Nelle aule universitarie di mezza Europa risuona ancora l’eco di pugni e calci che hanno scritto la storia. Non è retorica, ma la cronaca di una generazione che ha scelto di non scegliere: studio e sport, libri e tatami, futuro professionale e presente agonistico. Le Universiadi 2025 appena concluse in Germania hanno certificato una verità che la Federazione Italiana Taekwondo coltiva da anni con ostinata lungimiranza.
Tra il 17 e il 23 luglio, nella regione del Rhine-Ruhr, migliaia di studenti-atleti hanno trasformato le FISU World University Games in un laboratorio di eccellenza umana. Non semplici competizioni, ma il punto d’incontro tra due mondi che troppo spesso sembrano inconciliabili.
La Federazione Sportiva Nazionale che coordina oltre 550 società e 34.000 tesserati, ha costruito negli anni un modello che oggi fa scuola: formare atleti che domani saranno medici, ingegneri, professionisti. Perché il vero successo si misura sulla distanza.
La FITA e la nuova generazione: quando l’università incontra il tatami
Angelo Cito, presidente della FITA, ha intuito anni fa che il futuro della disciplina passava attraverso un cambio di paradigma: non più atleti costretti a scegliere tra sport e studio, ma professionisti capaci di eccellere su entrambi i fronti.
Il progetto degli studenti-atleti rappresenta l’evoluzione naturale di una federazione moderna, che guarda oltre le medaglie immediate per costruire un movimento sostenibile nel tempo. Ogni universitario che sale sul tatami porta con sé un bagaglio culturale che arricchisce la disciplina, trasformando il taekwondo da semplice arte marziale a palestra di vita.
La strategia federale ha prodotto frutti concreti: dalle aule di Medicina alle facoltà di Ingegneria, cresce una generazione di atleti-pensatori che non considera lo sport un ostacolo alla carriera, ma un acceleratore di competenze.
Elisa Bertagnin: un bronzo che vale una laurea
Il percorso di Elisa Bertagnin verso il bronzo delle Universiadi somiglia a un teorema di ingegneria: ogni variabile calcolata, ogni mossa pianificata con la precisione che solo chi studia può possedere. Studentessa di Ingegneria Civile presso l’Università Telematica “Pegaso” di Foggia, l’azzurra ha trasformato i tatami tedeschi in un’aula a cielo aperto dove dimostrare che competenza tecnica e preparazione accademica si alimentano reciprocamente.
La categoria -46 kg femminile ha visto Elisa dominare le prime fasi con autorità scientifica: vittoria agli ottavi contro l’americana Della (2-0) e successo ai quarti contro la temibile giapponese Okamoto (2-1), medaglia di bronzo ai Mondiali di Baku 2023. Un risultato che testimonia la maturità di un’atleta cresciuta nel rispetto dei tempi di studio e di allenamento.
“Sono molto felice per questa esperienza e per la medaglia di bronzo conquistata”, confessa con la lucidità di chi sa analizzare ogni dettaglio. “Soprattutto grata per l’opportunità di confrontarmi con alcune tra le migliori atlete del mondo, in gran parte orientali.”
La semifinale contro la finalista di Cina Taipei Huang ha segnato il limite di una progressione comunque straordinaria. “Non sono riuscita a cogliere sempre il momento giusto per affondare il colpo, ma il terzo posto resta un traguardo importante che mi dà la carica per continuare a migliorare.”
Giada Al Halwani: il futuro medico che combatte ad alto livello
Se dovessero scrivere un manuale su come conciliare l’impossibile, Giada Al Halwani meriterebbe un capitolo a parte. Studentessa in Medicina all’Università “La Sapienza” di Roma, atleta senior della Nazionale italiana, porta avanti una doppia vita che sfida ogni logica di gestione del tempo. Eppure, sui tatami delle Universiadi, quella che potrebbe sembrare una dispersione di energie si è rivelata una moltiplicazione di competenze.
I quarti di finale nella categoria -57 kg, raggiunti dopo aver superato due turni con la determinazione di chi sa che ogni calcio può valere quanto una diagnosi precisa, raccontano di un’atleta maturata nell’arte di non accontentarsi mai. La sconfitta di misura contro la polacca Lisowska (1-2) brucia ancora, ma ha il sapore amaro di chi sa di aver dato tutto senza rimpianti.
“Aver preso parte alle Universiadi in rappresentanza dell’Italia per me è stato un orgoglio enorme”, confessa con quella lucidità che caratterizza chi studia la vita umana nei dettagli. “È come portare entrambe le parti di me sullo stesso campo: quella sportiva e quella accademica. È il modo più bello per dimostrare che l’una può rafforzare l’altra.”
La sua giornata tipo sfiderebbe la resistenza di un maratoneta: lezioni al mattino, tirocinio in ospedale, allenamenti serali. “La sfida più grande è mantenere la qualità in tutto: studio e allenamenti richiedono energie diverse, ma ugualmente intense. La parola chiave è organizzazione.”
Il taekwondo diventa medicina applicata: “Mi ha insegnato a gestire la pressione, a essere lucida nei momenti difficili. Tutto questo mi aiuta anche nello studio, soprattutto quando devo affrontare esami o situazioni impegnative.” Una lezione di vita che vale più di qualsiasi medaglia.
Il laboratorio del futuro: formare campioni e professionisti
Il modello che emerge dalle Universiadi tedesche non è casualità, ma architettura di una visione che la FITA ha costruito mattone dopo mattone negli ultimi anni. Ogni studente-atleta che sale sul podio porta con sé il DNA di una federazione che ha scommesso sulla formazione integrale, rifiutando la logica del “o tutto o niente” che per decenni ha costretto i giovani a scelte laceranti.
Il bronzo di Elisa Bertagnin e la prova di carattere di Giada Al Halwani rappresentano solo la punta dell’iceberg di un movimento che cresce nelle università italiane con la forza di chi sa che il futuro si costruisce su fondamenta solide. .
La nuova generazione del taekwondo italiano studia di notte per allenarsi di giorno, trasforma ogni esame in una gara e ogni gara in una lezione di vita. Sono giovani che hanno capito che la disciplina mentale richiesta dal tatami è la stessa che serve per eccellere in aula, che la gestione della pressione di un combattimento prepara meglio di qualsiasi corso alla gestione dello stress lavorativo.
Il laboratorio del Rhine-Ruhr ha dimostrato che questa intuizione federale funziona. Il futuro del taekwondo italiano si misura in crediti universitari tanto quanto in medaglie conquistate, perché i veri campioni sono quelli che sanno vincere anche dopo aver appeso i guantoni al chiodo.