso e che magari prima era dei palestinesi dove poteva nascondersi una cellula di Hamas. Hamas così diventa la scusa per tutto, per qualsiasi cosa. Come ammazzare sessantamila persone, di cui diciottomila minori, perché tra loro può esserci Hamas. Hamas è anche la scusa buona per non chiamare genocidio il genocidio che si sta conducendo nella Striscia, ma se poi Israele colpisce anche i civili si tratta di un errore. Come quello dell’ospedale Nasser.
Altro che incidente
“Israele si rammarica profondamente per il tragico incidente avvenuto oggi all’ospedale Nasser di Gaza – dichiara Netanyahu al Times of Israel- Israele apprezza il lavoro dei giornalisti, del personale medico e di tutti i civili. Le autorità militari stanno conducendo un’indagine approfondita. La nostra guerra è contro i terroristi di Hamas. I nostri obiettivi legittimi sono sconfiggere Hamas e riportare a casa i nostri ostaggi”. Se, allora, per i soldati di Israele il genocidio si chiama “incidente”, l’incidente al Nasser in gergo militare si chiama “doppio tocco”, ovvero una tattica militare che consiste nel colpire due volte lo stesso obiettivo in breve tempo con il fine di ammazzare più persone possibili. Al Nasser, dopo il primo attacco, oltre ai soccorritori e ai lenzuoli bianchi pronti per la tumulazione dei morti, alle maestranze di ogni genere che tentavano di rimettere in piedi l’ospedale, erano accorsi anche i reporter al fine di documentare l’accaduto. Sono morti. In modo che nessuno possa raccontare quanto sono stati capaci di fare. In modo che il mondo non abbia occhi per vedere quanto accade nel vicino oriente.
Con la scusa di Hamas
Tanto tutto sarà catalogato come incidente, come Israele impone e nessun effetto sortirà nel resto del mondo. L’Idf ha fatto sapere che aprirà un’indagine che sicuramente non porterà a nulla di fatto. Trump si è indignato, ma è finita là. Le reazioni della diplomazia non vanno oltre le frasi di circostanza. Tutti continueranno a vendere armi a Israele, a supportare Netanyahu e nessuno assumerà una posizione netta nei confronti degli orrori di cui Bibi e i suoi si stanno rendendo protagonisti nella Striscia. A loro tutto è concesso. Finanche trovare una scusa nuova ogni volta che decine, se non centinaia di innocenti muoiono. Tanto la pezza di chiama Hamas pure se è peggiore del buco da tappare. Intanto la guerra prosegue, ogni comunità internazionale foraggia Israele con armi e finanziamenti di ogni genere, nessuno pensa di schierarsi contro questo sterminato sterminio che all’evidenza dei fatti si chiama incidente. Oltre ogni altro incidente. Ma non provate a chiamarlo genocidio. Ci si indigna per il termine. Per l’utilizzo di esso. Anch’esso monopolizzato. Anch’esso attribuibile solo a uso e consumo di Israele. E si badi bene che su questo non ci siano incidenti.
Tony Fabrizio